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Enrico G. Agostoni: photography as an eternal Icarus’ flight

Da Sushit

Ingredienti:

Milano: la caotica e popolosa metropoli – i sobborghi desolati.
Il Paesaggio: deserti interminabili, immense montagne, sconfinati cieli, nuvole incontrastate.
Viaggiare:
un Grand Tour all’inverso per raggiungere l’apice della bellezza nordica.
Ricordare:
la Storia che non cessa di impressionare la pellicola del nostro presente.

…mescolate con cura ed otterrete un risultato strepitoso!

Ma… dimentichiamo forse qualcosa? Ops! L’agente chimico scatenante: un pizzico di mente sveglia con aggiunta di un occhio fotografico attento, geniale e affascinato.

Questa la ricetta di Enrico G. Agostoni, ventitreenne studente milanese di Agraria nonché fotografo appassionato e appassionante, specie secondo noi di SushIT, che l’abbiamo intervistato per voi… e siamo sicuri non vi deluderà!

Uno studente di Agraria - a Milano – che si diletta con la street photography: raccontaci un po’ di te per districare questa strana combinazione!

Quando ho cominciato a scattare, uscivo essenzialmente di sabato pomeriggio, quindi con molte persone in giro per la città e migliaia di potenziali soggetti da riprendere; c’è poi da dire che la street photography mi è sempre piaciuta, anche quando ancora non mi dilettavo con la fotografia. Posso sicuramente affermare di essere stato influenzato dalla famosissima foto de “Il Bacio”, di Doisneau, il cui poster troneggia in casa mia.

Come si fondono gli ambienti iperurbani delle metropoli di cui cogli istanti quotidiani con la straniante dimensione del panorama dove l’umano scompare?

Nonostante siano ambienti così diversi, paradossalmente, si può dire che siano legati tra loro: nelle metropoli l’umano, inteso come il singolo, scompare nella “massa”. Nel panorama naturale, invece, scompare diventandone parte.

Una passione per i viaggi, testimoniata da vari reportage… una destinazione che ti piacerebbe particolarmente raggiungere e fotografare?

Mi piacerebbe moltissimo fotografare l’Islanda e i suoi ampissimi spazi aperti, che per certi veri ricordano la desolazione delle periferie urbane. Oltre all’Islanda metto nella lista dei viaggi la Svezia (che ho già avuto modo di visitare due volte, ma di cui ho potuto fotografare solo Stoccolma) e il “Grande Nord” in generale. In dicembre in queste zone la luce è poca, ma estremamente particolare: calda, soffusa e… bellissima. Una vera manna per un fotografo. Inoltre, personalmente amo la neve, il freddo e l’”atmosfera” di questi territori così lontani e diversi dalla nostra quotidianità.

Ci spieghi un po’ come nasce e come si sviluppa l’idea di un progetto tutto dedicato ai Konzentrationslagern nazisti? Qualche “dietro le quinte emozionale” di quest’esperienza?

Viaggio da quando sono bambino in Germania e in Austria, ho avuto modo di vederle in lungo ed in largo, compresi i campi di concentramento: Dachau, Mauthausen, Buchenwald e così via. Trovo sia molto importante dedicare una parte del lavoro fotografico all’Olocausto, quasi un imperativo. L’uomo ha creato cose di incredibile bellezza, ma anche di terribile malvagità. Siamo capaci di grandi cose, di assoluta perfezione: sia nel bene che nel male.

Quello che ho voluto sottolineare nei miei scatti è stata proprio questa terribile e perfetta macchina di morte.

L’incontro con il paragliding: viverlo toglie il fiato come guardare i tuoi scatti?

Certamente, e anche di più! L’esperienza di fare un volo in parapendio è qualcosa di difficilmente spiegabile, persino con la fotografia. Quando i piedi si staccano dal suolo la paura può prendere il sopravvento, ma è subito rimpiazzata da un senso estremo di libertà. Essere in cielo e toccarlo letteralmente con un dito è un’esperienza divina, oserei dire.

Quando ho scattato le foto relative al paragliding, ho cercato di condensare, per quanto difficile fosse, queste emozioni: la vela si gonfia, una veloce rincorsa e poi via, in volo verso l’eternità.

Digital Art: semplicemente un modo per giocare con Photoshop CS4 o uno strumento tecnico per restituire un nuovo e diverso sguardo sul mondo?

La digital art è, per me, sia uno svago sia uno strumento per stravolgere e raccontare una realtà diversa: insomma, unisco l’utile al dilettevole. Con la fotografia si è, relativamente, vincolati a ciò che si inquadra; con la digital art (che io chiamo foto-”grafica”), invece, sento personalmente di poter dare sfogo alla mia fantasia e dare vita a nuovi mondi: creare è il potere più prezioso e sconvolgente per una persona.

Che sogni ha nel cassetto, o meglio forse nel mirino della sua Pentax, Enrico?

Il primo è sicuramente laurearmi e trovarmi un lavoro che possa (spero!) coniugare la mia passione fotografica con quella di agronomo e ovviamente migliorare e migliorare ancora. Può sembrare un desiderio puerile, ma il sogno che vedo nel mirino della mia Pentax è diventare un grande fotografo!

In quanto rubrica su giovani talenti per giovani talenti, ti chiediamo infine: che consigli ti sentiresti di dare, in base alla tua esperienza?

Nella mia infinita… inesperienza(!), posso dire a tutti i giovani (e mi rivolgo anche a me stesso), di avere e mettere passione in ciò che si fa (che sia la fotografia, il design o qualunque altra cosa), di avere umiltà e saper ascoltare chi ne sa di più.

Anche chiedere, informarsi, leggere tutto ciò che vi capita a tiro può esservi utile: non costa nulla! Personalmente, in campo fotografico, ho fatto molti progressi frequentando diversi forum o scaricando guide dal web. Per farla breve: Internet è la più grande risorsa di sapere che abbiamo a disposizione, sfruttiamola fino in fondo!

Ed ora ecco a voi qualche scatto di Enrico, ma andate a visitare anche il suo sito personale e il suo spazio su Flickr: estasi garantita!

www.enricoagostoni.com

www.flickr.com/photos/enricoagostoni

Enrico G. Agostoni: photography as an eternal Icarus’ flight

Bricks and Windows

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Railway

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Desolation

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Coming Soon

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The Sleeping Guard

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Two Mothers

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Path

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Sound of Silence

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Clouds Over

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The Silent of  Thunder

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Modern Sky

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The Windows of Mauthausen

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The Paraglider

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Through the Dreams


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