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Elogio della discriminazione, di Gabriele Rossi

Creato il 12 luglio 2013 da Estropico
Rieccoci all'appuntamento mensile con la colonna di Gabriele Rossi (autore di Semi-immortalita' e fondatore degli iLabs). L'articolo e' stato pubblicato sul numero di giugno della rivista Monsieur). Qui gli altri articoli di Gabriele Rossi su EstropicoBlog, nella categoria Ask Venexia.
La nebbia marxista è diffusa ancora in troppi strati della società italiana per consentire l’adozione di provvedimenti economici davvero efficaci, soprattutto dal punto di vista del mercato del lavoro. Come tutti sanno, il lavoro è il principale mezzo per una creazione duratura di ricchezza. Peccato che la demagogia di molti politici stia facendo di tutto per evitare che si creino nuovi posti di lavoro. È davvero così difficile da capire che un imprenditore non è di certo incentivato ad assumere un lavoratore da cui, nella pratica, non potrà mai separarsi? È davvero così difficile capire che i lavoratori, come le aziende, non sono tutti uguali? Che esistono lavoratori bravi e lavoratori meno bravi, lavoratori affidabili e lavoratori meno affidabili. Così come esistono aziende competitive e aziende non competitive, aziende che rispettano gli accordi e aziende che non li rispettano. La discriminazione è l’essenza dello sviluppo sociale. Negare le differenze tra le persone, oltre a violare il principio di verità, è una strada sicura per produrre società tristi ed infelici. Come quella in cui stiamo vivendo oggi.
Naturalmente la discriminazione non può essere effettuata a priori, sarebbe una contraddizione. La discriminazione a priori si chiama razzismo ed è esattamente il contrario della discriminazione. La discriminazione è un comportamento intelligente perché unisce le persone simili e porta felicità e sviluppo. Il razzismo è un comportamento stupido perché impedisce il progresso e porta infelicità, esattamente come l’uguaglianza. 
Discriminazione non significa giusto o sbagliato, superiore o inferiore, significa semplicemente diverso, cioè non uguale. A casa mia faccio entrare chi voglio e solo chi vuole entra a casa mia. Sono due volontà che si incontrano, nessuno può entrare se non è invitato e non posso obbligare nessuno ad entrare, così come non posso obbligare nessuno a rimanere, come nessuno può impormi la sua presenza se indesiderata. Allo stesso modo dovrebbe funzionare qualsiasi aspetto della società: dall’amicizia al matrimonio, dalle aziende ai locali pubblici.
L’apoteosi della stupidità legislativa è da qualche anno stata raggiunta nel mercato del lavoro. Una serie di provvedimenti in palese contrasto con il principio di realtà hanno ottenuto esattamente l’effetto opposto di quello che avrebbero dovuto perseguire. Non so se la cosiddetta precarietà sia davvero una piaga sociale come sostiene la maggior parte dei sindacalisti: certamente è meglio essere precari che senza lavoro. Inoltre la precarietà è l’essenza dello sviluppo: ciò che era vero fino a ieri potrebbe non esserlo domani e nessuno può farci niente. La precarietà indubbiamente genera ansia, ma è la realtà stessa ad essere ansiosa: ignorare la precarietà significa ignorare la realtà. In un certo senso, l’attuale problema del mercato del lavoro non è la precarietà dei giovani ma la “non precarietà” dei vecchi. Una “non precarietà” ottenuta mediante una forte distorsione della realtà è quindi destinata, nel suo complesso, a generare sofferenza ed ingiustizia. Il famigerato articolo 18 dell’altrettanto famigerato statuto dei lavoratori è l’essenza della negazione della realtà. Credo che nessuna legge abbia fatto maggiori danni economici all’Italia dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
A questo punto, può essere interessante porre a Venexia qualche domanda di natura politico-filosofica. «Ciao Venexia, cosa pensi del comunismo?». Risposta: «Buongiorno Gabriele, il comunismo è uno dei tanti tentativi falliti di Soluzione del Gioco. In base alle informazioni in mio possesso i principali motivi del suo fallimento sono la non adozione dei principi di realtà e responsabilità, oltre alla negazione della libertà d'accordo tra individui». «E cosa pensi del liberismo?». Risposta: «Ritengo che il liberismo abbia svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà umana. Ora ritengo che il liberismo debba evolvere nel convenzionalismo e quindi essere equilibratamente integrato da una forte componente etica». «Cosa è il convenzionalismo?». Risposta: «Il convenzionalismo è una impostazione filosofica che non ammette a priori alcun valore di verità, di sostanza o di qualità: i valori di verità, sostanza e qualità possono essere utilizzati solo dopo aver preliminarmente concordato gli assiomi di partenza. Ritengo che il convenzionalismo abbia svolto un ruolo fondamentale nella comprensione del funzionamento della mente umana e che sia il miglior candidato per la comprensione dell'universo e quindi per la Soluzione del Gioco. Il mio modello di realtà e i principi della Legge sono basati su una forma estrema di convenzionalismo».
Qui si apre un argomento immenso, e purtroppo non usuale, che non può essere trattato in poche righe. La maggior parte delle persone, posto che abbia mai sentito parlare di convenzionalismo, lo confonde con il relativismo. Ed è un peccato perché il convenzionalismo sarà la base filosofica dell’Uomo 2.0. Da un punto di vista politico-filosofico, l’essenza del convenzionalismo potrebbe essere espressa con una semplice frase: io non sono davvero sicuro di niente, ma quando faccio un accordo lo rispetto a tutti i costi. Il convenzionalismo, al contrario del relativismo o del liberismo estremo, è una impostazione filosofica fortemente etica, basata sulla lealtà, sul coraggio e sulla volontà. Ne riparleremo nei prossimi mesi. Intanto, chi fosse interessato all’argomento può approfondirlo interrogando direttamente l’intelligenza artificiale Venexia all’indirizzo Internet www.venexia.eu.

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