di Francesco Scolamiero. Grande trambusto si è scatenato nella rete per le decisioni di Bersani e di Vendola, riguardo l’abbandono dell’alleanza con Di Pietro, immortalata dalla famosa "foto di Vasto". Quello che però ha scaldato più gli animi è la contemporanea dichiarazione di una possibile alleanza con Casini. La matematica non è un’opinione e i numeri hanno la loro importanza oltre che in economia anche in politica. Negli ultimi anni abbiamo assistito a numerosi cambi di nome nei partiti tradizionali, a fusioni e scissioni, alla nascita di nuovi movimenti ma l’unica vera novità nel post tangentopoli è semplicemente una chiara definizione delle due aree principali in cui si suddivide l’elettorato italiano, centro destra e centro sinistra. Ma tali aree, per certi versi, esistevano già prima, solo l’ostinazione del PCI a non effettuare una svolta socialdemocratica, più in linea con i grandi partiti socialdemocratici degli altri Paesi europei, ha ritardato l’emergere di questa suddivisione. Dalle politiche del 1987 (ante caduta del muro di Berlino), del 1992 (ante Tangentopoli), del 1994 (post Tangentopoli e discesa in campo di Berlusconi) fino alle elezioni europee del 2009 (con l’avvento del PDL e del PD), tanti nomi nuovi, ma sostanzialmente l’elettorato è rimasto stabile! Per semplificare molto abbiamo circa un 40% di centro destra e un altrettanto 40% di centro sinistra, un centro intorno al 10% e un altro 10% diviso fra gli estremi, di destra e sinistra, e i movimenti locali. Ciò significa che il cittadino italiano ha le idee ben chiare e sceglie il partito o il movimento che più gli si avvicina. Non è stato il cittadino a seguire Berlusconi, ma è stato quest’ultimo che è andato ad occupare quell’area di centro destra rimasta orfana della DC, del Partito Liberale e di una parte del Partito Socialista. Ecco il perché delle scelte di Bersani e Vendola. Loro sanno benissimo che stando nel centrosinistra, tutti insieme o divisi poco importa: sempre e solo al 40% possono arrivare, anche compreso o escluso lo stesso Di Pietro gli serve sempre un pezzo del centro, da qui l’avvicinamento a Casini. E lo stesso Casini, dopo il flop del terzo polo con Rutelli e Fini, ha capito che il centro in cui si muove non varrà mai più del 10% e quindi deve per forza scegliere. Nel centro destra il PDL aveva provato con la mossa Alfano per riavvicinarsi a Casini, ma non c’è riuscito e quindi Berlusconi ha cambiato strategia ed è passato a giocare di rimessa pensando che perso per perso solo con lui, più che con Alfano, potrà raggiungere i livelli di Forza Italia. La stessa Lega che urla tanto al momento decisivo sarà anche lei allineata e coperta nel centro destra. L’unica novità vera è il movimento di Grillo, paragonata da me per certi versi ai radicali degli anni ’70-’80. L’unica forza che prenderà veramente i voti in modo trasversale, anche se il salto dal livello locale a quello nazionale rimane la vera incognita. Proprio per questo il ragionamento di Vendola e Bersani è chiaro, "Grillo toglierà voti un po’ a tutti, maggiormente a Di Pietro e alla Lega, noi pure perderemo e pure se non perdessimo la nostra area non vale più del 35-40% ci serve comunque Casini per stare al sicuro e non fare l’errore di Occhetto del ’94". Gli elettori del PD e SeL capiranno tutto ciò?
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di Francesco Scolamiero. Grande trambusto si è scatenato nella rete per le decisioni di Bersani e di Vendola, riguardo l’abbandono dell’alleanza con Di Pietro, immortalata dalla famosa "foto di Vasto". Quello che però ha scaldato più gli animi è la contemporanea dichiarazione di una possibile alleanza con Casini. La matematica non è un’opinione e i numeri hanno la loro importanza oltre che in economia anche in politica. Negli ultimi anni abbiamo assistito a numerosi cambi di nome nei partiti tradizionali, a fusioni e scissioni, alla nascita di nuovi movimenti ma l’unica vera novità nel post tangentopoli è semplicemente una chiara definizione delle due aree principali in cui si suddivide l’elettorato italiano, centro destra e centro sinistra. Ma tali aree, per certi versi, esistevano già prima, solo l’ostinazione del PCI a non effettuare una svolta socialdemocratica, più in linea con i grandi partiti socialdemocratici degli altri Paesi europei, ha ritardato l’emergere di questa suddivisione. Dalle politiche del 1987 (ante caduta del muro di Berlino), del 1992 (ante Tangentopoli), del 1994 (post Tangentopoli e discesa in campo di Berlusconi) fino alle elezioni europee del 2009 (con l’avvento del PDL e del PD), tanti nomi nuovi, ma sostanzialmente l’elettorato è rimasto stabile! Per semplificare molto abbiamo circa un 40% di centro destra e un altrettanto 40% di centro sinistra, un centro intorno al 10% e un altro 10% diviso fra gli estremi, di destra e sinistra, e i movimenti locali. Ciò significa che il cittadino italiano ha le idee ben chiare e sceglie il partito o il movimento che più gli si avvicina. Non è stato il cittadino a seguire Berlusconi, ma è stato quest’ultimo che è andato ad occupare quell’area di centro destra rimasta orfana della DC, del Partito Liberale e di una parte del Partito Socialista. Ecco il perché delle scelte di Bersani e Vendola. Loro sanno benissimo che stando nel centrosinistra, tutti insieme o divisi poco importa: sempre e solo al 40% possono arrivare, anche compreso o escluso lo stesso Di Pietro gli serve sempre un pezzo del centro, da qui l’avvicinamento a Casini. E lo stesso Casini, dopo il flop del terzo polo con Rutelli e Fini, ha capito che il centro in cui si muove non varrà mai più del 10% e quindi deve per forza scegliere. Nel centro destra il PDL aveva provato con la mossa Alfano per riavvicinarsi a Casini, ma non c’è riuscito e quindi Berlusconi ha cambiato strategia ed è passato a giocare di rimessa pensando che perso per perso solo con lui, più che con Alfano, potrà raggiungere i livelli di Forza Italia. La stessa Lega che urla tanto al momento decisivo sarà anche lei allineata e coperta nel centro destra. L’unica novità vera è il movimento di Grillo, paragonata da me per certi versi ai radicali degli anni ’70-’80. L’unica forza che prenderà veramente i voti in modo trasversale, anche se il salto dal livello locale a quello nazionale rimane la vera incognita. Proprio per questo il ragionamento di Vendola e Bersani è chiaro, "Grillo toglierà voti un po’ a tutti, maggiormente a Di Pietro e alla Lega, noi pure perderemo e pure se non perdessimo la nostra area non vale più del 35-40% ci serve comunque Casini per stare al sicuro e non fare l’errore di Occhetto del ’94". Gli elettori del PD e SeL capiranno tutto ciò?
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