Enrique Peña Nieto ha 45 anni, è bianco, piacente e ostenta un sorriso smagliante. Sembra perfino troppo perfetto per essere vero. Secondo tutti i sondaggi sarà lui il prossimo presidente del Messico, il sessantesimo nella storia del più grande paese di idioma ispano del mondo.
Peña Nieto romperebbe così con i dodici anni di governo del Pan, il Partido de Acción Nacional, che nel 2000 era riuscito a infrangere un’egemonia durata più di sette decenni di dominio incontrastato del Pri. Domenica 1 luglio, quasi ottanta milioni di messicani decideranno se affidarsi di nuovo nelle mani di questo partito-chiesa convalidando, nel vuoto di proposte innovative, un brusco ritorno al passato.
La candidatura di Peña Nieto viene da lontano. Già nel 2009, da governatore dello Stato della capitale, spendeva 13 milioni di dollari in pubblicità e non si perdeva un’inaugurazione, elargendo regali e dadive che, alla fine, ha sempre saputo perfettamente gli si sarebbero trasformati in voti necessari alla sua scalata: da delegato a segretario, da governatore a presidente. Perchè Peña Nieto non apporta nulla di nuovo alla politica messicana, dove i favori vengono pagati con il voto e dove i cittadini sono visti come un grande serbatoio da cui attingere i numeri necessari per un’elezione. Peña Nieto è figlio del Pri ed è figlio orgoglioso di questa istituzione che, esaurita già negli anni Quaranta dello scorso secolo la sua spinta rivoluzionaria, si è trasformato in un imbarazzante fardello per la società messicana. Un partito responsabile di stragi (Tlatelolco nel 1970 e dell’Halconazo nel 1971), della corruzione che è dilagata come un fiume e che ha legittimato la criminalità organizzata ed il narcotraffico.
Il Messico è un paese sicuro ha detto a Jorge Ramos di Univisión (http://www.youtube.com/watch?v=dVodheS3htc) quando il giornalista lo intervistava tre anni fa e per corroborare la sua ipotesi, usava la demagogia propria dei politici affermando che l’insicurezza è una percezione della gente, non una realtà. Eppure, nel 2007, i quattro guardiaspalle che proteggevano i suoi figli vennero imboscati ed uccisi senza pietà. Ai bambini nemmeno un graffio. Un messaggio mafioso, senza dubbio, ma anche un segnale che il Messico proprio un paradiso non è. Almeno, in questi mesi di campagna, di fronte alle proteste dei suoi avversari ha fatto marcia indietro riconoscendo che ¨negli ultimi anni il clima di insicurezza è aumentato¨.
Su Peña Nieto pesa come un macigno la responsabilità dei fatti di San Salvador Atenco, una cittadina dove una banale situazione di ordine pubblico si trasformò in una prova di forza da parte del governo federale. Qui, nel maggio 2006 duemila poliziotti in assetto da guerra vennero mandati a reprimere la protesta dei venditori ambulanti. Gli agenti ammazzarono due ragazzi, fecero decine di feriti e violentarono almeno 26 donne portate in caserma per rispondere dei disturbi. L’ordine della repressione venne proprio da Peña Nieto, che si è sempre difeso adducendo l’estraneità al comportamento dei responsabili diretti dell’ordine pubblico.
Sono molti a dire che l’immagine del bravo ragazzo ostentata da Peña Nieto dissimula un sordido cinismo. Come quando parla della tragica morte della moglie, Monica Pretelini, ufficialmente stroncata da un attacco di epilessia o espone i numeri del dramma messicano dei morti della guerra con il narcotraffico o dei dodici milioni di compatrioti che muoiono di fame. Non c’è compassione nel tono di Peña Nieto, ma solo l’interrogativo a come il suo discorso potrà fruttargli i voti di cui ha bisogno.
Lo scrittore Carlos Fuentes, recentemente scomparso, lo aveva liquidato senza mezzi termini come un ignorante. Caso quasi unico nel mondo politico ed imprenditoriale messicano, Peña Nieto non sa l’inglese ed ha dato vita a ilari conferenze stampa in cui, per ovviare all’inconveniente, ha fatto ricorso a delle veline che a nulla sono servite per camuffare il suo accento tortillero.
A meno di sorprese, domenica il Messico lo sceglierà come suo nuovo presidente: cosa succederà a questo grande paese nei prossimi sei anni sarà imbarazzante raccontarlo.
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Enrique Peña Nieto presidente, il ritorno al passato del Messico
Creato il 29 giugno 2012 da EldoradoPossono interessarti anche questi articoli :
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