Avevamo caldeggiato l’uscita del disco del collettivo trentino già nel precedente 7″ uscito per Koolhas tra i Dead Neanderthals e appunto i Kuru, ma soltanto in versione duo.
Stavolta con gli Electric Kuru cosa cambia? Sax e batteria rimangono, ma coadiuvati da basso e chitarra (spremuti a dovere con l’effettistica del caso), oltre che dal fiato aborigeno didgeridoo. Più che di una suite, dovendo individuare dei riferimenti – spero – pertinenti relativi alla diegesi di un moto musicale così “ecumenico” (cominciato ben prima della scuola eterna La Monte-iana), potremmo parlare di un journey into the thunderbolt pagoda a firma Electric Kuru. Certe volte le coincidenze sembrano puro caso, eppure assistendo all quantità di ripescaggi operati da etichette come Black Sweat (Futuro Antico, quindi) o Die Schachtel (Lino Capra Vaccina, Prima Materia), stavolta qua tutto sembra una risonanza, opportunamente distorta, di quei trascorsi tra viaggi fisici e sedute spiritiche. Intendiamoci, comunque: qua c’è una carnalità più tipica di gruppi come Master Musicians Of Bukkake o Mount Fuji Doomjazz Corporation. Allo stesso tempo, però, i venti minuti di quest’uscita Strom Records sbarrano le porte a qualsiasi travestitismo – musicale si intende – “arabesque” à la Piramide Di Sangue. Gli Electric Kuru ci tengono a disseminare di indizi le loro escursioni (il confine tra trance vagabonda e coma meditabondo è sottilissimo), centellinando con attenzione nella loro ayahuasca lisergie Acid Mothers Temple e primitivismo Taj-Mahal Travellers.
Cadenze pachidermiche, sermoneggiare tribali e voli di sax (nemmeno tanto “brotz”) imbizzarrito; più che ritiro ascetico questa è pura vita da esuli, quindi, almeno stavolta, non chiamatela soltanto psichedelia occulta.
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