di Antonio Parisi
Tante sono state le piste evidenziatesi nel corso del tempo. Tutte hanno la curiosa caratteristica di essere contraddittorie tra di loro pur presentando ognuna elementi di accertata veridicità. E’ come se una mano luciferina abbia spezzettato con sapiente abilità la verità sulla scomparsa di Emanuela in un puzzle di altre storie e vicende che mal si incastrano tra di loro pur contenendo briciole di verosimiglianza.
All’inizio la scomparsa fu vista quale frutto di un ricatto internazionale operato ai danni del Vaticano da parte dal gruppo terroristico turco dei Lupi Grigi. Secondo questa tesi i Lupi Grigi volevano ottenere, come in effetti fu ottenuta dopo alcuni anni, la liberazione dell’attentatore a Giovanni Paolo II, Mehmet Ali Agca, loro adepto, che era stato, dopo la cattura in Piazza San Pietro, imprigionato e condannato in Italia.
Gli sviluppi della così detta pista internazionale vedrebbero il rapimento Orlandi in relazione persino con il duplice omicidio del comandante delle Guardie Svizzere colonnello Alois Estermann e di sua moglie Glady Moza attuato, secondo una vulgata che fa acqua da tutte le parti, dal caporale Cèdric Tornay che ucciso il suo superiore a la moglie di questi si sarebbe a sua volta tolta la vita con un colpo di pistola sparato in bocca. In realtà si sarebbe trattato di una messa in scena intesa ad incolpare del duplice omicidio l’innocente caporale a sua volta assassinato senza pietà da mani ignote.
Secondo alcuni il colonnello Estermann, all’epoca della sparizione di Emanuela non ancora alto ufficiale, potrebbe essere stato coinvolto nell’ affaire Orlandi fungendo persino da basista del rapimento con il ruolo di spiare in Vaticano i movimenti della ragazza.
Nei mesi successivi alla sparizione si evidenziò una pista che indicava Emanuela in Aldo Adige. Anche questa si rivelò fallace, ma proprio in questi ultimi mesi riviste le carte Pietro Orlandi è convinto che forse quella traccia poteva essere giusta: solo ora ci si è accorti di come ,la testimone che affermava di aver visto Emanuela, avesse precisato che la giovane da lei individuata come la giovane scomparsa avesse un girocollo fatto con due striscioline intrecciate con i colori della squadra di calcio della Roma. Il particolare a cui all’epoca nessuno diede importanza e che avrebbe conferito maggiore forza alla testimonianza.
Una delle persone all’epoca inquisite a seguito dell’avvistamento si è scoperto solo ora che apparteneva ai servizi segreti italiani ed era in servizio in Germania, luogo dove avevano operato i sedicenti terroristi turchi che si erano attribuiti la paternità del rapimento.
Anche la testimonianza della Minardi, convinta a parlare da Sergio bravo poliziotto della squadra mobile di Roma che in gioventù fu amico del cuore della donna, contiene una miriade di particolari verosimili e verificati ma anche tante imprecisioni e contraddizioni macroscopiche che tolgono robustezza giuridica alle sue dichiarazioni. Secondo la Minardi, Emanuela sarebbe stata rapita, su richiesta del defunto Monsignor Paul Marcinkus, presidente della banca vaticana IOR -Istituto per le Opere di Religione.
La Minardi si è autoaccusata di aver avuto parte attiva in diverse fasi del rapimento e della successiva detenzione della giovane cittadina Vaticana. Pietro Orlandi non sembra però credere a questa versione dei fatti. In alcune sue dichiarazioni difende Marcinkus. In realtà è probabile che i criminali della Magliana avessero interesse ad imbastire un ricatto ai danni del Vaticano perché lo IOR, dove De Pedis aveva versato decine e decine di miliardi proventi delle sue attività criminali, sembra non volesse restituire i depositi. Minardi in proposito ha testimoniato che i soldi, quasi quotidianamente,raccolti, in un appartamento situato vicino Via Gregorio VII e posto a pochi metri da una sede del Banco Ambrosiano, venivano impacchetti e pressati in delle valigie trascinate successivamente all’Ambrosiano che, grazie ad un accordo con lo Ior, provvedeva poi a trasferirli direttamente alla banca Vaticana senza che di ciò restasse traccia.
La basilica era retta all’epoca da Monsignor Pietro Vergari, assistente spirituale dei detenuti di Regina Coeli. Qui il monsignore, durante le visite ai carcerati, aveva fatto conoscenza di De Pedis ivi “alloggiatovi” in ragione di alcuni processi penali a suon carico. I due si legarono a tal punto che De Pedis volle sposarsi in Santa Apollinare ed esprimere il desiderio in caso di morte di esservi seppellito. In effetti grazie ad una dichiarazione di Vergari e ad un sostanzioso versamento alle casse del Cardinale Poletti, vicario di Roma, in men che non si dica De Pedis fu deposto in una cripta della Basilica.
Ma fu solo questo il merito di De Pedis oppure c’era qualcosa di altro sotto? In questi giorni è circolata una storiella che ha del fantascientifico: la benevolenza di Monsignor Vergari verso De Pedis poteva dipendere dal fatto che il boss fosse addirittura figlio del Cardinale Poletti.
Il cadavere di De Pedis era situato, come un faraone, in una tripla bara. La prima di rame è persino munita di un oblo a tenuta stagna, per eventualmente ispezionarne il cadavere. Cadavere che è risultato molto ben conservato, tanto da prenderci le impronte digitali. In verità in una cripta adiacente sono state ritrovati, sistemati in 400 cassettine, i resti di cadaveri risalenti all’epoca pre-napoleonica quando, non essendoci i cimiteri, si usava seppellire i propri cari nelle chiese. Qualcosa ha però insospettito la scientifica che sta sottoponendo a particolari esami alcuni frammenti ossei che non sembrano essere vecchi di 200 anni bensì di una trentina di anni. Un’epoca compatibile con la sparizione di Emanuela e di Mirella.
Bisognerà attendere qualche settimana , poi la scientifica consegnerà alla Procura della Repubblica i risultati. Intanto questi ritrovamenti hanno fatto ricordare che qualche tempo fa giunse una lettera anonima alla famiglia Orlandi, consegnata poi agli inquirenti.
Secondo lo sconosciuto scrivano Emanuela, uscita dalla scuola di musica, posta nello stesso complesso di palazzi extraterritoriali della Basilica, sarebbe stata invitata da qualcuno ad entrare in Chiesa, qui sarebbe avvenuto il rapimento. A notte inoltrata De Pedis autore del rapimento si sarebbe fatto raggiungere da un BMW che accostatasi con il bagagliaio aperto all’ingresso della Basilica, sarebbe servita per deporvi il corpo della ragazza e trasportarla al cimitero di Prima Porta dove, sempre di notte, sarebbe stata tumulata facendone, per sempre, fatto perdere le tracce.
Secondo l’anonimo estensore della lettera mentre il corpo veniva adagiato nel portabagagli, un sacerdote si raccomandava con De Pedis di seppellire il corpo in terra consacrata. Non si può sapere quanta veridicità possa avere questa versione dei fatti certo è che Pietro Orlandi sostiene che la sorella mai sarebbe salita volontariamente su una BMW anche se guidata da un conoscente ma forse se qualcuno le avesse chiesto di entrare nella adiacente chiesa con una scusa Emanuela avrebbe potuto acconsentire. Qui sarebbe scattata la trappola!
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