La fine del legame coniugale ha molte valenze affettive: dopo un periodo di silenzi, di oscillazione tra momenti di aggressività e di riappacificazione, il conflitto diventa cronico e si giunge al “punto di non ritorno coniugale”.
La storia d’amore è giunta al termine e si ha la certezza che l’unione matrimoniale comporta più svantaggi che vantaggi. Con la separazione coniugale si apre una profonda ferita narcisistica per il fallimento del progetto di vita condiviso e ha inizio un periodo di cambiamenti inasprito da uno scombussolamento emotivo, da una situazione di paura e di grande carica aggressiva, modalità di difesa attivate per arginare paure più profonde, che accompagnano i momenti dell’abbandono, del ritrovarsi da soli e del mancato riconoscimento della propria nuova identità.
L’atteggiamento di due persone che si stanno separando non è quasi mai sincrono né nelle fasi né rispetto alle emozioni: i differenti stadi emotivi incideranno così sull’evoluzione della separazione.
Al divorzio emotivo segue quello legale, caratterizzato dall’ufficializzazione della decisione di separarsi e dalla presa di contatto con un avvocato per determinare le questioni patrimoniali e l’affidamento dei minori. L’impatto col sistema giudiziario, nei casi patologici, viene percepito secondo una logica accusatoria e sanzionatoria e viene vissuto in modo collusivo, come l’incontro con un’autorità che definirà torti e ragioni, vittime e colpevoli, che farà giustizia stabilendo assoluzioni e condanne; si creano, quindi, aspettative di risarcimento e di rivalsa, il desiderio che chi ha prodotto la rottura o ha creato le condizioni perché sopraggiungesse ne paghi il prezzo.
Viene vissuta come inevitabile a questo punto la ridefinizione della relazione come genitori per continuare ad adempiere gli obblighi educativi e le responsabilità genitoriali, aree che attirano rancori e desideri di vendetta, in quanto rappresentano uno dei pochi motivi di contatto tra le parti e una possibilità di ferirsi.
Forti sentimenti di solitudine possono comparire anche in seguito ai cambiamenti nella propria vita sociale: “separazione”, infatti, significa non solo disunione di due persone, ma anche allontanamento e trasformazione delle relazioni sociali con la famiglia d’origine dell’ex – coniuge e con gli amici in comune.
Solo al termine di tale complesso iter solitamente può iniziare l’elaborazione e la comprensione del fallimento del legame, il recupero della progettualità individuale e della fiducia nelle proprie effettive capacità.
Il lutto profondo di ogni separazione rimane pericolosamente incitato se non viene riconosciuto ed elaborato: l’obiettivo è raggiungere un equilibrio di distanze con l’ex coniuge che non ecceda nei due estremi dell’attaccamento confusivo o dell’esasperato conflitto, ma spesso può apparire più semplice mantenere un “legame disperante” e continuare a farsi la guerra piuttosto che fare i conti con il fallimento.
Bibliografia essenziale
BOHANNAN, P. (1973). The six stations of divorce. In Lasswell M.E., Marriage and family. Illinois: Scott & C.
CIGOLI, V., GALIMBERTI, C. & MOMBELLI, M. (1988). Il legame disperante. Il divorzio come dramma di genitori e figli. Milano: Giuffrè.
PETRI, H. (2000). Lasciare ed essere lasciati. Paura, rabbia, dolore per l’abbandono, il nuovo inizio dopo un rapporto finito. Roma: Koinè edizioni.