Quello che non è riuscito a fare l'invocata rottamazione, alla fine lo hanno fatto gli italiani. La lista dei trombati eccellenti annovera nomi illustri, quantomeno per l'esperienza e per il lungo corso in Transatlantico.
Uno su tutti: Gianfranco Fini. Dopo trent'anni, il presidente della Camera è fuori dai giochi. Ma non è l'unico. All'interno del Fli, che ha raggiunto una percentuale da prefisso telefonico (0,4%), anche Italo Bocchino, Fabio Granata, Carmelo Briguglio e Giulia Bongiorno spariscono. Passando all'Udc, se da un lato per la legge del miglior perdente (il che è tutto dire) si salva Pier Ferdinando Casini, sorte opposta tocca a Paola Binetti e Ferdinando Adornato.
Infausto destino anche per Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. L'ex pm non entra in Parlamento, così come Ilaria Cucchi, il dissidente grillino Giovanni Favia, l'ex leader Idv Antonio Di Pietro, il segretario del Prc Paolo Ferrero, quello dei comunisti Oliviero Diliberto e il leader dei Verdi Angelo Bonelli. Tra le file montiane niente da fare per il giornalista Mario Sechi e per l'ex ministro dell'Agricoltura Mario Catania.
Esclusioni importanti anche nel Pd - fuori Anna Paola Concia, l'ex presidente del Senato Franco Marini e Giorgio Gori - e nel Pdl - fuori Amedeo Laboccetta. Non ce la fa Guido Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d'Italia, escluso dal Senato. Dalla Camera è rimasto fuori Gianfranco Micciché, leader di Grande Sud, e Raffaele Lombardo, leader del Mpa (Movimento per le Autonomie). Spariscono i radicali. Fuori anche Francesco Storace.
Se c'è chi si lecca le ferite, c'è anche chi invece stappa bottiglie di champagne. Come Antonio Razzi, Domenico Scilipoti e Augusto Minzolini, pronti a entrare in Parlamento.