Correva l’anno 1981, in una nota intervista concessa a “La Repubblica” Enrico Berlinguer sollevava, con largo anticipo rispetto al successivo precipitare degli eventi, il tema e la centralità della questione morale.
L’attualità di quelle frasi resta inalterata ed assume, oggi più che mai, un valore dirompente, soprattutto se si considera che quello stesso vizio ha, talvolta, contagiato coloro che potevano, sino a ieri, menar vanto, a ragione e a testa alta, della loro diversità e della loro distanza dal malaffare.
Ecco, anche per noi che non siamo mai stati figli e seguaci del comunismo, né di rigide ortodossie o fideismi, alcuni passaggi di quelle parole profetiche e sin qui inascoltate.
I Partiti, la società e il bene comune.
‘…I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”…’
“…hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali…”
“…Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti…”
Gli italiani, i referendum e il voto.
“…molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel ’74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell’81 per l’aborto, gli italiani hanno fornito l’immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane…”
Liberare lo Stato dall’occupazione partitocratica.
“…noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità…”
Combattere il privilegio, premiare professionalità e merito.
“…Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata…”
Lo sviluppo economico sostenibile: mercato ed equità.
“…Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell’economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l’iniziativa individuale sia insostituibile, che l’impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell’attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione…”
La questione morale è il centro del problema italiano: un tutt’uno con la concezione politica e di governo.
“…La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche…”
L’interesse per le sorti del paese e della democrazia.
“…Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude…”
I sacrifici e l’austerità.
“…Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire…”
Oggi, dopo l’Assemblea del Partito Democratico, l’invito alla sobrietà, pronunciato da Pierluigi Bersani, può e deve rappresentare il preambolo ad un rinnovato impegno teso a dare centralità alla questione morale, quale irrinunciabile presupposto d’una ritrovata buona politica.
In mezzo a tutto il parlar di regole e del loro rispetto è questo quel che più mi ha colpito e ha lasciato il segno. E da qui occorre ripartire.
La trasparenza e il dovere di rendere conto del proprio buon operato, sia a priori che a posteriori, devono diventare requisito fondante di qualsiasi nuova alleanza politica.
Su questo terreno il segretario del Partito Democratico può sbaragliare tutti e dare così un forte senso ed una chiara connotazione alla sua candidatura.
Il possibile riscatto della bella politica passa attraverso una inequivocabile dichiarazione, non solo d’intenti, che trovi riscontro nell’agire politico.
Qualsiasi futuro patto di governo o coalizione non dovranno, né potranno prescindere dal rispetto di questa condizione.
La sobrietà e il senso della misura costituiscono un doveroso richiamo, soprattutto nel momento in cui troppe ombre aleggiano sul rampantismo, per dirla senza troppi giri di parole, della campagna renziana.
Chi paga quell’impetuosa macchina da guerra propagandistica?
E – ancora – quell’arrogante ostentazione di un deteriore modello trionfalistico fa parte, a pieno titolo, del patrimonio politico, umano e culturale della sinistra italiana o è una sua trasfigurazione ed una mutazione antropologica? Non ricorda, seppur vagamente, i tempietti di Panseca del tronfio trionfo craxiano?
Pierluigi Bersani deve aggiungere poco o nulla al monito berlingueriano: si tratta di attuarlo, finalmente, nei fatti. Prima di subito!
La vera dicotomia non è quella, sin qui propagandata, di natura generazionale (ferma restando la necessità di svecchiare, prima delle donne e degli uomini democratici, alcune idee per renderle adeguate al nostro tempo).
L’odierno spartiacque è tra chi da una parte, ancorchè giovane veste abiti logori e dà fiato a parole abusate sottoforma di banalissimo slogan, si sottrae al confronto diretto sulle idee per il futuro, riduce tutto ad un divario anagrafico, senza mai tener conto della qualità delle donne e degli uomini; e chi, dall’altra, si dimostrerà capace di proporsi come seria e credibile guida disposta a spingersi verso un nuovo orizzonte politico, basato su irrinunciabili principi e in grado di interpretare il ‘noi’ ancor prima dell’io.
Non è più tempo d’inseguire chimere o di sterili affabulazioni.
E’ giunto il momento di dare concretezza alla buona politica, dare e fare spazio a tutti coloro che saranno capaci di portarla avanti, senza stupide e puerili distinzioni d’età.
Il cosiddetto vecchio assai spesso è misura, circospezione, ponderatezza. E’ sinonimo di quella cultura così qualificata da Bobbio.
Il nuovo, altrettanto frequentemente, può essere il nulla ben confezionato ed erede di pensieri riciclati.
Su questi presupposti, su questi irrinunciabili principi, non più solo enunciati ma realizzati, e su questo nuovo orizzonte politico il mio voto andrà a Pierluigi Bersani.
Ovviamente ad un’unica condizione: che si cancellino definitivamente retaggi del passato con tutti coloro che hanno fatto dell’affarismo la loro cifra politica.
Su questo versante voglio un Bersani autenticamente e saldamente berlingueriano.
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