Fondazione Carichieti – Palazzo de’ Mayo – Emilio Greco 1956 – Villa Massimo
EMILIO GRECO Palazzo de’ Mayo. Fondazione Carichieti, per il centenario della nascita di Emilio Greco (Catania 1913 – Roma 1995), espone a Palazzo de’ Mayo a Chieti la grande mostra di sculture e disegni Emilio Greco La vitalità della scultura, a cura di Gabriele Simongini - in cooperazione con gli Archivi Emilio Greco di Roma e con l’Opera del Duomo di Orvieto. L’expo - inaugurazione sabato 29 giugno ore 18.30 - avvalora quasi quarant’anni - dal 1947 al 1983 - di continua e prolifica attività creativa. L’ evento è parte di una serie di importanti mostre che, sotto l’egida del Comitato per il centenario della nascita di Emilio Greco, omaggeranno l’artista anche ad Orvieto (dal 22 giugno, nel Museo Emilio Greco), Roma (Museo di Roma in Palazzo Braschi) e Londra (Estorick Collection of Modern Italian Art).
Emilio Greco, Figura dormiente 1951 terracotta A Greco Roma
La mostra è focalizzata sul tema del corpo nell’opera di Greco. Sedici le sculture di Emilio Greco fra bronzi, terrecotte, gessi e cementi, oltre ad un gruppo di 26 disegni di soggetto sportivo che provengono dagli Archivi Greco di Roma, dal Museo Emilio Greco di Orvieto e da collezioni private.
Emilio Greco è uno dei maggiori scultori italiani del secondo ‘900, come ha sancito anche il Gran premio per la scultura alla Biennale di Venezia del 1956. La sua fama è internazionale e le sue opere sono, tra l’altro, conservate nei più prestigiosi musei di tutto il mondo, dalla Tate Gallery di Londra all’Ermitage di San Pietroburgo, dal Museo Puskin di Mosca all’Open-Air Museum di Hakone, dai Musei Vaticani alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, solo per citarne alcuni. Fra lavori più celebri di Emilio Greco è sufficiente ricordare le Porte della Cattedrale di Orvieto, il monumento a Papa Giovanni XXIII in San Pietro, il monumento a Pinocchio di Collodi.
Nel contesto di una ricerca essenzialmente figurativa Emilio Greco ha saputo rinnovare costantemente la forma plastica per raggiungere una pienezza e totalità di vita (evidente ad esempio nelle sensuali figure femminili) che costituisce, forse, la sua qualità essenziale. Il grande scultore catanese ha così conquistato una cifra totalmente personale muovendosi liberamente ed originalmente fra un ampio panorama di riferimenti: la scultura etrusca, la ritrattistica romana, il manierismo (il Giambologna, ad esempio), il barocco, le ricerche di Arturo Martini, Marino Marini, ma anche di Moore e Pevsner. Dall’opera scultorea di Emilio Greco promanano una profonda carica di umanità, una misura classica e una dolce sensualità, nonché una vena malinconica, che rivelano un’attitudine lirica confermata anche dalla sua vocazione di poeta, sia pur umile ed appartato a cospetto della sua attività maggiore.
Palazzo de’ Mayo Chieti – Emilio Greco, Grande figura accoccolata n 2
Il catalogo, edito da Allemandi, conterrà le riproduzioni delle opere di Emilio Greco esposte a Chieti, i saggi di Gabriele Simongini ed Elisabetta Cristallini ed un ricordo di Antonella Greco (figlia dell’artista), oltre ad una sezione relativa alla mostra di Orvieto incentrata sull’arte sacra del Maestro e curata da Alessandra Cannistrà (curatore del Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto) con un saggio di Francesco Buranelli.
Durante la mostra sarà proiettato il documentario realizzato da Franco Simongini per la Rai e dedicato ad Emilio Greco.
Emilio Greco, Il cantante 1947 terracotta coll De Luca Roma
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EMILIO GRECO
Archivi Emilio Greco http://www.archiviemiliogreco.com
Emilio Greco
Emilio Greco nasce a Catania l’11 ottobre 1913 (“…Sono nato a Catania in una casa posta sotto il livello stradale, eravamo in otto tra i genitori, i figli e una vecchia sorella di mio padre…”).
Già in età scolare dimostra la sua passione per l’arte: di nascosto, scoraggiato da suo padre che lo vorrebbe avviare a una professione più redditizia, riempie quaderni di disegni.
Saranno tuttavia le modeste condizioni della famiglia a spingerlo verso la scultura. “…A tredici anni in seguito a una malattia di mio padre, dovetti lasciare la scuola, contento di entrare a lavorare nella bottega di uno scultore di monumenti funerari. Imparai rapidamente a sbozzare il marmo e la sera mi fermavo fino a tarda ora a modellare nella creta frammenti di opere classiche.”
Nel 1933, a vent’anni espone per la prima volta nel Circolo Artistico di Catania opere di grafica e, successivamente, nel ridotto del Teatro Massimo di Palermo alcuni disegni, poi acquistati dall’editore Priulla; compie anche il primo viaggio a Roma.
L’anno successivo sostiene da privatista gli esami di ammissione all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Si diploma nel 1934, dopo diciotto mesi di servizio militare.
L’anno dopo si installa in uno studio a San Giovanni Li Cuti, vicino al mare di Ognina, a pochi chilometri da Catania, dove realizza i primi ritratti, ma è anche richiamato alle armi in occasione della guerra in Etiopia.
Al 1936 risale la committenza del Marchese di San Giuliano per la realizzazione di un monumento ad Antonino di San Giuliano, suo nonno, celebre ministro degli esteri dell’epoca giolittiana, da collocarsi nella piazza del paese di Villasmundo. L’anno dopo (1937) si trasferisce con la famiglia in un villino liberty costruito sulla lava (sciara) nella via Daniele, con due grandi terrazze e una enorme pianta di gelsomino: un luogo del cuore, dove tornerà volentieri fino alla morte della madre.
Dal 1939 fino alla fine della guerra è chiamato più volte alle armi in Albania e in Sicilia.
Nell’ottobre del 1941 partecipa con un disegno e una scultura (Ritratto di Michi) alla “X Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale di Palermo”.
Congedato provvisoriamente nel 1942 per la morte in Cirenaica del fratello Nino, giovane violinista, l’anno dopo si trasferisce stabilmente a Roma, dove lavora come disegnatore presso lo spolettificio del Regio esercito, dove conosce la sua prima moglie, Fernanda De Andreis.
Nello stesso anno partecipa al Premio Verona con Il ritorno, un bassorilievo di terracotta.
Dal maggio al luglio del 1943, è presente alla “IV Quadriennale d’arte” nel Palazzo delle Esposizioni con due terrecotte: L’omino,1939 (Roma, GNAM) e un Ritratto, ma, rifiutatosi di raggiungere Firenze dopo l’8 settembre, è costretto a nascondersi per tutto il periodo dell’occupazione nazista della città, in una casa della Passeggiata di Ripetta e in un negozio di colori nella stessa zona.
Con l’arrivo degli alleati, entra come disegnatore alla Croce Rossa americana guadagnandosi da vivere per qualche tempo facendo ritratti per i soldati.
Emilio Greco, Marta 1965 gesso originale Archivi Emilio Greco Roma
Sposatosi con Fernanda nell’agosto del 1945, espone un disegno di nudo in ottobre nella mostra inaugurale della Galleria Il Cortile, in via dei Prefetti, una collettiva alla quale partecipano, tra gli altri, Guttuso, Mafai, Pirandello, Omiccioli e Consagra. Nella stessa galleria l’anno dopo espone alcuni ritratti, tra cui quello della Principessa Wolkonsky, presentato da un testo del critico Nicola Ciarletta. (“…La sua predilezione è per i ritratti. In ciò giocano varie nature. Una è la natura dello scultore, che ama i crani, questi universi maneggevoli.
L’altra del moralista attratto nella rete delle incoerenze psicologiche. Due vocazioni contrastanti: una che ama il tondo, l’altra che simpatizza con le angolosità; una che tende alla sfera, l’altra che è impaziente di tagliarla. I ritratti di Greco concludono le due esigenze: sono tutto tondo e sono dei profili taglienti…”).
Nel gennaio 1947 ottiene uno studio tra quelli dell’ex Accademia Germanica di Villa Massimo, sequestrati provvisoriamente al governo tedesco, assieme a Leoncillo, Guttuso, Mazzacurati, Rossi e Brunori, e dal 17 al 31 maggio espone alla Galleria del Secolo, in via Veneto 85 (ancora il Ritratto della principessa Wolkonsky) in una collettiva cui partecipano anche Mirko, Consagra, Guttuso, Afro, Scialoja e Turcato.
Nello stesso anno va per la prima volta a Parigi, con la gioventù comunista (Fronte della Gioventù) per due settimane, con l’amico Saro Mirabella. Al viaggio partecipano Monachesi, Perilli, Dorazio e Guerrini; vivono negli studi degli artisti francesi, mangiano alla mensa universitaria. Ritorna a Roma di malavoglia.
Per vivere dipinge anche stoffe per Myricae, un negozio di via Frattina, e realizza anche gioielli per Masenza, un negozio di via del Corso specializzato in gioielli di artisti contemporanei, ma finalmente dispone di uno spazio (a Villa Massimo) dove lavorare su sculture di grandi dimensioni. Nel 1948 prepara la mostra personale per la romana Galleria del Secolo; nel catalogo, con prefazione di Fortunato Bellonzi, spiccano le due grandi figure in cemento della Pattinatrice e del Lottatore. Le stesse statue saranno esposte da febbraio a marzo nella “III Mostra Nazionale d’Arte Ispirata allo Sport” (è l’anno delle Olimpiadi di Londra: le prime del dopoguerra), ospitata nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Da marzo a maggio, sempre nello spazio di Valle Giulia, si apre con il titolo “Rassegna nazionale di arti figurative” la prima edizione della Quadriennale.
Segretario generale è lo scultore Francesco Coccia, coadiuvato da una giuria in cui spiccano i nomi di Casorati, Fazzini, Guttuso e Mafai. Greco vi espone il gesso del Bove e Il Lottatore in cemento.
Sempre nel 1948 è presente con Il Lottatore alla mostra “Olimpiadi dell’Arte Ispirata allo Sport” alla Tate Gallery. In quell’anno vince anche il premio Saint-Vincent per la scultura.
Da dicembre a gennaio del 1949 espone in una collettiva alla Galleria Giosi, via del Babuino 70, (con Gentilini, Omiccioli, Pirandello, Purificato, Stradone, Ziveri).
Nello stesso anno, fino al 1952, è assistente dello scultore Quirino Ruggeri al liceo artistico di Roma.
Nel 1949 è invitato con due sculture (i bronzi Testa d’uomo e Il Cantante) alla mostra “Twentieth –Century Italian Art” curata da James Thrall Soby e Alfred H.Barr jr., nel Museum of Modern Art di New York;
partecipa inoltre al Festival di Edimburgo e pubblica alcune poesie su “La Fiera Letteraria” su invito del poeta Vincenzo Cardarelli. E’ invitato anche alla mostra “Artisti siciliani contemporanei” che si apre a Venezia, a cura della Fondazione Bevilacqua La Masa, curatori Guido Perocco, Umbro Apollonio e Rodolfo Pallucchini, dove espone il bronzo del Lottatore, e due terrecotte: Testa di fanciulla e Testa d’uomo. Vince anche il premio Città di Varese per la scultura.
Nel 1950 è invitato alla “XXIV biennale di Venezia”, dove espone una Figura in terracotta, secondo i ricordi dello scultore, (mentre in catalogo si parla di “bronzo”).
Da aprile a maggio è presente alla Biblioteca Sant’Orsola di Napoli con una personale, organizzata dal movimento olivettiano di “Comunità”. Vi espone 11 opere, tra le quali spiccano La ciclista in cemento, due Teste di donna e un Ritratto di terracotta.
Alla fine dell’anno partecipa anche alla grande mostra “Italienische Kunst” (suo è il disegno di copertina in catalogo) a Monaco di Baviera. Nel comitato organizzativo della mostra compaiono i nomi di Ragghianti, Argan e Rosai.
Emilio Greco, Pescatore 1947 terracotta ex Luccichenti Patrizia Salvetti Roma
Nello stesso periodo (dicembre 1950) si presenta per la prima volta a Milano con una personale alla Galleria Bergamini. Qui incontra Cassinari, Sassu, Migneco e rivede lo scultore Mario Negri, conosciuto mesi prima alla biennale. In quella occasione i galleristi Cardazzo e Barbaroux acquistano alcuni disegni.
Nel 1951, dicembre, è invitato alla Quadriennale con otto sculture (Figura dormiente; Testa virile; Sibilla; Nudo; Testa muliebre; Danzatrice; Ritratto muliebre; Figura seduta) e otto disegni.
In quell’epoca risale l’incontro con Leonardo Sciascia, amico fraterno di tutta la vita, in occasione di una lettura di poesie organizzata dal poeta Mario Dell’Arco. Nello stesso anno è invitato per la prima volta a Londra per una personale, nella galleria Roland Browse & Del Banco, i cui proprietari erano rimasti colpiti dalla statua del Lottatore alla Tate, anni prima.
Nella personale organizzata a Londra l’anno dopo (1952) nella stessa galleria, esporrà bronzi, terrecotte e il Bove di gesso. All’inaugurazione presenziano l’ambasciatore italiano a Londra, Brosio, il giornalista Ruggero Orlando, lo scrittore Filippo Donini e il musicista Goffredo Petrassi. Conosce in quell’occasione Sir John Rothenstein, storico direttore della Tate Gallery dagli anni Trenta agli anni Sessanta, che in seguito comprerà per il museo la Grande figura seduta e numerosi disegni.
In Italia partecipa con La Pattinatrice alla “VI Mostra dell’Art Club”, ospitata a Roma nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna, vince il Premio del Parlamento alla “IV Quadriennale” e diventa titolare della cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara (fino al 1955).
Nel 1953 Greco partecipa al concorso per il Monumento a Pinocchio, e vince con un bozzetto ideato durante un viaggio in treno da Roma a Carrara, schizzato sul retro di una busta.
Tra maggio e giugno si apre una personale a Firenze, nella galleria La Strozzina di Palazzo Strozzi, diretta da C. Ludovico Ragghianti, che lo presenta in catalogo. Espone 16 sculture (tra cui, Fiorella, 1949; Erika, 1952;
Testa d’uomo 1951; Pattinatrice 1947; Testa di fanciulla 1947; Bove 1948, Grande lottatore 1948, Testa Muliebre, 1951; Ritratto, 1952) e molti disegni. Nello stesso anno è presente a Bordeaux con una collettiva organizzata dalla Quadriennale e, a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, nella mostra “L’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia”.
Nel maggio del 1954 espone quindici sculture e dieci disegni nella galleria romana l’Obelisco, di Gaspero dal Corso e Irene Brin. Nella mostra compaiono nuove sculture: il Bozzetto del concorso per il monumento a Pinocchio, la grande Testa di Fata, il primo ritratto di Anna, la Triestina, la Danzatrice.
Dal 15 novembre espone per un mese i suoi disegni alla Rhode Island School of Design ed è presente in una mostra di scultura a Rotterdam.
Nel 1955 ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Napoli, dove insegnerà fino al 1967. Espone a Londra, a Venezia e St. Louis e lavora al Monumento a Pinocchio.
Il 1956 vede Greco vincitore del Gran Premio della Scultura alla “XXVIII Biennale di Venezia” dove espone la Bagnante n.1 che gli vale l’assegnazione del premio ( e l’acquisto da parte della Galleria Nazionale d’Arte Moderna) e inoltre, Fiorella, (terracotta), Figura seduta, e alcune teste. Ancora nel ’56 il Presidente della Repubblica inaugura a Collodi il Monumento a Pinocchio. Nello stesso anno vince il concorso per il Monumento a Camillo Olivetti, il fondatore della fabbrica e della dinastia, da realizzarsi ad Ivrea.
Nel 1957 espone al Museo de Arte Moderna di San Paolo in Brasile, a Dubrovnik e a New York in una collettiva: “Italy the new vision”. In maggio espone di nuovo a Roma nella galleria l’Obelisco (tra le altre opere: Grande bagnante n.3, una statua di quell’anno; Figura accovacciata; Partenope; Testa di donna). Morte della madre a Catania.
Del 1958 è la prima importante mostra pubblica personale a Palazzo Barberini, per l’Ente Premi Roma. In catalogo è presentato da Enzo Carli; espone le Grandi bagnanti, la grande Testa della Fata di Pinocchio e numerose altre terrecotte, bronzi e disegni.
Espone inoltre in una collettiva “Ten contemporary Italian Sculptors” a Houston Texas, al Museo di Pasadena nella mostra “The new Reinassance in Italy”, e all’Esposizione Universale di Bruxelles.
Il 1959 si apre con la personale alla Stadtische Galerie di Monaco di Baviera dove, accanto a statue di grande dimensione come la Bagnante n.1 e la Grande Bagnante n.2 espone anche dei bronzetti. In quell’occasione stringe dei legami di amicizia con lo storico dell’arte rinascimentale italiana Bernhard Degenhart, che aveva già conosciuto a Roma. Gli viene offerta la cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, che accetta per un anno, dietro insistenze di De Angelis D’Ossat, direttore generale del Ministero della Pubblica Istruzione. Ritorna anche a Londra con una personale alla Roland Browse & Delbanco, e una collettiva alla Tate Gallery, e a Venezia con una personale di grafica a Cà Pesaro. In quell’anno è ospite dell’Accademia Americana al Granicolo, in attesa che sia ultimato lo studio-abitazione di viale Cortina D’Ampezzo.
Cuoce le sue sculture nella storica fornace Annichiarico in via Santa Caterina, in Trastevere, utilizzata anche da Leoncillo, Melotti, Manzù e Mazzacurati.
Alla fine dell’anno espone cinque grandi nuove sculture (Grande Bagnante n.4; Pattinatrice; Chiara; Marisa Ciardiello; Grande bagnante n°3) nella rotonda del Palazzo delle Esposizioni alla VII Quadriennale. In catalogo è presentato da Enzo Carli.
Nel 1960 partecipa alla collettiva del Musèe Rodin a Parigi “Sculpture Italienne Contemporaine d’Arturo Martini à nos jours” e inaugura a Vienna, Kunstlerhaus, la mostra “Der Bildhauer Emilio Greco Plastik und Zeichnungen”. A Vienna Greco diventa amico di Oskar Kokoschka, conosciuto a Venezia nel 1948.
Tra il 1960 e il 1961, Greco lavora agli altorilievi per la chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio (Firenze), capolavoro dell’architetto pistoiese Giovanni Michelucci.
Riceve nello stesso anno la Medaglia d’oro del Presidente della Repubblica per i benemeriti della Cultura e dell’Arte.
Del 1961 è la mostra personale di Emilio Greco al Musée Rodin di Parigi, inaugurata da André Malreaux e la personale alla Fondazione Shirokjia di Tokio. Espone anche una scelta di opere a New York, nella galleria The Contemporaries inc., in Madison Avenue, presentato in catalogo da J.Hodin. Si dimette dall’Accademia di Monaco e, in estate insegna scultura nella Scuola del vedere di Salisburgo, fondata da Oskar Kokoschka.
E’ ancora a Parigi, Musèe d’Art Moderne, nel 1962 per l’“Exposition International du petit bronze”. Nello stesso anno riceve l’incarico di realizzare le porte del duomo d’Orvieto, alle quali lavora fino al 1964 e che saranno posizionate, dopo infinite polemiche, nell’agosto del 1970.
Nel 1963 presenta a Lisbona una mostra personale alla Fondaçao Calouste Goubelkian. Nello stesso anno Greco espone una selezione di opere a Roma nel Palazzo delle Esposizioni.
Alla fine del 1964 Mons.Giovanni Fallani, Presidente della Commissione d’Arte Sacra, incarica lo scultore di eseguire il Monumento a Papa Giovanni XXIII per la Basilica di San Pietro, che sarà inaugurato da Paolo VI il 29 giugno 1967.
Nel 1965 Emilio Greco partecipa alla “VI Biennale della grafica di Venezia”, e alla “IV Biennale Internazionale di scultura di Carrara”, e alla “XXIV Biennale Nazionale d’arte” a Milano. In febbraio torna a Catania con una mostra organizzata dal Dipartimento di Storia dell’arte dell’Università, presentato in catalogo da Ottavio Morisani.
Nella stessa occasione la Facoltà di Giurisprudenza gli compra una statua da collocarsi a Villa Cerami, nella storica via dei Crociferi.
Il 1966 si apre con due mostre australiane: alla National Gallery of Victoria e al “Festival of Arts” della National Gallery of South Australia. Nello stesso periodo il modello del Monumento a Papa Giovanni è approvato dalla commissione pontificia.
Nel 1967 Emilio Greco partecipa a Firenze, vulnerata dall’alluvione, alla mostra “Gli artisti per Firenze” a Palazzo Vecchio a cura della Galleria Internazionale d’Arte Contemporanea; partecipa alla “VII Biennale Nazionale d’Arte Sacra” itinerante a Milano, Bologna e Roma. In estate Emilio Greco è a Teheran, ma rifiuta l’incarico per un ritratto allo Scià.
Diventa invece amico di Giuseppe Tucci, viaggiatore e archeologo famoso, con il quale visita gli scavi di Persepolis.
In giugno, viene inaugurato il Monumento in San Pietro.
Nel 1968 riceve il primo premio della “VII Biennale dell’Incisione Italiana Contemporanea” a Venezia, il premio della Calcografia offerto dal Ministero della Pubblica Istruzione e quello offerto dalla società Promotrice di Torino alla “Quadriennale” (sezione maestri italiani).
Nel 1969, a Firenze, una doppia esposizione: alla Biennale Internazionale in Palazzo Strozzi e alla Galleria Pananti dove si espongono le donazioni di Greco alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Firenze e alla Pinacoteca Vaticana.
Si sposa con Anna Padovan. 1970 nasce il secondo figlio Alessandro, in maggio. In agosto si collocano le Porte del Duomo di Orvieto.
Alla fine del 1970 risale la grande mostra antologica di Emilio Greco a Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Le opere presenti a Ferrara verranno poi richieste per una mostra itinerante nei musei giapponesi promossa dal giornale Yomiuri Shinbun.
Nel 1971 è a Vienna con una personale e, ancora, nel Museo Rodin di Parigi in occasione della “IVème Exposition Internationale de Sculpture Contemporaine”. In estate, accompagnato dall’amico Akanekakubo, inizia il giro di mostre nei musei giapponesi, ad Osaka, Sendai, al Modern Fine Arts Museum di Kobe, e poi a Yamaguchi, Hiroshima, e Kyoto. (“…Alla Galleria d’Arte Moderna di Kyoto mi accolse una mia figura accoccolata…”, scrive Greco).
Ancora in Giappone, dopo la mostra di Tokyo alla Galleria d’Arte Moderna Mitsukoshi nel 1973, il 31 giugno 1974 inaugura un’esposizione permanente di 1.800 metri quadrati: il Greco Garden nell’Open Air Museum di Hakone.
Tra il 1977 e il 1979 Emilio Greco è presente con due mostre diverse a Innsbruck e a Jakarta, in Indonesia.
Tra l’estate del 1979 e l’inizio del 1980 è in Unione Sovietica; espone al Museo Puskin di Mosca e al Museo dell’Ermitage di Leningrado, dove il giorno seguente l’inaugurazione della mostra “…l’illustre prof. Piotrovski”, direttore del Museo, “…mi fece scegliere una delle sale per sistemare in permanenza il gruppo di opere donate”.
Risale al luglio del 1980, una grande antologica di Emilio Greco a palazzo Soliano di Orvieto, mentre per tutto il 1982 le sculture di Greco girano la Sicilia: nell’estate sono esposte al Palazzo Bellomo di Siracusa, in inverno nel federiciano Castello Ursino di Catania, quindi nel Teatro Massimo di Palermo.
Infine a Roma, dal luglio al settembre del 1983 si apre una grande antologica nel Castel Sant’Angelo.
Nel 1984 è in Toscana, in Val d’Orcia, con la mostra itinerante “I grandi Maestri e le nuove frontiere culturali”.
Due anni dopo è invitato formalmente dall’Opera del Duomo di Metz, per realizzare la porta bronzea. In incognito, Greco si reca a Metz per studiare il Duomo e realizzare alcuni schizzi preparatori, ma poi rinuncia all’incarico troppo gravoso in quel momento per le sue condizioni di salute.
Del 1987 è la mostra ” Emilio Greco Sculture 1948-’79″ a Torino, Palazzo Nervi, e la mostra ” Ein Rundgang durch die Sammlung-Emilio Greco” nella Staatsgalerie Moderner di Monaco.
Nel 1988 Padova e L’Aquila, ospitano la mostra intitolata “Omaggio a Emilio Greco”, in Giappone si apre una mostra itinerante e l’anno si chiude con la grande mostra di disegni intitolati allo sport, a Firenze, Palazzo Pitti.
Nel 1990 Emilio Greco è presente al Festival dei Due Mondi di Spoleto nella collettiva “Il corpo in corpo-schede per la scultura italiana 1920/’40″ curata da Bruno Mantura.
Nel giugno del 1991 si inaugura, nel basamento di Palazzo Soliano splendidamente allestito da Giulio savio, il Museo Emilio Greco di Orvieto, ponendo fine a più di un decennio di continue mostre itineranti, in Italia e all’estero.
Il Museo raccoglie le opere principali di Emilio Greco: ventisei sculture dal 1947 al 1983, sessanta disegni dal 1946 al 1991, medaglie e bassorilievi.
Dal luglio del 1992 anche il Museo Nazionale d’Abruzzo de L’Aquila ospita una sala dedicatagli con sculture in bronzo e terracotta.
Così a Sabaudia (dove lo scultore passava lunghi periodi) ha sede il “Museo Greco” una gipsoteca ricca di opere grafiche.
Nel 1994 il Comune di Catania gli chiede una raccolta di opere, da ospitare nella sede che fronteggia il Museo Bellini.
Quella del dicembre del ‘94 per l’inaugurazione del Museo della Grafica, è l’ultima visita che lo scultore compie nella sua città natale.
Morirà a Roma il 4 Aprile del 1995.
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EMILIO GRECO
Antologia Critica
Gaspare Del Fiore
«C’è da parte dell’Artista la traduzione plastica e grafica, che diventa di nuovo plastica attraverso il chiaroscuro, di un dato eterno della cultura e della vita dell’uomo: l’essenza della bellezza, che non può che risiedere nella figura della donna. Un’essenza che nasce senza dubbio dalla “sensualità immaginativa” di Greco, connaturata al temperamento siciliano e che si sviluppa nella ricerca di una misura. […] Riconoscere alla base dei suoi disegni, della forma […] i ricordi e le immagini che Greco si porta dall’infanzia.
[…] La ricerca della sintesi, la voglia di “asciugare” la forma fino all’essenziale, quasi all’astratto, per scoprirne e possederne il segreto, significa cercare il segreto della materia e dell’armonia del corpo.»
Leonardo Sciascia
«Mai nessun discorso è possibile su un’artista o uno scrittore siciliano, se non partendo dalla Sicilia […] “la fusione e compenetrazione delle diverse culture, il carattere stratificato e incrociato della sua civiltà” fanno della Sicilia un tale nono di contraddizioni che a districarlo si è già sul più arduo “banco di prova di una esperienza universalizzatrice”.
[…] E in Greco sarà sempre vivo questo senso della scultura come forma in cui la vita per un momento e per sempre si è fermata: con malinconia e pena, a volte; come consolazione e compenso alla vita che fugge.
[…] diciamo che in Greco, pur cos’ saldamente legato alle forme che si appoggiano, la tentazione barocca, la componente anzi, è da tenere in conto.
Il primato della scultura italiana oggi, da Martini a Perez risiede nel fatto che dal punto morto (o mortale) cui questa arte era arrivata, gli italiani hanno saputo operare un collegamento vitale con l’antico. Questo collegamento Greco l’ha operato, per sua parte, attraverso una visione del mondo essenzialmente erotica, di armonia erotica. Sorgente di quest’armonia è, naturalmente, il corpo della donna; e da lei si irradia in tutte le cose: forma, ritmo, misura del mondo».
«Costantemente fiducioso nell’umana continuità della scultura, di quest’arte in cui ormai tanti si esprimono come in una lingua morta: vuota e risonante di raccapriccianti rifrazioni. Greco parla invece la lingua viva della scultura: ne inventa un ritmo, un’energia e, al tempo stesso, una grazia crepuscolare.[…] Irregolarità e asimmetrie creano nei volti non sai che assorta malinconia: come una dolcissima attesa, un musicale rapimento».
Fortunato Bellonzi
«Sculture che costituiscono, inoltre, una lezione di autentica geometria lirica. […] Ricordate il passo famoso del Filebo? Sono parole di Socrate sui piaceri veri, i quali consistono, com’egli afferma, per lo più bei colori, in figure, in odori e in suoni. […] Io per bellezza delle figure non intendo quella che i più supporterebbero: cioè bellezza di viventi o di pitture; ma, conforme le esigenze della ragione, bellezza di rette e di circoli e di figure che ne son composte, quali son tracciate con torni, e piane e solide, o sfilate con squadre ed angoli; perché di queste dico che non sono belle a riguardo di qualche cosa, come altre, ma belle in sé, per natura, e datrici di piaceri propri, […] Appunto le statue di Emilio Greco rispondono a un tal canone di bellezza con la loro geometria apertamente denunciata e ad un tempo scaltritamente coperta. Ivi i corpi sono idealizzati in una armonia di solidi geometrici datori di diletti socraticamente veri e nondimeno sono persuasive membra umane, anzi specchio di un carattere e di un’anima».
Ugo Moretti
«Riallaccio volentieri Greco ai purissimi interpreti della forma dell’età aurea ellenica, senza per questo diminuire il suo schietto sapore di moderno, il suo valore di evoluto sintetizzatore che, attraverso una lunga elaborazione dei principi plastici tradizionali ed una visione naturalistica priva di compiacenze sensitive, riesce a darci opere validissime oggi come domani e sempre.
L’ordine platonico, la precisione delle sue sculture, di cui non si perde la traccia neppure nelle più drammatiche composizioni, pongono l’arte di Greco su un piano di armonia superiore, di autentica classicità. Tra i pochissimi artisti moderni che si rendono conto che l’opera deve essere finita e risolta in ogni suo minimo particolar espressivo, che non lasciano all’abbozzo o al volazzo estroso la funzione del facile effetto […]. La scultura statica non vale per Greco neppure come momento di impostazione- Rendere mobile l’immobile formale, ecco il problema di Greco, risolto oggi con l’esito più felice. Le sue statue respirano, vibrano».
Carlo Ludovico Ragghianti
«Greco ha assimilato dalle esperienze della “forma pura” quanto gli era necessario all’espansione della sua personalità, ma serbandosi pienamente indipendente nella sua ricerca e nella sua attuazione, e serbando anche, anzi coltivando tutto ciò che gli derivava dalle sue origini e dalla sua propensione spontanea per alcune zone dell’arte antica. La situazione della cultura artistica in Italia, e i fortunati precedenti da Martini a Marini e a Manzù, gli hanno consentito questo esprimersi con libertà congeniale».
Enzo Carli
«La scultura di Greco è fatta di schietti e saldi volumi, di una integrità e di una purezza che sfiorano l’astrazione, i quali si articolano vivacemente nello spazio, lo penetrano e quasi lo aggrediscono nelle più imprevedibili direzioni e dimensioni; ma le architetture che ne risultano non sono mai arbitrarie, né tantomeno si stilizzano in eleganti sigle decorative ché anzi sono aspre e pungenti e ricche di dissonanze che – per proseguire l’immagine musicale – “risolvono” nei toni più lontani, più magicamente suggestivi».
Giorgio Kaisserlian
«La bellezza delle forme affusolate del corpo femminile culmina nell’opera di Greco in un vuso dai tratti delicati e sensibili, ma chiuso e deciso. Non si può chiedere ad una simile figura degli abbandoni sentimentali. […] Questi personaggi di Greco ci appaiono come delle “figura d’azione” che sembrano destare e stimolare attorno ad essi simili azioni».
Luigi Carluccio
«I suoi busti, i soavissimi nudi, i ritratti femminili sempre un poco sognanti ed enigmatici, e tuttavia sempre nitidamente ed organicamente inscritti in una sfera di certezze sensibili, non hanno nulla in comune con l’archetipo della figura muliebre nell’arte contemporanea stabilita dalle Demoiselles d’Avignon e dalla loro vasta parentela.
Emilio Greco è siciliano, di Catania: un mediterraneo, come Picasso. Ma la luce mediterranea e l’intelligenza delle forme che essa eccita non agiscono sulla visione di Greco nel senso di disarticolare ironicamente o addirittura distruggere la presenza delle cose e il loro volume, ma al contrario nel senso di modellare seguendo il loro sviluppo tondo e continuo».
Atsuo Imaizumi
«Il suo stie può essere considerato quasi una rinascita della tradizione dell’antica arte mediterranea nell’ambito della sensibilità moderna.
Nella sua arte la trasparente sensualità e la serenità della forma danno vita a un’altra spiritualità.
Il movimento della figura di donna […] svela una sensibilità e un pathos rari nella scultura di tutti i tempi».
Angelo Dragone
«Si potrà persino dissertare sulla resa della sua plastica paragonandola allo “stiacciato” donatelliano, tanto è sensibilmente mossa, forte e delicata insieme».
Pier Carlo Santini
«Sarà opportuno precisare subito che non solo nella loro intrinseca qualità i disegni valgono le sculture, ma che sarebbe erroneo volerlo leggere ed intendere come studi o preparazioni (o magari derivazioni) di quelle. […] Nessuna intenzionalità strumentale fa dunque recedere i disegni di Greco al ruolo di prove o testimonianze del formarsi dell’immagine scultorea, interessanti sì, ma in qualche modo provvisorie e in definitiva superate ogni volta dalle redazioni “finali”. Ché anzi la piena autonomia inventiva e poetica della grafica di Greco assicur un indubbio guadagno a chi la consideri con particolare attenzione».
C.Pirovano (a cura di), Emilio Greco, Rocca di Ravaldino 9 luglio-21 settembre 1997, Forlì, Il Vicolo, Divisione Libri 1997
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Mostra promossa e organizzata da Fondazione Carichieti
Emilio Greco La vitalità della scultura
Palazzo de’ Mayo Chieti
A cura di: Gabriele Simongini
In collaborazione con: Archivi Emilio Greco di Roma - Opera del Duomo di Orvieto
Sede espositiva: Palazzo de’ Mayo, S.E.T. Spazio Esposizioni Temporanee, Corso Marrucino 121, Chieti
Conferenza stampa e preview: sabato 29 giugno 2013 ore 11.30
Data inaugurazione: sabato 29 giugno ore 18.30
Periodo di apertura al pubblico: 29 giugno – 29 settembre 2013
Ingresso gratuito
Orario: martedì – domenica 19 – 23 . Il museo resterà aperto anche a Ferragosto con orario 19 – 23 – Lunedì chiuso – Visite guidate gratuite previa prenotazione telefonica anticipata
Informazioni per il pubblico: Tel: +39- 0871-359801 Fax: +39-0871-347606 - E-mail: [email protected] - Sito: www.fondazionecarichieti.it
Casa editrice: Umberto Allemandi & C. S.p.a.
Agenzia di Comunicazione e ufficio stampa: Culturalia di Norma Waltmann Agenzia di comunicazione, Bologna – Vicolo Bolognetti 11 - tel : +39-051-6569105 – fax: +39-051-2914955, mob: +39-392-2527126 – email: [email protected] – web: www.culturaliart.com
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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia l’Ufficio Stampa Culturalia di Norma Waltmann Agenzia di comunicazione per le notizie e le immagini della mostra Emilio Greco La vitalità della scultura a CHIETI, Palazzo de’ Mayo, presentata da Fondazione Carichieti.
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