Per il 25 novembre, il giorno in cui avrà luogo la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, dedichiamo l’ hashtag #25novembre da postare su Twitter a scopo commemorativo nei confronti delle donne vittime di femminicidio ma anche come denuncia al fenomeno della violenza sulle donne che nel nostro Paese, malgrado i numeri, viene sistematicamente ignorato dall’opinione pubblica, dal Governo e dalle forze dell’ordine, spesso responsabili di femminicidi che potevano anche essere evitati se avessero accolto le denunce delle vittime.
Nel 2010 veniva trovato un corpo mummificato in fondo al sottotetto della chiesa potentina della Santissima Trinità di Potenza: quel corpo apparteneva ad Elisa Claps, la sedicenne che nel 12 settembre del 1993 scomparve nel nulla.
Elisa quella mattina del 12 settembre esce di casa per recarsi alla messa assieme ad un’amica, promettendo al fratello di rientrare entro le 13 per pranzare con la famiglia ma non fece più ritorno. Secondo le testimonianze, la ragazzina si era incontrata con l’amica presso la Chiesa della Santissima Trinità per incontrare un amico che doveva consegnarle un regalo per festeggiare la promozione agli esami di riparazione.
La famiglia non smise mai di cercare Elisa con la speranza che fosse viva da qualche parte ma sospettano il peggio. Alcune testimoni, amiche della ragazzina scomparsa, fanno il nome di Danilo Restivo, un maniaco stalker che tempestava le ragazze con telefonate mute col sottofondo della colonna sonora di “Profondo Rosso”. Un’altra abitudine di Restivo era il feticismo verso i capelli femminili, infatti di nascosto tagliava ciocche di capelli a giovani donne con un paio di forbici che porta sempre con sé. Alcune amiche di Elisa dichiararono che Restivo aveva un interesse verso Elisa e spesso cercava di avere appuntamenti con ragazze da cui era attratto con la scusa di offrire regalini.
Nel 2010 si scopre la triste realtà: Elisa era morta, violentata e barbaramente uccisa e giaceva sepolta per 17 anni infondo al sottotetto della chiesa che spesso frequentava. La triste scoperta venne fatta da alcuni operai che stavano lavorando per la ristrutturazione della chiesa.
Come c’è arrivata lassù? Chi l’aveva sepolta? Furono queste le domande che portarono la famiglia a pensare che si trattasse di una messa in scena, ritenendo che l’omicidio della ragazza fosse stato tenuto nascosto dal parroco della don Mimì Sabia. Dopo la morte del parroco, il fratello della scomparsa ha chiesto al vescovo di Potenza di «dire finalmente la verità su quanto accaduto».
Don Wagno, il viceparroco, qualche mese prima era salito nel sottotetto chiamato da due addette alle pulizie che avevano trovato i resti di Elisa. Lui poi ammetterà di aver telefonato all’arcivescovo per avertirlo della cosa ma:
«quel giorno il nostro Arcivescovo era impegnato in un convegno, riprovai al telefono senza dire di cosa si trattasse ma non riuscii a mettermi in contatto. Decisi così che gli avrei parlato l’indomani. Ma la cosa poi mi scivolò di mente.»
Altri invece sostengono che il sottotetto era facilmente raggiungibile: ci andavano ragazzi e ragazze di Potenza per appartarsi e il materasso nell’angolo era una testimonianza. Il 25 ottobre 2010 vengono rese note alcune risultanze aggiuntive. Alcuni sassolini provenienti dal sottotetto erano presenti nel solco del tacco di Elisa Claps, ciò dimostra che Elisa arrivò viva nel sottotetto e che poi fu uccisa perchè si ribellò ad uno stupro.
Le indagini vanno avanti tra depistaggi, insabbiamenti, coperture e si concludono fino a ritornare su Danilo Restivo, unico indagato che quel 13 settembre si era recato al Pronto Soccorso con una mano ferita e gli indumenti pieni di sangue e fu sospettato dagli inquirenti di essere il responsabile della scomparsa della ragazza per l’incapacità di ricostruire i suoi spostamenti dopo l’incontro e perché si dichiarò l’ultimo che ha visto Elisa.
Ciò che incastrò Restivo furono alcuni elementi: durante l’autopsia che accerterà che Elisa era stata uccisa con 13 coltellate, si scoprì che aveva anche tagliato delle ciocche di capelli.
Sin dal primo momento, la madre chiede ripetutamente agli inquirenti di indagare a fondo su Danilo Restivo, ma senza esito, fino a quando i resti della giovane vengono ritrovati nel sottotetto della chiesa dove Elisa si era incontrata con Restivo. Chiesa che i familiari di Elisa chiedevano da diciassette anni di perquisire ma invano perché nessuno degli inquirenti la perquisì e Don Mimì, ora deceduto, non diede mai il permesso alla famiglia di entrarci.
Altri elementi inquietanti emergono nella vicenda. Si arrivò perfino a pensare che Elisa fosse fuggita volontariamente, in questo modo furono insabbiate le indagini. Il 13 settembre un poliziotto incaricato delle indagini parlò con le amiche di Elisa e scrisse in un rapporto in cui c’era scritta l’ipotesi che Elisa fosse stata rapita da Restivo “a scopi di libidine”. Chiese l’autorizzazione al magistrato di poter sequestrare gli abiti indossati da Restivo il giorno della scomparsa ma il magistrato non firmò la richiesta.
Inoltre, l’abitazione di Restivo non venne perquisita né venne perquisita la chiesa della Santissima Trinità. Il giorno dopo la scomparsa di Elisa, il parroco chiuse il portone e partì per qualche giorno di cure termali. Al ritorno il poliziotto gli chiese se conosceva Danilo Restivo, ma lui negò di conoscerlo. In realtà Restivo era il factotum di don Mimì e aveva le chiavi dell’oratorio, quindi poteva accedere ad ogni stanza della chiesa e conosceva bene il parroco.
Nel 1997 un agente del Sisde, grazie ad una serie di informatori, prevalentemente nell’ ambiente ecclesiastico scrisse un’informativa in cui diceva che Elisa Claps era stata uccisa il giorno stesso della sua scomparsa e che il corpo era stato nascosto “in un luogo appartato ma molto frequentato”. Quel dossier scomparve nel nulla.
Nel ’94 Danilo Restivo fu processato perché aveva mentito dicendo di non aver visto Elisa quel 12 settembre. Durante il processo, tra l’altro, si scoprì l’abitudine di Restivo a tagliare di nascosto ciocche di capelli alle ragazze e di perseguitarle. Restivo, malgrado ciò, se la cavò con una condanna lieve per falsa testimonianza!
Accanto ai resti di Elisa, fu trovato anche un bottone rosso, si ipotizzò si trattasse di un abito cardinalizio, in realtà la provenienza di quel bottone non è mai stata accertata.
Un altro fatto viene a galla prima del ritrovamento del corpo di Elisa. Nel 12 novembre 2002, Heather Barnett, una sarta di 40 anni fu trovata morta nella sua vasca da bagno. Era stata seviziata, con i seni asportati, capelli tagliati e nel pugno l’assassino le aveva messo una sua ciocca di capelli. Era morta come Elisa Claps e proprio in quegli anni Restivo si trovava a Bournemouth ed era il suo vicino di casa.
La polizia inglese puntò subito su Restivo, anche in quel caso però le indagini furono depistate.
Intanto Don Wagno era in Africa e don Mimì Sabia era morto poco prima. Nel maggio del 2010 Danilo Restivo fu arrestato dalla polizia inglese mentre seguiva una donna con paia di forbici di diverse dimensioni un grosso coltello abiti di ricambio. Durante le indagini sull’omicidio Barnett era stato messo sotto sorveglianza. Lo catturarono mentre Quel giorno Restivo aveva addosso una pesante giacca invernale e copripantaloni impermeabili. Un abbigliamento che la polizia giudicò «eccessivo date le condizioni atmosferiche». Lo condannano all’ergastolo. Mentre il giudice pronunciava la sentenza disse queste parole:
“Lei non uscirà mai di prigione [...]. Lei è recidivo. È un assassino freddo, depravato e calcolatore [...] che ha ucciso Heather come ha fatto con Elisa [Claps, n.d.r.] [...]. Ha sistemato il corpo di Heather come fece con quello di Elisa. Le ha tagliato i capelli, proprio come Elisa [...]. Merita di stare in prigione per tutta la vita”.
In Italia l’11 novembre 2011 viene condannato in primo grado a 30 anni di carcere, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la libertà vigilata per tre anni a fine pena, oltre al versamento di € 700.000 alla famiglia Claps a titolo di risarcimento. La famiglia però vuole che si faccia più chiarezza su quanto è successo, vogliono che le coperture e i depistaggi saltino fuori. C’è un mistero dietro la sua morte che deve saltare fuori, ci sono complici dietro questa storia e si nascondono negli ambienti ecclesiastici. Dice Gildo Claps: «Se 18 anni fa si fosse indagato sul serio, Heather Barnett non sarebbe mai morta». A Potenza la chiesa della Santissima Trinità è ancora chiusa, con sè i suoi segreti.
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