Magazine Diario personale

Emilia...

Da Oliviabluebell
Non era mia intenzione scrivere qualcosa sul terremoto. Si sta già dicendo tutto ciò che deve essere detto e anche quello su cui sarebbe meglio non speculare adesso, ma solo dopo.Volevo tenere i pensieri per me, per rivolgerli silenziosamente a tutte le persone che non hanno più nulla, a tutti coloro che in meno di un minuto hanno visto la propria vita andare letteralmente in frantumi, a chi, questo terremoto, ha svuotato l'anima e l'ha riempita di paura e terrore, a chi non riesce più a dormire tranquillamente, a chi non ha più niente. E sono stata male. E mi sono arrabbiata perchè io quelle scosse a Milano non le ho mica sentite e non posso nemmeno dire di aver provato anch'io un briciolo di smarrimento, per sentirmi più vicina a loro. Nonostante avrei provato le stesse cose se il terremoto fosse successo in qualsiasi altra regione, stavolta è diverso.Io, che da piccola, imparai a conoscere quei luoghi della bassa padana con Don Camillo e Peppone e da lì iniziò questa storia d'amore.Perchè anche se non ho un briciolo di sangue emiliano io lì mi sento a casa.Perchè sono anni che i miei amici mi prendono in giro quando parlo con l'accento bolognese che mi riesce bene e di questa cosa, lo dico a bassavoce, ne vado fiera.Perchè amo la gente emiliana e anche i romagnoli. Amo il loro sorriso e la loro bontà. La loro forza e la loro dolcezza. La loro ilarità e la loro compostezza. La loro tenacia e la voglia di non arrendersi mai. Il sorriso genuino che mi fanno spuntare tutte le volte che li sento parlare e tutte le volte che, in autostrada, vedo quel cartello "Emilia-Romagna".Purtroppo non posso ricostruire le case che sono state distrutte, non posso riportare in vita chi non c'è più ma voglio comunque fare qualcosa, far conoscere a tutti  i motivi per cui io sono tanto fiera di loro.Stamattina ho letto questo articolo, mi sono commossa a tal punto da pensare che sarebbe stato bello condividerlo qui perchè penso che sia il modo più bello per descrivere cosa veramente sta succedendo.
La vita, nonostante.Ci stanno impartendo una lezione di vita. Non solo di sopravvivenza. Di vita. Questi sfollati che si spaventano ma non vogliono dare soddisfazione alla paura. Che piangono senza piangersi addosso. E che ricominciano a vivere, nonostante.Nonostante sia un cumulo di macerie, il supermercato di Mirandola funziona ancora: a cielo aperto. Hanno portato per strada le merci, i carrelli e naturalmente la cassa. Bisogna pur nutrirsi, coprirsi, curarsi. I verbi primordiali del vivere continuano a essere declinati al presente e al futuro, nonostante.Amare, per esempio. Alice e Davide hanno confermato le nozze, nonostante la chiesa abbia perso un po' di mattoni e il ricevimento sia stato dirottato fra le tende. Per la luna di miele si vedrà. Intanto c'è il miele, appena arrivato con il latte e i biscotti da Reggio Emilia sopra un Tir. E c'è la luna, che splende in un cielo di promesse e trema molto meno della terra.La gastronomia di Medolla sforna gnocchi fritti, nonostante. Nonostante la gastronomia sia diventata una cucina da campo in mezzo alla piazza del municipio. Potrebbe accontentarsi di fare panini e invece preferisce esagerare.E la merciaia? Ha pianto tanto e dormito in automobile con il marito più anziano di lei. Ma ieri ha riaperto bottega perché le donne del terremoto sono scappate di casa senza ricambi e si mettono in coda sotto il sole per fare incetta di mutande e reggiseno, nonostante.La regina del marketing è la fruttivendola biologica che alle ciliegie sopravvissute alla scossa impone il cartello «duroni della rinascita», trasformandole nel frutto della riscossa. Intorno a lei scene di gentilezza e onestà che altrove sarebbero straordinarie, ma non qui, nonostante. Un cliente vuole un chilo di mele però non può pagarle perché il bancomat ha esaurito i soldi. La fruttivendola: «Le prenda lo stesso, pagherà domani». E lui: «Ci mancherebbe, vado a cercare un altro bancomat».Poi ci sono i bambini che giocano, nonostante. E le loro mamme che cercano di trasformare il terremoto in uno spettacolo d'arte varia. Al piccolo che dopo una scossa di assestamento frignava, la mamma ha spiegato: «Adesso ti insegno un nuovo gioco. Il gioco del salterello». Il bimbo ha smesso di piangere. «Che gioco è?» «Funziona così: io canto una filastrocca e ogni volta che mi fermo, tu salti». La mamma si fermava ogni volta che c'era una scossa. Così le scosse sono diventate una parte del gioco e il bambino si è riempito talmente di gioia che non ha trovato più posto per la paura. E ha continuato a saltare, nonostante.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :