Se penso a vigneti e degustazioni di vini il mio pensiero va sicuramente all’assoltata Napa Valley, meta della mia prima vacanza enologica in tempi non sospetti: per intenderci prima che film come Sideways rendessero gli oziosi itinerari tra cantine e domaine una moda.
Quelle in California sono state due tra le vacanze più belle di sempre perchè le ho condivise con una persona speciale che ora non c’è più e perchè mi sono rimasti tanti ricordi felici ognuno legato ad un calice ed una risata.
Ricordo gli aperitivi serali all’aperto nel wine bar di Mumm Napa a pochi metri da “casa” (il blanc de blanc era il mio preferito); ricordo le degustazioni mattutine vicino Sonoma; le visite nelle spettacolari cantine di Robert Mondavi, e quelle nella tenuta di Francis Ford Coppola, con il museo del cinema e i cimeli del primo film di Sofia. Ricordo i percorsi sensoriali e il giardino degli odori di Copia, e il bel patio giallo dell’Andretti Winery, così simile ad una scena del film Il profumo del mosto selvatico (che d’altronde è stato girato proprio in questi luoghi). E soprattutto ricordo i ruscelli, i soffitti stellati e le sale di cristallo nelle caves dell’incredibile Jarvis Winery di proprietà di un magnate delle fibre ottiche (stranamente ricordo un po’ meno il loro vino, ma d’altronde in una location del genere avrebbero potuto farci degustare qualunque cosa!).
Il Signor G. non aveva apprezzato particolarmente quelle peregrinazioni enologiche: vini troppo costruiti e cantine troppo kitsch a suo parere. Ma secondo me nessuno sa rendere speciale ed indimenticabile un’esperienza enologica come i californiani e così ancora oggi, quando sfogliando una lista dei vini mi imbatto in un Cabernet o in un Merlot della Napa Valley, non posso far a meno di sospirare nostalgica.
Tutt’altro allure nelle caves della regione dello Champagne visitate in un autunno piovoso in treno da Parigi. A chi pensa che ottobre sia un mese perfetto per andar per vigneti sconsiglio assolutamente il Nord Europa: non ho mai trascorso giornate tanto uggiose e nebbiose e l’unica consolazione sono stati i calici di blanc de blanc e blanc de noir degustati da Moet & Chandon ad Epernay: chilometri di gallerie gelide, migliaia di vecchie pupitres cariche di preziose bottiglie e una boutique scintillante piena zeppa di giapponesi e russi.
Lo sapevate che i grandi Domaine di champagne pagano profumatamente i loro enologi perchè di anno in anno ogni bottiglia sia sempre uguale a se stessa e il consumatore sorseggiando il suo calice possa riconoscere immediatamente un Moet & Chandon piuttosto che un Dom Perignon o un Krug?
Questa scoperta mi ha molto affascinata ma, a ben vedere, se l’avessi saputo prima forse avrei evitato di spingermi in treno nella piovosa campagna francese alla ricerca di emozioni enologiche e avrei optato per un capillare viaggio in macchina (magari in una stagione più mite) alla ricerca di piccoli produttori che mi facessero meravigliare di qualcosa.
In Italia non mi era mai capitato di dedicarmi al turismo enologico (escludendo naturalmente le mitiche mangialonghe e i pomeriggi di jazz e buon vino da Caprai) fino a che la mia Amica del cuore non ci ha organizzato un meraviglioso week end in Franciacorta. (Grazie Amica! Chi l’avrebbe mai detto che un giorno una ex-astemia mi avrebbe invitata a bere bollicine di prima mattina?!?).
Anche questo week end (iniziato con una notte nella romantica cornice del Castello dal Pozzo e proseguito tra laghi e vigneti) lo ricorderò a lungo per calici e risate e per le persone meravigliose con cui l’abbiamo condiviso.
Tra l’altro la visita alla cantina biologica di Barone Pizzini è riuscita a sorprendermi piacevolmente per molti buoni motivi: un terroir affascinante racchiuso tra le montagne e il lago d’Iseo; scelte architettoniche nel pieno rispetto dell’ambiente (pannelli fotovoltaici, sistema naturale di condizionamento, fitodepurazione delle acque… insomma una cantina bio in piena regola); un sodalizio uomo-natura che si concretizza nel rispetto di valori antichi e nella produzione di un vino a residuo zero; i vigneti lavorati secondo i principi della biodinamica nella mia Regione (a Pievalta, nel cuore dei Castelli di Jesi); e soprattutto la scoperta del sublime Bagnadore: un pas dosé cioè un millesimato extra brut, 50% Pinot noir e 50% Chardonnay, cui non è stato aggiunto dopo remuage e degorgement lo sciroppo di dosaggio (liqueur d’expedition).
Qualche indirizzo per un week end in Franciacorta? Il bistrot Lanzani a Brescia per deliziosi aperitivi e brunch; la trattoria al Bianchi per degustare la cucina del territorio; la meravigliosa enoteca Dispensa – Pani e Vini.