Andrea Buongiovanni per La Gazzetta dello Sport
Se non è un fulmine a ciel sereno, poco ci manca: Giancarlo Dondi, dopo quattro mandati, non si ricandiderà alla presidenza Fir. Il 77enne dirigente di Parma, trascorsi sedici anni
al timone, passerà la mano. Non si tratta di una decisione maturata in un minuto, non potrebbe esserlo. Ma lo schiaffone ricevuto venerdì dal Benetton Treviso, società dall’enorme peso specifico («Per le prossime elezioni federali cercheremo possibili alternative all’attuale dirigenza»), ha certo contribuito. Dondi, per ufficializzare la sua volontà, ha scelto i microfoni di RadioRai, quelli del Grl delle 13 di ieri in particolare, con un’intervista peraltro rilasciata martedì.
II presidentissimo, poco dopo la messa in onda, è amareggiato, ma sereno. «Non è più il mio mondo — dice —non mi ci riconosco più. A questo punto, a queste condizioni, meglio levarsi di torno. Va bene porgere la guancia, ma su certi valori ho impostato tutta la mia vita e non sono disposto a transigere. Ho gestito quattro mandati, spero onorevolmente. Ho dato tutto quel che ho potuto e, conti alla mano, lascio una federazione che gode di buona salute. Esco di scena tranquillo e a posto con la coscienza. Per una volta ho ragionato più con la testa che con il cuore. E poi, se sarà possibile, continuerò a dare una mano». Negli ultimi tempi, nonostante certi risultati gestionali siano alla luce del sole, la lista dei nemici s’è infoltita:
«Nei miei confronti — sostiene — c’è ingratitudine. Da parte di alcuni c’è in atto un tentativo di guerra contro la mia persona. E’ giusto e democratico che si propongano candidature alternative, ma perché nascono col solo intento di farmi fuori e non in senso propositivo? Sono una persona seria, mica un mascalzone. Appunto, il mondo è cambiato. Ma io, alla mia età, non sono disposto a farlo. Resto un innamorato del rugby, della Federazione e della Nazionale. Aiuterò ancora il movimento. E il calore e le prove di affetto ricevute in queste ore mi fanno un gran bene. Il futuro? In certi discorsi non voglio entrare: spero solo che il mio successore provenga dalla mia “corrente”».
(…) Resta che il rugby, in Italia, durante la sua era, ha cambiato pelle. In fatto di immagine, di budget, di numeri e, sebbene a un passo lento, anche di risultati sportivi. L’Italia, grazie a lui, è entrata nel Sei Nazioni, è arrivata a un passo dall’organizzare una Coppa del Mondo, ha portato oltre 80.000 spettatori a San Siro per la sfida agli All Blacks, ha acquisito credibilità internazionale, ha goduto di super sponsorizzazioni (a giorni quella di Adidas). Dondi ha portato l’intero movimento in Celtic League e a un’esposizione clamorosa. La sua Nazionale ha vinto in Irlanda e ha vissuto giornate come quelle di Grenoble 1997 ed Edimburgo 2007, prima vittoria azzurra in trasferta nel Torneo. Da ultimo, con due esauriti, è sbarcato all’Olimpico. La trasformazione è stata radicale. Certo: poi c’è il ranking Irb che pone la squadra ancora al 12° posto, ci sono i tanti problemi di organizzazione, soprattutto legati alla base e alla crescita dei giovani, la gestione delle Accademie, il recente pasticciaccio della franchigia federale e le accuse, non ingiustificate, di accentramento. (…)
Gli scenari Alle urne si andrà tra settembre e marzo, più facilmente in autunno. Dalla costola di Dondi, forte di un bel bottino di voti, esce Alfredo Gavazzi, da quarant’anni anima del Calvisano e consigliere federale, che ieri sera ha formalizzato la propria discesa in campo (…) C’è poi la candidatura annunciata del siciliano Gianni Amore e quella, eventuale e da individuare, dell’iniziativa Benetton (il presidente biancoverde Amerino Zatta potrebbe essere in pole-position, ci sono voci relative a Roberto Zanovello, presidente del Cus Padova e al petrarchino Fulvio Lorigiola). (…)