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Che cosa permise ad un italiano (De Gasperi), un francese (Schuman) e un tedesco (Adenauer) dopo la tragedia della Seconda Guerra mondiale, di sedersi attorno ad un tavolo a parlare di unità e pace tra i loro popoli che si erano combattuti fino allo stremo sino al giorno prima?
La risposta è nella consapevolezza, acquisita con l’immenso spargimento di sangue di milioni di persone, militari e civili, dell’impossibilità di eliminare l’avversario. Da questa coscienza si incominciò a comprendere il valore della persona nella sua unicità e il valore del lavoro come strumento per realizzare compiutamente la vita umana.
Persona e lavoro: dall’aver posto al centro dell’idea di unione europea questi concetti, si generò come conseguenza un periodo carico di attese che permise in tempi assolutamente rapidi la rinascita sociale ed economica dell’Europa devastata dalla guerra. Dunque, per l’avvio del progetto europeo, lo slancio ideale dei nostri nonni e dei nostri padri è stato decisivo. Ma a differenza di oggi, lo scopo di partenza non rimase confinato alle questioni economiche. I nostri avi si mossero per un ideale più grande. Il crollo del muro di Berlino nel 1989 è, se vogliamo, il frutto conclusivo di questo primo periodo della storia dell’Unione.
Successivamente, con il passare degli anni e il passaggio delle generazioni, lo slancio ideale delle origini si è perso. Il mezzo (l’economia, la finanza, il profitto) è diventato lo scopo e l’Unione si è via via trasformata in un luogo dove si stringono compromessi tra gli interessi inevitabilmente contrapposti dei singoli Stati. Non ci si combatte più con i cannoni e con le bombe, ma con le armi dell’economia e della finanza.
Questa perdita di tensione ideale si è avvertita anche all’interno delle Istituzioni europee che si sono ingigantite a dismisura diventando esse stesse abnormi macchine burocratiche che rallentano il processo di unificazione anziché favorirlo. E soprattutto allontanano dalla gente l’idea che l’Unione europea serva e favorisca il benessere dei popoli e non rappresenti solamente un livello superiore di burocrati da mantenere.
Occorre un risveglio delle nuove generazioni e un ritorno verso gli ideali che sono stati alla base della nascita dell’Unione europea. L’Europa non è costituita una volta per tutte. Le nuove generazioni non si devono sentire escluse dal lavoro di edificazione dell’Europa di domani, anzi in questa fase sono proprio i giovani che possono dare nuovo impulso e far compiere un passo in avanti verso una nuova Unione. Occorre uscire dall’illusione che le risposte arrivino sempre dall’alto. Non è così. Una nuova generazione è ora chiamata ad impegnarsi in Europa. Una generazione che è la prima generazione veramente europea, nata in Paesi che vivono in pace da più di sessant’anni (cosa mai accaduta nella storia europea se ci pensiamo) e che in questi decenni ha raggiunto livelli di benessere economico e sociale inimmaginabili alla fine della Seconda Guerra mondiale.
Perché questo avvenga, bisogna mettere di nuovo al centro del progetto europeo la persona e il lavoro. Le persone in particolare devono riprendere consapevolezza della propria dignità, del proprio compito. In una parola, bisogna rimettere al centro l’educazione. Non bastano le norme e le leggi, occorre trasmettere ai giovani esperienze educative vere che mettano in movimento la libertà e la responsabilità personale nei confronti della vita. Da giovani educati alla verità e alla conoscenza della realtà potrà ripartire l’Europa di domani. E’ questa la sfida che ci aspetta, il rischio educativo di oggi per costruire un’Europa diversa domani.
Se ciò avverrà, allora l’Europa unita continuerà il suo cammino e potrà assicurare pace e prosperità ai popoli che l'abitano. In caso contrario, al momento credo che nessuno possa immaginare un finale degno di essere ricordato nei libri di storia.
Nel prossimo articolo proveremo a tirare le fila del percorso sin qui compiuto.
6 - continua
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