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Non erano ancora usciti i dati sulla disoccupazione che dal suo blog di elconfidencial.com, l'economista Roberto Centeno avvertiva già della trappola: il metodo di conteggio dei disoccupati introdotto da Mariano Rajoy fa sì che "se si perde un posto di lavoro di 40 ore e si creano due di 10 ore, si considera che si è creato un nuovo posto di lavoro e che la situazione è migliorata, quando la realtà è esattamente l'opposto. Si sono generati 402.400 posti di lavoro usando questa trappola; e, per di più, i posti si riducono a 61mila, se le cifre vengono destagionalizzate e si correggono le bugie sulla popolazione attiva". Il quadro che dipinge Centeno è un po' più fosco di quello del governo: "Il numero di ore totali di lavoro è caduto di 3,8 milioni, cosa che, insieme alla precarietà e ai salari da miseria, sta portando la Spagna verso il Terzo Mondo, verso una società duale: un'elite sempre più ricca, una burocrazia gigantesca di raccomandati dipendenti del regime e la maggior parte della popolazione impoverita e indebitata".
Ci sono 2,5 milioni di persone che non hanno alcuna speranza di tornare al mercato del lavoro, denuncia Centeno. "Sono i paria di questo regime oligarchico, che spreca decine di migliaia di milioni nel salvare inetti e corrotti e taglia le borse di studio e le mense, condannando alla fame e alla denutrizione centinaia di migliaia di bambini, porta alla povertà il 30% dei bambini e getta letteralmente per la strada 2,5 milioni di persone, senza alcuna speranza”. E la situazione dei nuovi occupati è più precaria che mai: “Molte volte i salari sono intorno ai 500 euro e un laureato su tre (all'interno del 50% che ha la fortuna di non essere disoccupato) esercita un lavoro per il quale non è necessario alcun titolo. L'impressione è che la deriva del mercato del lavoro in Africa, inizi dai Pirenei".
Rajoy non ha fatto alcuna delle riforme che avrebbero potuto produrre risparmi alla spesa pubblica e che avrebbero potuto cambiare il Paese: non ha ridotto il numero dei Comuni, non ha chiuso la metà delle imprese pubbliche, non ha abolito province né riunito regioni (la Francia, che ha appena accorpato province, anche storiche, è l'esempio che porta Centeno). "Quanti impieghi si sarebbero creati, se invece di salvare nella totalità un sistema bancario incompetente e corrotto, cosa che non è successa in alcun altro Paese del pianeta, si fosse analizzato quali entità potevano essere salvate e quali no e si fossero concentrati tutti gli sforzi sulle prime e chiuso il resto? Perché bisognava restituire tutto il denaro alle casse tedesche, francesi e olandesi, che così irresponsabilmente avevano prestato a casse di risparmio gestite da politici inetti, senza analizzare minimamente i rischi? Neanche questo è successo in altri Paesi".
Non ci può essere alcun trionfalismo davanti ai dati della disoccupazione, perché il secondo trimestre è tradizionalmente il migliore e perché le cifre sono manipolate dai cambiamenti di metodo della misurazione. Secondo Centeno, il settore privato ha creato circa 60mila posti di lavoro, molti di meno dei 402.400 pubblicamente annunciati. E le ore di lavoro sono crollate. Nel suo durissimo articolo, l'economista spagnolo sottolinea un argomento che vale per la Spagna e per buona parte dell'Europa meridionale, a testimoniare la continua perdita d'acquisto della classe media, negli ultimi trent'anni: fino alla fine degli anni 70 le famiglie erano monoreddito e il solo reddito del capo famiglia era sufficiente per garantire la dignità della casa, buoni studi per i figli, che avrebbero poi trovato lavoro migliore di quello dei genitori. Oggi nessuna famiglia può mantenersi dignitosamente con un solo salario, i figli studiano, ma il crollo della qualità della scuola e la crisi economica fanno sì che la metà di loro non trovi lavoro e sia destinata a vivere, per la prima volta in secoli, peggio dei propri genitori.
La Spagna di Rajoy è oggi in testa in qualunque classifica europea per disuguaglianze tra ricchi e poveri, per precarietà, per povertà infantile, per fallimento scolastico, per persone disoccupate senza alcun sostegno economico. Le esportazioni cadono e le importazioni aumentano, il finanziamento al settore privato è sceso del 5,5% a maggio, il reddito a disposizione delle famiglie continua a ridursi anche a causa delle tasse. I numeri che propone Centeno sono disastrosi e apocalittici, tanto che lo spingono ad affermate che "la Spagna non sta andando verso l'uscita dalla crisi, ma verso un default in mezzo a una situazione deflazionista". Un'altra immagine della Spagna, che i media ufficiali tendono a non raccontare e che è più facile incontrare negli stati d'animo dei cittadini spagnoli.
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