Gli elettori olandesi rinnovano il loro supporto all’Unione Europea. L’esito del voto di ieri nel Paese dei tulipani segna un altro punto a favore dell’euro, dopo l’altro successo di questi giorni, il sì della Corte di Karlsruhe al fiscal compact e all’ESM. Una partita ancora aperta, quella sulla UE, che per adesso chiude a 2-1 in attesa dei tempi supplementari. Quell’uno a favore degli euroscettici, invece, è la recrudescenza del sentimento autonomista in Catalogna, che ha visto sfilare più di un milione di spagnoli urlando slogan contro l’austerità europea.
Ma il tassello Olanda rimane importante. Basti pensare che, quanto a Pil pro-capite, in Europa sono secondi solo al Lussemburgo. In termini di ricchezza e benessere personale, superano persino i tedeschi. Il precedente primo ministro, Mark Rutte, aveva rassegnato le dimissioni nelle mani della regina Beatrice lo scorso aprile. Caduto su un importante pacchetto di misure economiche, il governo liberale deplorava la defezione della destra ultra populista di Geert Wilders, che aveva tolto l’appoggio per soffiare vento antieuropeo. Ma alle elezioni il boomerang è tornato indietro.
Chi aveva staccato la spina è stato penalizzato: l’euroscettico Partito per la Libertà di Wilders ha perso ben 9 seggi. Mentre su 150 seggi della Camera bassa, 41 sono andati ai liberali e 39 ai laburisti di Diederik Samsom. Una coabitazione forzata fra i due che non è sconosciuta agli olandesi, che nella precedente legislatura avevano accordato rispettivamente 31 e 30 seggi ai due principali movimenti politici. Con queste nuove elezioni, dunque, si è neutralizzato il terzo elemento, più conservatore, per dare carta bianca a una nuova coalizione bicefala, che si farà carico di portare avanti una serie di dure riforme per fronteggiare il ristagno dell’economia. È un grande risultato per gli olandesi, abituati a governi che impiegavano più di sette mesi per fissare un programma unico di coalizione.
Adesso si sentiva il bisogno di chiarezza, stabilità e prontezza di risultato e al tumultuoso quadripartitismo si è preferito un affidabile bipartitismo. Anche se c’è chi teme che nel matrimonio forzato i fra due giganti, il dialogo politico possa risultare più difficile che fra quattro o cinque interlocutori. Del resto, le posizioni sulla politica economica sono allineate ma, come due rette parallele, rischiano di non incontrarsi. Rutte e Samsom, infatti, sono entrambi pro-euro, ma il primo segue fedelmente le direttive di austerità dettate dalla Merkel. Il secondo, invece, chiede un cambiamento radicale nell’interesse dei Paesi Bassi, il cui obiettivo primario è (anche per loro) la riduzione del deficit pubblico e il rispetto dei target di bilancio europei.
Risultato positivo, dunque, per un’elezione che rappresentava un referendum virtuale sull’Europa e che ha visto sconfitte quelle visioni più radicali che professavano la morte dell’euro e il ritorno alle vecchie monete nazionali. Le borse, però, non sembrano essere molto sensibili alla vicenda. Sono rimaste con una leggera flessione in negativo. E il cambio euro-dollaro rimane stabile a 1,29. Forse perché, in queste ore, più che sull’Europa, i riflettori sono tutti puntati sulla gravissima vicenda del consolato americano in Libia.
Y.C.