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ENNIO PORRINO E L’IDENTITA’ SARDA #musica #opera #sardegna

Creato il 01 giugno 2014 da Albertomax @albertomassazza

porrinoNato a Cagliari nel 1910 e trasferitosi a Roma con la famiglia ancora bambino, Ennio Porrino compì studi classici e si diplomò in composizione al Conservatorio di Santa Cecilia nel 1932, sotto la guida dei maestri Mulé e Dobici. Successivamente, seguì il corso triennale di perfezionamento diretto da Ottorino Respighi, divenendone presto l’allievo prediletto e assorbendone la grande capacità coloristica e orchestrativa e l’essenzialità melodica, mostrando comunque di possedere una sincera e ispirata sensibilità e un’autonoma personalità. Ancor prima di diplomarsi, si fece notare con la vittoria al concorso La bella canzone d’Italia, indetto dal Giornale d’Italia nel 1931, con la lirica Traccas (carri cerimoniali trainati da buoi, utilizzati nelle sagre e nelle feste patronali in Sardegna), su testo del poeta Sebastiano Satta. Due anni dopo, dimostrò la sua padronanza orchestrale, affermandosi al concorso dell’Accademia di Santa Cecilia  per il XXV anniversario dei concerti dell’Augusteo, con l’ouverture Tartarin de Tarascon, eseguita con successo nello stesso teatro sotto la direzione di Bernardino Molinari. Ancora all’Augusteo, nel 1934, Porrino consolidò la sua affermazione con il più corposo poema sinfonico Sardegna, in cui l’impianto chiaramente respighiano veniva sapientemente contaminato dalla tradizione musicale sarda. Questo poema sinfonico, sicuramente l’opera più eseguita di Porrino, con varie direzioni prestigiose, fu scelto in rappresentanza della musica italiana al Festival Internazionale di Amburgo del 1935. In questi anni si occupò anche di musica cameristica con i Canti della schiavitù per violino, violoncello e pianoforte (1933), ma soprattutto indagò sulle possibilità del canto, componendo per soprano e piccola orchestra (Canti di stagione, 1934), per voce recitante, coro femminile e orchestra Proserpina (1937), fino alla prima commissione operistica, con Gli Orazi, richiesta da Sonzogno e andata in scena alla Scala nel 1941 con un incoraggiante riscontro. Lo stesso autore definì la sua Opera non tanto un tentativo di rianimare il melodramma, quanto quello di aprire la strada a una forma moderna a metà tra l’oratorio profano e lo spettacolo sportivo.

Contemporaneamente, Porrino riceveva gratificazioni accademiche, con l’assegnazione della cattedra di composizione a Santa Cecilia e la nomina a membro dell’omonima Accademia e della Luigi Cherubini di Firenze. Trasferito al Conservatorio di Venezia, nel 1943 compose i Canti dell’esilio. Intanto, si faceva in lui sempre più urgente il richiamo delle radici sarde, assecondato con lo studio sistematico del patrimonio tradizionale, musicale e non, e qualche approfondito soggiorno. Rientrato a Roma nel 1947, riprese la cattedra di composizione e, dopo aver letto la Vita di Gesù dell’abate Ricciotti, propose all’autore di trarne un lavoro musicale che esordì nel 1952 al Teatro Argentina di Roma col titolo di Processo a Gesù, apprezzato dalla critica per la capacità di mediazione tra influenze disparate e per la notevole e rigorosa cultura musicale. Sempre all’Argentina, nel 1954 veniva eseguito il Concerto dell’Argentarola per chitarra e orchestra, in cui inserì elementi della serialità dodecafonica, mentre la ricerca sulle radici aveva fruttato due anni prima il poema sinfonico I Nuraghi, che ebbe prestigiose direzioni, tra cui Stokowski e Abbado. Dopo aver presentato al Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia del 1955 l’atto unico L’organo di bambù, l’anno seguente Porrino venne nominato Direttore del Conservatorio Pierluigi da Palestrina di Cagliari, coronando il sogno di potersi immergere completamente nella Terra Madre e di comporre una vera e propria Opera nazionale sarda, I Shardana, con la quale aveva modo di mostrare anche la sua qualità letteraria. Il libretto dello stesso Porrino, infatti, attingeva non solo agli scarni racconti dei leggendari Popoli del Mare, tra i quali i nuragici, ma infarciva l’intreccio canonico patria-guerra-amore contrastato di continui rimandi alla toponomastica sarda e all’altra esperienza autonoma dei sardi, quella medievale dei Giudicati. Acclamata al debutto al San Carlo di Napoli nel 1959, l’Opera venne riproposta in commemorazione di Porrino, dopo la prematura e improvvisa scomparsa, a Cagliari nel 1960; nella stagione 2009-2010, in concomitanza del cinquantenario della morte e del centenario della nascita, I Shardana è stata ripresa con successo dal Teatro Lirico della capitale sarda.

In quegli ultimi anni, il musicista cagliaritano compose il concerto per archi e cembalo Sonar per Musici (1958), scritto per la prestigiosa ensemble I Musici, e, in collaborazione con il poeta Luciano Folgore, l’atto unico Esculapio al neon e la pantomima La bambola malata, con cui si cimentò positivamente con il teatro comico. Dieci giorni dopo il debutto veneziano di quest’ultima, avvenuto il 15 settembre 1959 al Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Porrino veniva stroncato da una malattia fulminante. Alla sua memoria, dal 1980 è stato istituito il Concorso Internazionale di Pianoforte Ennio Porrino, a cura dell’Associazione Amici della Musica di Cagliari. Poliedrica figura di intellettuale e musicista, nonostante il consenso di critica e pubblico ottenuto in vita, Ennio Porrino è stato colpevolmente obliato negli ultimi decenni. La sua parabola compositiva, partita dall’orizzonte impressionista e respighiano, si è arricchita di stimoli provenienti dalla tradizione sacra e popolare, fino ad esiti vicini alla ricerca di due giganti del novecento come Bartok e De Falla, senza disdegnare frequenti incursioni nell’atonalità e nella serialità schonberghiana. Da ricordare, accanto alla sua attività di compositore autonomo, di critico e di divulgatore, quella di direttore d’orchestra e di autore di colonne sonore per il cinema e la televisione. I più lusinghieri giudizi sulla sua opera sono stati espressi dalla critica tedesca: il più autorevole Dizionario musicale germanico lo cita come il più importante operista italiano dopo Puccini, giudizio rafforzato dal critico Felix Karlinger che ha dedicato al maestro cagliaritano una cospicua produzione saggistica.



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