(Torino, piazza Carignano, 23 giugno 2014)
Cari amici,
vi ringrazio molto della vostra partecipazione a questa iniziativa che vuole ricordare a tutti la gravissima situazione in cui versano oggi tanti fedeli cristiani soggetti a forme di violenza che giungono anche a togliere loro la vita a motivo della loro fede. La nostra solidarietà verso di loro solleva un problema che non è certo nuovo nella storia dei popoli, perché la persecuzione contro chi professa una religione o un credo diversi dai propri ha segnato la vita di tante persone, ma è oggi un dato di fatto che i fedeli cristiani, presenti un po’ ovunque nel mondo, risultano quelli più soggetti a questo tipo di violenza omicida e ingiusta.
La libertà religiosa è un diritto inalienabile e universale proprio di ogni persona, che decide liberamente di professare una qualsiasi fede seguendo la propria coscienza, ed è sancito in tutte le carte internazionali dei diritti dell’uomo. Quando anche solo una persona non può godere di questo diritto e viene ostacolata e addirittura uccisa se lo esercita, tutti gli uomini e donne di buona volontà e di ogni religione, credenti e non, sono chiamati ad alzare la voce per prendere le sue difese. A tutti tocca operare concretamente perché si possa riconoscere a ciascuno il proprio diritto e le concrete possibilità di operare con serenità e libertà le proprie scelte, sia privatamente e sia pubblicamente, secondo quei principi etici che discendono dalla verità trovata nella propria religione o nella propria coscienza. Ne va infatti della dignità e della libertà di tutti e niente e nessuno può e deve ostacolare una delle conquiste più importanti della civiltà di un popolo e dell’umanità intera, il diritto dei diritti, in quanto ad esso sono strettamente collegati tanti altri che riguardano l’esistenza personale e la collettività. La democrazia vive di tale diritto e rappresenta l’ambiente più idoneo a riconoscerlo e a garantirne l’esercizio concreto; e lo Stato trova in esso uno dei capisaldi della sua stessa legittimità. Le persecuzioni contro chi professa una fede diversa dalla propria feriscono inoltre la ragione, attentano alla pace e distruggono la dignità dell’uomo.
Non è sufficiente però recriminare e rivendicare diritti, ma occorre che, a partire dall’educazione delle nuove generazioni nelle famiglie, nella scuola, nelle comunità religiose e civili, si promuova il rispetto di ogni persona diversa da sé, applicando quella regola d’oro che in ogni religione, ma anche in ogni pensiero laico, è presente e proposta: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso. Regola minima, certo, perché non basta non fare il male, ma occorre fare il bene al proprio prossimo; non basta nemmeno fare il bene in senso individuale, ma occorre fare in modo che la società, le leggi, le norme e i costumi di vita promuovano, proteggano e applichino con rigore e fedeltà il principio della libertà religiosa. Questo è ciò si chiede in particolare a quanti credono in Dio, poiché tutti i credenti riconoscono che Dio è uno e vuole il bene delle sue creature, è misericordioso e grande nell’amore anche verso chi sbaglia ed è peccatore, e accoglie tutti senza discriminazioni di sorta, ma a tutti dà la grazia di seguire, mediante la propria coscienza, il bene e di rifuggire il male, fonte sempre di ulteriore male e violenza.
Negli incontri che, a cominciare da San Giovanni Paolo II e poi con Benedetto XVI e ora con Papa Francesco si sono svolti ad Assisi, insieme ai rappresentanti delle religioni del mondo, si è sempre pregato per impetrare da Dio questa comunione e pace tra i credenti e i non credenti e per tutti i popoli della terra, le famiglie e le persone. Anche qui a Torino, dove convivono pacificamente tante comunità religiose e civili, non mancano segnali a volte preoccupanti di intolleranza e di rifiuto delle persone che seguono culture, religioni o usi e costumi diversi dai propri. È dunque importante che, mentre richiamiamo con forza questa sera il diritto alla libertà religiosa nei confronti dei cristiani, in tante parti del mondo dove non esiste o è palesemente combattuto da movimenti estremisti e fondamentalisti, riflettiamo anche su di noi e lavoriamo insieme per far sì che la nostra città sia una casa conviviale e rispettosa di ogni realtà e persona che qui intende abitare, lavorare ed esprimere, anche pubblicamente con la propria religione o cultura, ciò in cui crede.
Voglia San Giovanni Battista, martire proprio a ragione della sua fede e della legge di Dio ad essa connessa, spronarci a non cedere mai alle violenze e al rifiuto verso nessuno, ma a trovare sempre vie di pacificazione e di dialogo sereno e positivo per valorizzare l’apporto di tutti al bene comune e alla promozione umana e sociale di ciascun cittadino.
+ Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino