di Giovanni Bensi
La vittoria di Vladimir Putin alle elezioni presidenziali, anche secondo i dati dei sondaggi più “antigovernativi”, non può essere messa in dubbio. Ciononostante gli oppositori non cessano di proclamare l’illegittimità delle elezioni e presentano sempre nuove testimonianze di gravi violazioni che avrebbero avuto luogo il 4 marzo. Gli esperti si danno da fare a calcolare quanti voti fasulli sono stati infilati (vbros) nelle urne a favore del premier e candidato di “Russia Unita”. Alcuni arrivano alla conclusione che si tratta del 5%, ma non tutti sono dello stesso avviso.
Così Aleksej Navalnyj nel suo blog ha diffuso una nuova videotestimonianza sui “giochi sporchi” delle autorità russe. Nella registrazione si vede che nel seggio n° 1840 nel villaggio Staryj Kuvak nel Tatarstan verrebbe consumato un cosiddetto vbros. Il brano di registrazione abbraccia un breve lasso di tempo, probabilmente intorno alle 22:00 di domenica. Dopo aver fatto uscire gli ultimi elettori dopo la scadenza del tempo per la votazione, i membri della commissione elettorale aprono le urne sigillate e si preparano allo scrutinio delle schede. Il protagonista di questo video, come lo definisce Navalnyj, è “un uomo calvo con una giacca nera”. Costui, un momento prima che dall’urna vengano rovesciate sul tavolo le schede, tira fuori da sotto la giacca un pacco di carte e le getta sul mucchio comune. Mentre questo avviene, una scrutatrice fa un gesto come per coprire l’individuo dalla macchina da presa o per tirargli la giacca in modo da permettergli di tirar fuori le sue “carte” senza che nessuno se ne accorga.
“Posso solo ripetere l’evidenza. “La Russia da oggi vive senza potere legittimo e legale… Ecco, per esempio, in Tatarstan, Putin ha ottenuto l’83% dei voti. Ma nel concreto seggio 1840 ha avuto il 94,83%”, sostiene Navalnyj.
Grande popolarità sul web gode un video girato con la web-camera nel seggio n° 1402 del villaggio daghestano di Tarumovka. Se si vuol credere al commento dell’autore, le operazioni di vbros sono durate addirittura 30 minuti.
In Daghestan Putin ha ottenuto il 92,84% dei voti, uno dei risultati più elevati in tutta la Russia. “Non si è trattato di uno vbros, è stato un fatale errore degli scrutatori”, si è affrettato a dichiarare il capo della Commissione elettorale centrale Vladimir Ciurov. Essi hanno incominciato a introdurre nel KOIB (urna automatizzata) le schede degli elettori che hanno votato a casa, senza aspettare la fine della votazione”. Tuttavia, nonostante che si tratterebbe di un errore, i risultati elettorali in questo seggio sono stati invalidati.
C’è da osservare che alcuni oppositori e loro simpatizzanti, e anche molta gente non indifferente alla politica, ritengono che il potere non aveva bisogno di falsificare i risultati elettorali, tanto Putin è comunque il politico più popolare del paese. Lo confermano anche i dati dell’associazione di monitoraggio “Golos” (il termine significa contemporaneamente “voce” e “voto”) che ha calcolato a favore di Putin il 14% in meno della Commissione elettorale centrale, ma cionondimeno ha confermato la sua vittoria al primo turno. Il politologo Igor Bunin, direttore del “Centro di tecnologie politiche” mette in rilievo il ruolo dei funzionari locali nel procacciare voti, con mezzi legittimi o dubbi, a favore di Putin.
Le amministrazioni locali sono in gran parte in mano a “Russia Unita”, ed il procacciamento di voti può essere un modo per fare carriera, come il mancato successo nell’attirare voti può essere motivo di punizioni o dimissioni, più o meno volontarie. Si tratta dell’impiego del cosiddetto administrativnyj resurs, cioè dell’utilizzazione dell’apparato dello stato per fini di partito. Bunin sostiene che i sociologi si attendevano un 58% di voti per Putin e invece egli ha raccolto il 64%.
Secondo la sua opinione, proprio questi voti supplementari sono arrivati per l’iniziativa dei “quadri amministrativi”. Infatti “un alto risultato viene sempre accolto con favore dai superiori, e un risultato basso è foriero di dimissioni”. Ricordiamo che in seguito al risultato tutt’altro che brillante di “Russia Unita” alle elezioni per la Duma, furono “licenziati” una serie di capi di regioni nelle quali il partito aveva ottenuto risultati deboli. Aleksandr Kynev, direttore della sezione analitica di “Golos”, ha dichiarato a “Radio Svoboda”: “Il volume complessivo delle distorsioni elettorali è comparabile con quello che si ebbe in dicembre: esso con ogni probabilità oscilla intorno al 15%. Tenendo conto del fatto che, secondo i dati ufficiali, Vladimir Putin ha il 63,6% dei voti, ritengo che abbia senso affermare che appunto grazie ai motivi indicati il destino delle elezioni si è deciso al primo, e non al secondo turno”. Insomma, senza administrativnyj resurs (che di per sé non è legittimo) a Putin sarebbe andata peggio.