Fabbricò la birra con foglie di querciolo, e la diede ai mietitori invece del sidro. Si manifestavano i mal di pancia. I bambini piangevano, le donne gemevano, gli uomini erano furibondi. Minacciavano tutti di andarsene; e Bouvard cedette. Tuttavia per convincerli dell’innocuità del suo beveraggio, ne sorbì davanti a loro parecchie bottiglie, si sentì male, ma nascose i dolori con un’aria di contentezza. Fece persino portare la mistura a casa. Ne bevevo la sera con Pécuchet, ed entrambi si sforzavano di trovarla buona. D’altronde bisognava evitare che andasse perduta.
Non si può produrre una cattiva birra e pensare di farla franca. È forse questa la morale dell’episodio flaubertiano? In effetti, eviterei di parlare di morale, qui si tratta di mera rappresentazione realistica. Avete mai bevuto una Heineken? Sì, credo di sì, appartiene a quel genere di cose che si fanno di nascosto, sperando che nessuno ci veda (come emettere peti e nel contempo tirare la catena dello sciacquone in bagno, mentre gli invitati si trovano nella stanza accanto) e – nel momento in cui si è scoperti con le mani nel sacco – si cerca di minimizzare con frasi tipo: “ah, non me ne ero accorto!”, oppure “no, non era heineken, ho fatto tramutare una Grimbergen nella bottiglia di heineken per trarvi in inganno” e altre cose del genere.
Qual è il problema? Credo che la differenza tra una buona ed una cattiva birra sia riscontrabile soprattutto in un momento, quello in cui i due liquidi hanno inesorabilmente raggiunto la fatidica “temperatura ambiente”. In altre parole, quannu l’heineken diventa caura, fa schifu! Ovvio, non solo l’heineken appartiene alla tipologia di birra che va bevuta esclusivamente ghiacciata, oh quante si ascrivono allo stesso filone dalla piacevolezza fugace. Invece una buona birra, anche se surriscaldata, rimane sempre qualitativamente apprezzabile, miei buoni amici. E se questa è la distinzione più larga e salomonica tra le imponibili, esistono poi miriadi di elementi caratterizzanti che possono influire emotivamente sul gradimento di una buona birra. Si va dal colore della bevanda, la consistenza e la lussuriosa schiumosità, fino ad arrivare a motivi di ordine maggiormente psicologico, come il locale (ambiente), il modo di presentare il nettare, la musica di sottofondo (Beer Drinkers & Hellraisers). Ma il requisito fondamentale, al fine del totale compiacimento dei sensi, è senz’altro la compagnia che si adagia sulle sedie attorno al centro della lieta degustazione, ossia gli amici.Orbene, direi adesso di passare ad una introduzione più analitica al problema della sana bevitura. Occorre innanzitutto precisare che la birra va bevuta nell’apposito bicchiere. Gli aromi celati, le fragranze sottomesse alla densa corona di schiuma, avranno così modo di dischiudersi al sensitivo piacere del bevente. L’estetica del birraiuolo imporrebbe poi l’accensione immediatamente successiva di un qualunque involucro/contenitore di tabacco, ma le leggi di questo falso Stato liberale lo impediscono nella maggioranze delle occasioni possibili.
Già circolano le prime due-tre sorsate, nei condotti vivificanti del nostro sistema corporeo, e le discussioni si accendono: la politica, le donne, la musica, il calcio, il gossip e persino la letteratura sono tra i temi più intrapresi dalle comitive di questo genere. È da escludere con fermezza la possibilità che un buon bevitore di birra possa discutere di Calcio. A coloro che prestano la preferenza verso codeste manifestazioni ciarliere calciofile, si può concedere la copiosa, quantitativa pochezza di svariate “lampadine” di Becks o Heineken. Ciò, ne converrete, non rientra – e mai potrebbe rientrarvi – tra le aspettative contemplate dal bevitore esperto. Diffidate poi, cari amici del sacro nettare egiziano, diffidate di coloro che preferiscono la birra senza schiuma, trincerandosi dietro le banali scuse della “filosofia di vita”. Le cose non stanno così, lo anticipavo poc’anzi, lasciando presagire la funzione essenziale della corona sul bicchiere. Anzi, badate bene alla consistenza della schiuma, che è segno distintivo delle qualità più intrinseche alla birra stessa.
Bevendo bevendo le lingue si sciolgono e i sorrisi si allargano, mentre il cuore si riscalda. La pastosità è ormai palpabile. Saprete bene di come i frequentatori dei pubs, nella Londra del ‘600, si salvarono in massa dalla peste, bevendo birra piuttosto che la puritana acqua. Aggiungo tal notazione, sulla pastosità, poiché non è inutile ricordare che la birra sostituiva anche gli alimenti, essendo più a buon prezzo del pane, ed anche a ciò va ascritta la salvezza di quei garbati londinesi beoni. Beh, che la birra sia pane liquido ce ne siamo accorti anche noi, osservando il nostro profilo allo specchio, che ne dite?
Ma continuiamo a bere, la salvezza è vicina, fratelli nella birra! Orsù, che i nostri calici si incontrino ancora una volta!
Gaetano Celestre