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Domenica 6 maggio si terranno sia le elezioni parlamentari che presidenziali in Serbia. Sono chiamati al voto 7.058.683 elettori iscritti alle liste, e secondo il più recente sondaggio del 23 aprile, dell’agenzia Faktor Plus, l’affluenza si attesterà attorno al 55%, di cui un 8% si dichiara ancora indeciso su chi votare, mentre l’1% opta per annullare la scheda. A contendersi la maggioranza del paese sono il Partito Democratico (DS – Demokratska Stranka) di Boris Tadić (28,3%), già presidente del paese dimessosi il 5 aprile scorso, e il Partito Progressista Serbo (SNS – Srpska Napredna Stranka), guidato da Toma Nikolić, al momento in testa con un margine di ben 5 punti (33,5%).
Segue, in ordine e con un notevole distacco, la coalizione guidata dal socialista Ivica Dačić (SPS – Socijalistička Parija Srbije), attuale ministro dell’interno nel governo di coalizione DS-SPS, che unisce al Partito Socialista di Serbia i minoritari Partito dei Pensionati Uniti Serbi (PUPS – Partija ujedinjenih penzionera Srbije) e Serbia Unica (JS – Jedinstvena Srbija), all’11,8%. A superare la soglia di sbarramento del 5% sarebbe anche la coalizione Preokret (“Capovolgimento”, al 6,2%), che unisce il Partito Liberal Democratico di Čedomir Jovanović (LDP – Liberalno Demokratska Stranka) ed il Movimento Serbo di Rinnovamento di Vuk Drašković (SPO – Srpski Pokret Obnove), che ad oggi detiene ancora solo quattro seggi parlamentari dei complessivi 250, il Partito Democratico di Serbia dell’ex presidente Vojislav Koštunica (DSS – Demokratska Stranka Srbije), al 5,7%, ed il Partito Radicale Serbo (SRS – Srpska Radikalna Stranka) di Vojislav Šešelj, oggi in custodia presso il tribunale internazionale dell’Aja, fermo al 5,5%. Le Regioni Unite di Serbia (URS – Ujedinjeni Regioni Srbije), dell’economista Mlađan Dinkić, già governatore della Banca Nazionale Serba dal 2000 al 2003, e successivamente ministro delle Finanze prima (2004-2006), dell’Economia e dello Sviluppo regionale poi (2007-2011), non dovrebbe superare lo sbarramento, attestandosi al 3,3%. Infine, i clerofascisti di Dveri, che a febbraio 2011 avevano annunciato la propria partecipazione indipendente alle elezioni, trasformando il proprio movimento in partito (sebbene essi preferiscano definirsi come “famiglia”), puntano all’1%.
Per quanto riguarda le presidenziali, il quadro cambia, sebbene non di molto: il testa a testa tra Boris Tadić (DS) e Toma Nikolić (SNS) è all’ultimo voto (rispettivamente 35,7% contro il 36,1%), un 11,3% per Ivica Dačić (SPS), 5,7% per Čedomir Jovanović (LDP), 4,5% per Vojislav Koštunica (DSS) e sotto il 3% l’unica candidata donna, la radicale Jadranka Šešelj (SRS).
Per concludere è interessante citare un’altra indagine, ad opera dell’agenzia Kliping, che confrontando i telegiornali nazionali nel periodo tra l’1 ed il 14 aprile ha rilevato come il secondo telegiornale della principale rete televisiva nazionale, RTS1, abbia dedicato uno spazio di gran lunga preponderante al partito del presidente Tadić, quasi doppio rispetto a quello di tutti gli altri candidati (1587 secondi contro, ad esempio, i 901 di Toma Nikolić, i 755 di Vojislav Koštunica e così via), rimarcando un notevole squilibrio nella possibilità di accesso equo ai media nazionali.
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