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Energia eolica: la manovra "green" di Elisabetta

Creato il 27 luglio 2012 da Lamiaeconomia
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Energia eolica: la manovra "green" di Elisabetta



Il Governo Britannico ha dato l'ok per la costruzione di 2 grandi piattaforme eoliche offshore al largo delle coste del Norfolk, per un investimento di circa 3 milioni di sterline. Manovra pulita? Non proprio!
Il sogno eolico gia' da tempo aveva riscosso discreto successo tra le multinazionali e le societa' elettriche di mezzo mondo, che corteggiavano a turno l'area compresa tra Scozia e costa Sud-Est dell'Inghilterra, punto strategico di produzione. Si calcola infatti, che la sola Scozia offra il 60% della capacita' eolica degli UK all'interno della costa, mentre il problema maggiore - secondo Tom Lamb, Manager for Renewable Energy and Low Carbon Technologies - e' la mancanza di punti strategici interni per il resto del paese. Questa, effettivamente, e' stata la giustificazione adottata dai vertici inglesi per sbloccare gli investimenti al largo delle coste e creare impianti offshore che entro il 2020 dovrebbero essere operativi e in grado di contribuire assieme ad altre rinnovabili per l'80% del fabbisogno della popolazione. Niente da dire: obiettivo di alto valore morale che incontra il consenso dell'opinione pubblica, salva il pianeta e crea lavoro. 
Ma dal punto di vista del consumatore scaltro e diffidente come potrebbe apparire il tutto?
Il consumatore scaltro e diffidente, altrimenti detto cittadino consapevole e attento, si rendera' conto di qualche evidente discrepanza ed inevitabile imbroglio.
Innanzitutto, perche' tanta fretta? Semplice: questa corsa all'eolico assume ancora piu' significato se si pensa alle scadenze del Trattato di Kyoto, che il Governo Britannico si e' impegnato a rispettare, onde evitare ammonimenti poco dignitosi e multe consistenti.
Perche' costruire dispendiosi impianti nel bel mezzo del mare/oceano, quando si ha a disposizione la terraferma? (Ricordando anche che sulla Scozia soffia un quarto della totalita' dei venti d'Europa).
Perche' trivellare i fondi marini/oceanici, producendo notevoli danni all'ecosistema e spendere cifre astronomiche per adattare questi impianti alla rete e cablatura elettrica? 
Semplice: forse perche' il fine ultimo dell'operazione e' quello di fornire energia alla popolazione, incanalando risorse naturali ed erogando bollette. Risorse naturalmente disponibili per tutti, diventano cosi' un prodotto come un altro, dei beni cui attribuire valore economico. 
In ultima analisi, c'e' da porsi la domanda piu' inquietante. A chi appartengono i fondi marini e oceanici a largo della costa inglese?
Alla Regina, chiaramente, che con la supervisione del Parlamento incassera' tutti gli introiti derivati dagli impianti.
La percezione resta semplicemente la seguente: una risorsa che potrebbe essere resa pubblica e gratuita diventa l'ennesima speculazione e nessun governo o multinazionale mette a disposizione strumenti validi per l'autogestione di tali risorse, favorendo la dipendenza economica dai fornitori.
Senza dubbio ci sono ancora molte ombre sull'effettiva resa dell'energia eolica e sul risparmio in termini di emissioni di CO2, legate alle operazioni di mantenimento e costruzione delle linee di distribuzione. Dubbi che possono essere risolti attraverso la ricerca e modelli reali di studio e non da manovre anticomunitarie e centralizzate. 
Intanto gli esperti delle societa' e industrie mondiali cominciano a formulare i primi modelli per calcolare il costo di vento, sole e correnti marine, non comprendendo minimamente il valore reale di quanto ci stanno impropriamente vendendo.
Fonte: Net1news
Dott. Fabio Troglia 
[email protected] 
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