En plein air...

Da Suster
Non ci credo che è passata anche un'altra settimana con lei a casa. E' stata una lunga convalescenza, ma sono contenta di aver avuto il buon senso di aspettare che malanni vari fossero debellati del tutto prima di affrettare il rientro al nido. Dopo tutto, come mi dicono tutte, ma proprio tutte, le madri con cui ho occasione di parlare ai giardini, io non lavoro, "me lo posso permettere".Ecco la mia grande vergogna: il non lavorare. Come se non mi pesasse già abbastanza sentirmi un'eterna mantenuta (da mia madre, da Hasuna, che differenza fa?)
In ogni caso ci si abitua presto alle comodità, e mandare lei al nido, sia pur per poche ore al giorno è stata per me una svolta, anche solo per sbrigare faccende di normalissima amministrazione senza averla tra i piedi.Quando è malata poi mi è proprio impossibile uscire di casa, visto che ciò comporterebbe il caricarmela dietro in bicicletta.Visto però il bel tempo di questi giorni e l'umore decisamente migliorato di lei, abbiamo avuto diverse occasioni per uscire all'aria, alla luce al vento e al sole. Io e lei in casa chiuse a lungo patiamo. La solitudine, la ristrettezza, l'isolamento, la lunghezza del tempo, la noia, il non sopportarci più a vicenda.E invece ci piace, ci piace da matte riscoprire ogni giorno insieme il nostro solito mondo fatto di innumerevoli piccoli particolari sempre diversi, o guardati con diversi occhi da una bambina che cresce, e cresce in maniera sbalorditiva soprattutto da un punto di vista cognitivo. E ogni cosa per lei ora acquista un senso preciso, in rapporto al tempo, quello trascorso insieme, e mi accorgo con stupore e tenerezza di come lavori incessantemente per crearsi un proprio mondo interiore, una propria catalogazione delle cose e delle esperienze, richiamando in continuazione alla memoria ricordi di episodi vissuti in precedenza, in un profluvio di "Ti 'icoddii?"  a me indirizzati, e soprattutto quando realmente non ricordo qualcosa di cui lei mi parla, o non capisco quello che si sforza di dirmi.E poi capisco ed è in genere: "Aaaah! E' vero! Sì mi ricordo: qui rpima c'era una capanna, e ora non c'è più. Brava!" oppure: "Ah! Ho capito! I pipistrelli (dopo mezz'ora che mi ripeteva "Ipi-pittè-lli"): è vero, qui una volta ti ho fatto vedere i pipistrelli!"E insomma, questa cosa mi riempie davvero di tenerezza, mi accorgo di quanto sia importante per lei rendermi partecipe delle sue acquisizioni e continuo a stupirmi di come una bambina così piccola possa già padroneggiare con tale disinvoltura i propri ricordi, di come infine abbia afferrato alla perfezione il senso di parole e concetti così astratti, come il "ricordare", di come abbia consapevolezza di eventi collocabili in un passato, e di una continuità esistente tra noi ora e questo passato.Tornare nei suoi luoghi di gioco dopo un'assenza tanto prolungata evidentemente deve aver suscitato in lei una gran moltitudine di ricordi che per il momento doveva aver archiviato, presa com'era a fare la conoscenza di tante novità.E ora che abbiamo osato, che abbiamo superato il nostro timore di cambiare luoghi e tempi, consuetudini e relazioni, mi sento in dovere di ricrearle delle abitudini stabili, azioni di cui conosca la routine, luoghi in cui si riconosca...
E lo vedo da come non sfugge al richiamo della parola "passeggiata", l'unica capace di farle mollare seduta stante i suoi innumerevoli librini e farla precipitare alla porta, e poi sul terrazzo di casa, con me che la inseguo con le scarpe o la giacca da infilarle.Da come riconosce le strade e i percorsi, come quando capisce che mi sto dirigendo verso casa e protesta "Non ci piace!" perché vorrebbe ancora stare in giro ("Anco'a patteggiata! Anco'a patteggiata").Da come si aspetta che io mi fermi di fronte al primo albero fiorito che incontriamo, e sa che io lo farò, perché lei mi possa chiedere: "Che colo'e-è?" per poi rispondersi senza neanche lasciarmi il tempo: "Giallo!", da come poi pretenda che io parta col solito ritornello "A marzo nei prati ora sbocciano i fiori, che accendono il verde di..." per poter completare lei la strofa: "Millecololi!"
Da come si butti in primo luogo a raccogliere margheritine dal prato (prima fase: non si scappa), e poi vada alla ricerca del famoso carretto...


Qualcuno, forse ritrovandosi tra i piedi questo carretto un po' scalcagnato mentre ripuliva il garage o la cantina di casa, ha avuto la bella idea di mollarlo qui, in questo giardino, in maniera che i bimbi ci potessero giocare, o almeno questa è l'idea che mi sono fatta io delle origini misteriose di questo carretto.
Un'altra costante immancabile è il gatto Fri Fri (anche detto "gatto pipì"), nome documentato da apposita medaglietta riportata sul collare del suddetto gatto, che poi sarebbe anche una gatta, ma non ci formalizziamo.
Il gatto Fri Fri è una delle principali attrazioni di questo giardinetto.


Alla pupa piace raccogliere fiori e porgerli poi con estrema delicatezza alla narice del gatto Fri Fri, perché ne possa fiutare l'inesistente aroma, per quanto lei sia convintissima che tutto ciò che abbia forma e parvenza di fiore possieda anche immancabilmente un irresistibile profumo...
Alla mamma invece piace che lei si relazioni in maniera così spontanea e alla pari con qualsiasi creatura vivente, e sia desiderosa di condividere con essa creatura (fosse anche una formica) l'eccezionalità di una propria esperienza sensoriale degna di nota.


Alla pupa piace correre, e le piace rincorrere e dare calci in corsa alla sua palla viola, due cose che rappresentano una novità nel ventaglio delle sue capacità motorie. Corre dicendo: "Veloce! Veloce!", e realmente è convinta di essere molto veloce, per quanto devo osservare che la corsa in questo momento non l'avvantaggi di molto rispetto alla camminata...
Naturalmente anche al gatto Fri Fri viene proposto di giocare con la palla viola, ma lei non sembra esser troppo grata dell'invito.
Alla mamma piace che la pupa si senta veloce, anche quando non lo è, e le piace che questa cosa di essere veloce la faccia gasare al punto di lasciarsi andare ad una risata esaltata, che certo non facilita la corsa a livello di dosaggio del fiato.
Le piace anche che saltuariamente la pupa sia disposta a far partecipare ai suoi giochi altri bambini (e non solo gatti), ma su questo punto c'è ancora da lavorare...



Alla pupa piace fare ginnastica sul suo pallone viola.
La mamma si chiede dove mai sua figlia abbia visto fare questa cosa, ma non le dispiace che lei sperimenti.

Alla pupa piace portare alla mamma ogni tanto un fiore, e lo porge con garbo dicendo "Gaaaatte!", quando invece sarei io a dover ringraziare, ma comunque...
...alla mamma piace che lei usi tanto spesso e con tanta disinvoltura la parola "grazie", anche senza bisogno che io le rompa i (parola che non si può dire) per mezz'ora, come vedo spesso fare ad alcuni genitori quando i loro figli ricevono una gentilezza o un gioco in prestito da qualcun altro.

E alla pupa piace assaggiare il parapetto dello scivolo.
Questo non piace tanto alla mamma, ma le piace che lei ora svetti con fierezza da quel parapetto dal quale fino a qualche mese fa non riusciva a sporgere la testa, e le piace anche che lei sia consapevole di essere cresciuta, e che vada ripetendo "Alta! Alta! Alta!", quando sbuca all'improvviso da lì dietro dopo lunghe sparizioni durante le quali, se la mamma non ha già iniziato per conto suo a chiamarla a gran voce, è lei stessa a suggerirle di cercarla ("Amiiiin!" "Ah, sì, scusa: Yasmiiin, dove seiii?")
Alla mamma piace che la bambina sia convinta di essere così furba e se la rida divertita da dietro al suo nascondiglio!

Alla pupa piace quando vede le tartarughe sui tetti...
"Scusa Mimi, ma quali tartarughe dici di aver visto? Io non ne vedo!"
"Eccola llààà!"
Esclama lei puntando il dito trionfante.

Alla mamma piace che la pupa veda le tartarughe sui tetti, e non se la sente di correggerla e spiegarle che sono comignoli. De resto, che è un comignolo?

Alla pupa piace quando vede danzare nel vento un filo di bucato e i suoi panni stesi gonfiarsi ondeggiando nell'aria, che sembrano muoversi al tempo di un lontano Bolero di Ravel proveniente da chissà quale altra finestra socchiusa.
Alla mamma piace che la bambina si entusiasmi per questi particolari ordinari della vita, ma si chiede quanto può averla influenzata la sua passione per il bucato alle finestre?

Alla pupa piacciono anche le sfere di metallo che girano riflettendo il bagliore del sole di mezzogiorno, e le piacciono gli alberi di limoni.
Alla mamma piace tenere un segno di queste piccole passioni, attimi fuggevoli di vita, e scatta foto su foto di ciò che piace alla bambina, di tutto ciò che è stato degno di un suo indice puntato in alto, o in basso, a seconda dei casi, per quanto banali possano essere questi soggetti.



Alla pupa piace far esplodere le bolle di sapone. Ma le piacerebbe anche saperle fare.
Peccato che non sia disposta a lasciarsi spiegare come tenere il cerchietto...
Alla pupa piace arrampicarsi...




Alla mamma piace che lei sia un po' scavezzacollo, per quanto si renda conto che non sia proprio una bambina dalla conformazione fisica agilissima, e che anzi spesso e volentieri ruzzoli in terra per effettuare manovre semplicissime, e però ci si rivede un poco, lei da piccola, con quelle ginocchia da giocatore di hokey intenta ad inerpicarsi su per tronchi d'albero e balaustre.
Alla pupa piace sedersi di fianco a mamma, sulla panchina, e farsi cantare una canzone. Una canzone che si intitola "Io e te", e che rappresenta forse la summa del kitsch degli anni '80 televisivi, ma che noi conosciamo grazie alla inossidabile memoria (e alle assidue performances canore) di Nenne. Se volete farvi un'idea di cosa nonna e nipote mi costringano quotidianamente a cantare (ahimè), date pure un'occhiata qui.
Alla mamma non piace particolarmente doversi sottoporre all'interpretazione di questo imbarazzante pezzo, ma le piace che la bambina le chieda di cantare una canzone che parla di "io e te", e le piace che ogni volta finisca immancabilmente col commentare: "Nonna!" Nel senso che è la canzone che canta nonna. E poi alla mamma piace anche quando lei prova a cantare a sua volta le canzoni che conosce, ché fa scompisciare a sentirla, e non è mica facile identificare i brani a partire dalla sua esecuzione degli stessi!

(foto scattata in modalità "Io e te")


Alla pupa piacciono le lumache.
Nella fattispecie le piacciono queste due lumache qui:


Così ogni volta, tornando dalle nostre passeggiate, passiamo a salutare "le lumache".
Peccato che lei poi pretenda di passare attraverso le inferriate del cancello per introdursi nel giardino di cui i due lumaconi sono custodi, a visitare il resto della popolazione lapidea che vi abita le ridenti aiuole.

Alla mamma non piace molto trovarsi in queste situazioni da scassinatrice, però le piace potersi risparmiare di dover dire: "Non si può", perché tanto sa che lei non riuscirà mai a passare tra quelle sbarre...

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