Il legame della Versilia con l’arte è datato, risale al 1500, quando Michelangelo sceglieva il marmo per le sue opere e lo faceva trasportare a mare dai carri trascinati da buoi, e poi avanti negli anni, fino al 1956 quando Henry Moore iniziò la sua collaborazione con gli scalpellini della zona, e poi le fonderie che hanno lavorato per artisti come Botero, Joan Mirò, Isamu Noguchi, Giacomo Manzù, ma anche pittori come Mario Marcucci, Lorenzo Viani, Carlo Carrà: la Versilia ha sempre avuto un fil rouge privilegiato con l’arte, artisti che qui hanno creato e lavorato, dalla natura della Versilia e dal suo mare traggono ispirazione, natura rivolta all’arte, a volte è dolce e spudorata nei colori e a volte dura e violenta.
E
poi, negli anni, grandi mostre ed eventi, in questi ultimi anni gestiti dalla
sensibilità femminile, da donne che hanno sempre vissuto nel bello, amato
l’arte, e che si sono sempre espresse nell’arte, come Elisabetta Rogai,
l’artista fiorentina dalla bellezza rinascimentale che “racconta” le donne;
quest’anno, proprio per dare una testimonianza all’arte della Versilia presenta
una sua personale alla Galleria Il Forte Antichità di Patrizia Grigolini,
“Archivi di stato”: i soggetti dei dipinti sono giovani donne senza tempo,
icone di una contemporaneità che non toglie spazio a momenti di riflessione e
analisi. Nei volti e nei corpi delle protagoniste c’è tutto l’universo emozionale di Elisabetta Rogai, il suo
figurativo informale capace di instaurare un legame strettissimo con chi ammira
le opere d’arte.
Le sue opere sono create con la tecnica di Enoart, una personalissima invenzione
dell’artista, unica in Italia, che
consiste nel dipingere usando il vino come colore. Dopo anni di studio e molti
tentativi, attraverso l’aiuto del
professor Roberto Bianchini (docente
di chimica organica dell’Università degli Studi di Firenze) Elisabetta Rogai è
riuscita a capire come “fissare” il vino sulla tela, un procedimento
particolare che dona al quadro una vita vera e propria.
Ciò che rende queste opere d’arte davvero
particolari è il fatto che dopo un primo tratteggio della bozza del disegno
fatta con il carboncino l’artista nella loro realizzazione usa solo ed
esclusivamente vino rosso (e bianco per le sfumature) senza aggiungervi altri
componenti. Un fissaggio naturale impedisce poi al vino di invecchiare oltre un
certo limite, stabilito da Elisabetta: in questo modo i colori restano sempre
relativamente luminosi, senza sbiadire troppo: la realtà che cambia a seconda
del punto di osservazione dell’artista, ma rimane sempre arte pura.
La
mostra, inaugurata il 9 agosto, andrà avanti fino alla fine del mese alla
galleria d’arte “Il Forte Antichità e Arte contemporanea” di Patrizia Grigolini:
nell’occasione dell’inaugurazione si
brinderà con il vino “ I Balzini Pink Label” di Antonella D’Isanto e saranno
degustati i formaggi pecorini “Forme d’arte” di Paolo Piacenti (le cui
etichette sono tratte proprio dai quadri della Rogai) e le focaccine ripiene
dell’atelier bar versiliese “Viennaluce”
parte del gruppo “Nome” di Giacomo Menici.
Dopo
l’appuntamento estivo, per Elisabetta Rogai si aprirà un periodo di importanti
esposizioni, tra cui quella in Palazzo Medici Riccardi a Firenze (dicembre 2014)
e al Chiostro del Bramante a Roma (primavera 2015).
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Crediti Fotografici Fabrizio Gaeta