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Nell’auto c’era Ahmed Jaabari, leader dell’ala militare di Hamas, un eroe per la sua gente, un gran pezzo di merda per i civili israeliani sui quali lanciava i suoi qassam da qualche tempo in qua. Del filmato colpisce la sensibilità di chi aspetta che il bersaglio sia a debita distanza da altre autovetture prima di premere il grilletto, probabilmente per evitare di far vittime innocenti, poi nient’altro, il video è in tutto simile alla schermata di un wargame. Ci si metta per un istante nei panni dei palestinesi, che ora hanno un altro martire da piangere e da indicare come fulgido esempio ai loro ragazzini. Poi ci si metta nei panni degli israeliani, per i quali adesso al mondo c’è uno stronzo in meno. Fatta questa rapida operazione, si troverà del tutto naturale che a Gaza si strepiti di rabbia e si mediti vendetta, e che a Tel Aviv si tiri un mezzo sospiro di sollievo, preparandosi a parare un’eventuale azione ritorsiva: nulla di strano che a Gaza qualcuno stia ritoccando il ritratto di Ahmed Jaabari ovattandolo della luce che si respira in paradiso e vergandogli alle spalle un bel versetto del Corano, ma che c’è di strano che a Tel Aviv qualcuno abbia ritoccato una sua foto in questo modo? A Massimo Mantellini non piace, dice che gli «sembra la brutta copia della pubblicità di uno sparatutto». E grazie al cazzo, si tratta dell’annuncio che un nemico del popolo israeliano è stato fatto fuori, voleva i puttini alati come nei santini? «Da solo racconta qualcosa degli israeliani che in fondo sapevamo già», aggiunge, raffrenandosi in una reticenza, tanto più fastidiosa quanto più gratuitamente allusiva. Cosa sapevamo già degli israeliani che renda questa foto un oltraggio al buongusto? Si può solo andare per ipotesi: gli israeliani trattano il pericolo da pericolo, e quando lo hanno eliminato dicono che lo hanno eliminato. E questo dovrebbe sembrarci orribile?
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