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Elogio della descrizione: perché i sensi? (in attesa del terzo pezzo facile)
Creato il 31 ottobre 2014 da Il Coniglio Mannaro @elegantbear78In questo senso si spiega facilmente cosa volevo dire con "contesto fertile": la cornice narrativa, una vivida descrizione di ambienti, circostanze, elementi atmosferici, azioni collaterali, in apparenza insignificanti ai fini dell'azione principale, diventano lo sfondo e il terreno da cui prendono vita le azioni e le sensazioni dei protagonisti.
Molto spesso l'agito dei personaggi trova riscontro motivazionale o viene influenzato da ciò che accade intorno a loro: ed anche quando una scelta è determinata da eventi ben precisi, la presenza di un elemento di contesto ne può condizionare molti aspetti, a cominciare dal modo di eseguire i movimenti. Diverso è affrettarsi in un pavimento reso scivoloso dal ghiaccio, in una piazza affollata, o in mezzo ad una distesa di sabbia. Stupore, rabbia, amore, sorpresa, delusione, sono sensazioni che si manifestano con diverse modalità a seconda di dove siamo, di chi abbiamo vicino, del contesto visivo e acustico.
Luogo e contesto generano e condizionano il divenire degli eventi. Una folla festante, una rivoluzione di piazza, la conformazione di un territorio o di uno spazio urbano: anche senza che ce ne rendiamo conto, sono aspetti che permettono lo sviluppo di azioni cruciali alla storia narrata. Pensiamo che ne sarebbe dei Promessi Sposi, senza la peste ed i Lanzichenecchi. O a come farebbero i bravi di Don Rodrigo a terrorizzare Don Abbondio, se non potessero tendergli un agguato "per una di quelle stradette", dalle quali non si scappa, né a destra, né a sinistra. Gli esempi potrebbero riempire la biblioteca infinita di Borges.
Ma perché il meccanismo funzioni, e la parte dinamica della storia possa trarre spunto e iniziativa dal contesto descrittivo, serve un tramite, qualcosa che permette ai personaggi di rendersi conto degli elementi circostanti ed esserne in qualche modo influenzati. Questa connessione è rappresentata, in tutte le specie animali incluso l'uomo, dai cinque sensi biologici.
Non stupisce quindi che esistano in letteratura esempi illustri di eventi cruciali ed atti compiuti sotto l'impulso di una percezione sensoriale, o comunque da essa condizionati: senza andare a scomodare le madeleine di Proust, o "La montagna incantata" di Thomas Mann, che è infarcito di considerazioni di questo tipo, si può dire che aprendo un romanzo qualunque si troverà facilmente un punto dove si ricorre ad un espediente del genere. Profumi che generano ricordi, particolari che colpiscono la vista e spingono ad associazioni di pensiero e poi di azioni, sapori che inducono stati d'animo e condizionano l'interazione fra i personaggi (e chi non si ricorda di Chocolat, per uscire un attimo dall'arte della parola scritta?)Caldo e freddo, magari sotto forma di assolate giornate estive che spingono all'aperto (dove tutto può accadere) o viceversa copiose nevicate tormentose che costringono nell'intimo di una baita isolata (dove tutto può succedere).
Ecco dunque che anche l'immancabile Italo Calvino, attento indagatore della meccanica della scrittura, da scrutatore accurato e osservatore tormentato quale era (io definirei Calvino un "metascrittore" ma mi pioverebbero addosso pietre e insulti, quindi non oso), si sia soffermato anche su questa dinamica contesto - percezione - conseguenze. Esiste un libro meraviglioso, che si chiama "Sotto il sole giaguaro", dove tutto questo viene estremizzato al punto che la trama è condizionata quasi esclusivamente dalle informazioni che giungono ai protagonisti da parte dei loro organi di senso.
Il libro è in realtà una raccolta postuma di tre racconti, gli unici realizzati all'interno di un progetto letterario più ampio, che doveva comprenderne cinque. Una storia per ogni modalità percettiva: udito, olfatto, gusto, vista e tatto (gli ultimi due mancano). Nel 1983 Calvino parlava a New York di quello che stava realizzando, osservando che il libro " parla dei cinque sensi, per dimostrare che l’uomo contemporaneo ne ha perso l’uso. Il mio problema scrivendo questo libro è che il mio olfatto non è molto sviluppato, manco d’attenzione auditiva, non sono un buongustaio, la mia sensibilità tattile è approssimativa, e sono miope”. Una delle presenze costanti nella scrittura di Calvino è infatti il senso di mancanza, che spinge alla ricerca di ciò che ci manca, una sorta di vagabondaggio interiore verso una realtà smarrita, il cui accesso è nascosto sotto un velo non impenetrabile di parole.
No, non vi parlerò di queste tre storie, di come si sviluppano, della tensione e dell'incalzante suspense che l'autore riesce a creare partendo dalla raffinata e scrupolosa descrizione di semplicissime sensazioni. Vi rovinerei il piacere di una lettura meravigliosa (e per queste cose ci sono già Mr. Google e Mrs. Wiki).A me basta aver dimostrato che esiste, nell'olimpo di chi sa scrivere davvero, un nume tutelare per quelle righe descrittive in eccesso, perseguitate dal moderno pensiero, che pellegrinano di blog in blog, in attesa di tempi migliori.
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