Non era un attivista, nè un politico, nè tanto meno un predicatore, ma se c’è stato qualcuno che fra gli anni ’50 e ’60 ha dato un fortissimo contributo a risolvere il problema dell’integrazione fra bianchi e neri, quel
A Tupelo, nel Mississipi, dove visse i suoi primi anni, i giorni di festa sentiva la musica nella Chiesa Evangelica, ma gli altri giorni della settimana era inevitabile che gli giungessero le sonorità afro americane dal quartiere dei neri, a pochi passi dalla loro povera casa, che non aveva trovato posto fra quelle dei bianchi. Aveva già una chitarra quando si trasferirono a Menphis e sapeva fare i primi accordi.
In un’ America dominata dal ritorno all’ordine, dove il taglio dei capelli era simile a quello dei militari e l’abbigliamento più appropriato per i giovani era
That’s All Right (Mama), Blue Moon of Kentucky, Good Rockin’ Tonight, Baby Let’s Play House furono i suoi trampolini di lancio e allora, la sua casa discografica, lo cedette nel 1955 alla RCA, perchè era diventata troppo piccola cosa per l’astro nascente. Lì fu affidato alle cure del Colonnello Tom Parker, che fu
Parker usciva vincente da un’intuizione all’altra, si trattasse di televisione o di gadgets, il mito di Elvis entrava nelle case degli americani. Certo l’impatto televisivo sull’America benpensante fu addirittura uno choc e per un pò di tempo proibirono di filmare il cantante dalla vita in giù, tanto li lasciavano turbati le movenze afro – sexy di Elvis, soprannominato “The Pelvis”, ma ”Hearthbreak Hotel” e “Jailhouse Rock” e altre canzoni di quell’epoca rimangono fra le più vendute in tutta la storia della musica.
I problemi, anche se all’inizio nessuno li poteva supporre, arrivarono con il ritorno di Elvis. Praticamente Parker lo annullò come cantante svendendolo a ritmo serratissimo in poveri e stupidi film di cassetta dove tuttavia il guadagno, almeno fino a metà degli anni ’60 fu elevatissimo, ma, di 33 film girati, quelli appena passabili non erano più di quattro. Tuttavia Elvis sapeva recitare e di questo se ne accorsero in parecchi. Già in passato aveva dovuto rinunciare a ruoli significativi per l’avidità di Parker, adesso fu la volta di “Un Uomo da Marciapiede” nella parte che poi fu di Jon Voight. Parker di nuovo chiese troppo ed Elvis perse la possibilità di imporsi in un cinema di buon livello.
Dopo anni di insuccessi sia di di pubblico che di guadagni, per Elvis l’unica vera possibilità era tornare alla musica. I tempi erano cambiati, si erano imposti
Ma Elvis era sempre Elvis! Scomparsi i chili di troppo che si erano affacciati negli ultimi film, fasciato in un lucido completo
Ma qualcosa si era rotto nell’equilibrio di Elvis. Il successo era tornato, ma tenerlo stretto doveva essere difficile anche per un genio. Fra il 1970 e il 1976 si sottopose a un ritmo frenetico di spettacoli, circa 1000 in sei anni al ritmo di uno ogni tre giorni circa… E gli psicofarmaci divennero di casa nella sua bellissima villa di Graceland, a Memphis dove un pò per volta fini per rinchiudersi, uscendone solo per i tour. Mangiava male e tendeva ad ingrassare. Poi doveva dimagrire in fretta se c’era qualche impegno a scadenza ravvicinata. C’è una foto del 1970, ricevuto dal Presidente Nixon, in cui il fisico di Elvis è, a dir poco, trasandato e stanco. La moglie Priscilla cominciò a non sopportare più il suo disordine e le altre donne e, nel 1972 lo lasciò, portandosi via la bambina. Lui la rimpianse per sempre ma non ci fu più niente da fare.
E’ del 1973 l’ultimo successo planetario e forse l’ultima volta che Elvis apparve in gran forma. Via satellite si calcola che un miliardo di persone abbia visto “Elvis – Aloha from Hawaii”
Negli ultimi tempi della sua vita ebbe un pessimo rapporto anche con il cibo. E’ evidente che cercava una compensazione alla paura, allo stress, alla stanchezza.Ma anche questo sintomo nessuno l’ha voluto capire o tenerne conto, fra manager, medici e servi sciocchi che gli giravano attorno.
Ma dei tempi buoni, quando era un ragazzo molto giovane e non aveva le angosce e le ansie che l’avrebbero distrutto ci è rimasto il ricordo dei suoi indimenticabili “Cheeseburger” che sono entrati a far parte del mito di Elvis, come simbolo di un ‘America in cui vivo è ancora il ricordo della frontiera e di quella musica country che accompagnava i semplici pasti dei pionieri e le carni arrostite sulla griglia…
CHEESEBURGER CLASSICO
PREPARAZIONE: salate e pepate i 4 hamburger prima di cuocerli.Preriscaldate la piastra liscia o la griglia, cuocete a fuoco alto per tre minuti su ciascun lato sino alla formazione della crosta. Ponete una fetta di formaggio sulla superficie di ciascun hamburger ancora caldo e lasciate fondere per qualche secondo. Mentre la carne cuoce tagliare in due ogni bun e tostare sulla piastra la parte interna per circa 1 minuto. Mettete la foglia di insalata sulla metà di ciascun bun (naturalmente non sulla parte ricoperta dai semi di sesamo), poi la carne con il formaggio aderente ad essa, aggiungete la salsa e poi sopra fette di pomodoro, anelli di cipolla e cetriolini.Ricoprite con l’altra fetta di bun… e buon appetito. E’ un piatto tutto affidato alla qualità della carne e alla freschezza del pane e delle verdure: Se gli ingredienti sono validi si tratta di un cibo sano, saporito e veloce da preparare!