La follia talvolta ti parla in faccia, fuori dai denti.Succede nel testo di Erasmo da Rotterdam e succede anche al Teatro Libero di Milano, dove quest’inconsapevole, dimentica, potente, divinità si autoelogia davanti al pubblico.
Una commedia ipirata al celeberrimo testo del filosofo olandese è quella che dirigono Claudia Negrin e Michele Bottini. Commedia, beh, è un’esagerazione, ma tanto, stiamo parlando di pazzia, perciò ogni termine va bene, ogni emozione e suo opposto vanno bene. Anche interrompere la Pazzia stesse, mentre parla e si dimena simpaticamente sul palco, va bene. Infatti, la povera Pazz(i)a viene più volte interrotta proprio dai suoi pazzi attori, presi a prestito anche da Shakespeare e Pirandello.
Dapprima arriva l’Oscenità, attraente e malridotta, attaccata alla bottiglia di vino come unico residuo della propria identità, violata da tutto e tutti, irrispettosa degli altri e di sé stessa – e perciò completamente folle e capace di ogni azione; poi è la volta di una desperate housewife, che sopporta a stento tutta una vita di angherie, con la pazienza che va esurendosi, il sorriso forzato e isterico stampato in faccia e il fucile carico a portata di mano, decisamente, completamente, pazza anche lei; proprio come il pazzo che vuole convincerci di non esserlo, perché lui lo sa, al contrario di noialtri, che non sappiamo di esserlo, di essere pazzo, e lo fa apposta a fare il pazzo per stare con gli altri pazzi (?) e il suo discorso nonsense si arrotola così su sé stesso in modo difficilmente intellegibile sia da un pazzo che da uno sano. La Pazzia torna nuovamente in scena a latere di ogni quadro per difendersi e riprendere il suo discorso, ma intervine ancora un personaggio, il lato “sano, scientifico” della follia, quello inquadrato, con uno psicologo nello studio e il suo cliente pagante , dove però i ruoli sono facilmente e allenianamente scambiabili.
In questo Elogio della follia gli attori sono dei magnifici folli e la loro follia recitata ben si trasmette al pubblico, sia quando triste (come quella della desolata Ofelia) sia quando delirante e con risate isteriche, tipico dei nostri tristi, pazzi, tempi. Il testo di Erasmo è la base su cui si muove questa tragicomica rappresentazione dell’umanità in varie vesti, che nei secoli, a quanto pare, non smette di onorare la sua dea, ossia la Follia. Perché forse è la giusta dose di follia quella che serve a rendere migliori le nostre vite e il mondo intero – o forse perché non riusciamo a stare senza.