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Entrare nei personaggi

Da Anima Di Carta
Entrare nei personaggiQuest’estate ho letto un paio di romanzi molto simili tra loro, con trame affini. Eppure in un caso la lettura era decisamente coinvolgente, nell’altro piatta e poco interessante, tanto che quando ho finito il primo mi è rimasto un senso di nostalgia, mentre nel secondo caso mi sono domandata come abbiano potuto pubblicare un libro così banale. Eppure la trama non era affatto la componente che faceva la differenza, perché come dicevo la storia si snodava in modo molto simile. E allora qual è il punto?
Di certo il primo romanzo si soffermava molto di più sui personaggi, entrava dentro di loro, mostrando in tutte le sfaccettature la loro personalità, la storia personale, ciò che si agitava nel loro animo. In questo modo l’autrice ha creato una profonda empatia tra il lettore e i personaggi, portando il lettore stesso all’interno della storia.
Se vogliamo creare una certa empatia tra il lettore e il protagonista, quindi è importante far calare il più possibile il lettore nel personaggio.
Quando ero impegnata a scrivere il romanzo che poi ho pubblicato, non mi sono mai preoccupata di creare empatia nè di quali potessero essere i miei lettori. A posteriori, alla luce delle reazioni e delle opinioni di chi lo ha letto, mi sono resa conto, poi, che piace molto più alle donne che agli uomini. Probabilmente questo è naturale, perché la protagonista è una donna e ci si identifica in lei se si condivide un po’ il suo punto di vista.
Anche per il secondo romanzo che ho scritto ho scelto una donna, anche se con una personalità diversa e più giovane della prima. Ora però ho deciso di “sfidarmi” con un protagonista maschile... e non è un’impresa facile!
Per fare un esempio banale, mi accorgo di non potermi soffermare nelle descrizioni su come sono vestite le persone, perché sono rari gli uomini che lo noterebbero! Allo stesso modo un personaggio maschile reagisce di fronte a problemi e difficoltà in modo completamente diverso da come farebbe una donna.
Viene naturale quando si scrive porsi con un certo punto di vista, per poi rendersi conto che certi pensieri, certe osservazioni, certi modi di esprimersi, e così via non sono compatibili con il personaggio che si è scelto. Con il rischio di creare personaggi poco coinvolgenti...
Insomma, dopo aver scelto qual è il punto di vista che fa al caso del nostro romanzo (ne ho parlato in un vecchio post), sarà utile domandarsi in che modo dargli voce. A volte non è facile calarsi nei panni del nostro attore numero uno, soprattutto se abbiamo scelto qualcuno completamente diverso da noi stessi (com’è nel caso del mio romanzo) e sarà una bella sfida trovare quali sono le reazioni, le azioni, i pensieri e i modi di fare appropriati.
Dalla mia ancora piccola esperienza in questo, posso dire che è utile stare attenti a questi punti:
  • modi di esprimersi nei dialoghi
  • sentimenti ed emozioni
  • pensieri e riflessioni
  • modi di fare con le persone
  • gestualità
  • reazioni a situazioni
  • ricerca di soluzioni ai problemi
Un altro problema è poi il pericolo di cadere negli stereotipi. Ad esempio, probabilmente noi donne abbiamo in testa certi luoghi comune sugli uomini e viceversa. Questo vuol dire che devo stare attenta a non ricorrere ai soliti cliché per dare il punto di vista maschile al mio protagonista, devo stare attenta a non farmi influenzare dai soliti modelli proposti da film e telefilm, per non ridurlo a un manichino senza vita.
Certo è che fare delle gaffe in proposito darebbe al lettore una pessima sensazione, gli ricorderebbe che si tratta solo di un romanzo, di una finzione, e questo non me lo perdonerebbe di certo...
Il vero coinvolgimento del lettore con i personaggi è possibile infatti solo se il lettore dimentica che sta solo leggendo un libro.
Anima di carta

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