Ad essere sincera ho appena finito di fare colazione, sono appena tornata a casa e sto facendo una pausa… sto rispondendo a pezzi! Dunque, la mia tesi si intitola “Aree protette: paesaggio e cogestione”, si tratta di una ricerca su come l’attenzione al paesaggio, in tutte le sue forme e definizioni, possa essere importante all’interno della gestione delle aree protette e nei progetti di cooperazione in campo ambientale. Integrare l’analisi del paesaggio nei processi di ricerca e di analisi di un contesto di intervento significa inoltre considerare, coinvolgere e cercare di comprendere il punto di vista delle persone che un determinato territorio lo vivono, trasformandolo in un paesaggio carico di significati, collettivi e individuali. Per questo motivo il paesaggio e la partecipazione pubblica diventano due aspetti importanti nei processi di gestione e tutela delle risorse naturali.
Cooperazione internazionale, sappiamo che è il tuo geo-mantra. Pensi che lo stato geopolitico attuale dimostri che questa è fallita, oppure che ce ne è un estremo bisogno?
Penso che sia fallita ma che proprio per questo ci sia un estremo bisogno di una cooperazione corretta, attenta, magari anche piccola ma che sia efficace, in altre parole di una cooperazione sostenibile. Sostenibile sotto ogni aspetto: da quello economico a quello ambientale, passando naturalmente per una sostenibilità anche di tipo culturale, che sia cioè maggiormente attenta e aperta ai valori, ai costumi, alle abitudini e in generale alla vita delle popolazioni destinatarie dei progetti, le quali non dovrebbero mai essere attori passivi in questi processi. Credo inoltre che non si debbano dimenticare tutte le varie forme possibili in cui si concretizza la cooperazione, che non corrispondono esclusivamente ai progetti delle Ong o a quelli, purtroppo spesso disastrosi, delle grandi Organizzazioni Internazionali. Vi sono infatti altri modi per ridistribuire equamente le risorse cercando di rimediare agli errori passati, uno fra tutti è la cooperazione decentrata, che si basa sostanzialmente su un rapporto di scambio diretto tra enti omologhi, università del cosiddetto Nord con università del Sud del mondo, comuni con comuni, enti parco con enti parco, e così via. Come in ogni cosa, tuttavia, non mi piace decidere tra nero e bianco, vi sono molti aspetti e sfumature della cooperazione da salvare e che se incentivati e sostenuti possono dare ottimi frutti, mentre ne esistono altri decisamente da abolire.
Raccontaci un po’ della tua esperienza in Africa, dove sei stata? Per quanto tempo?
Sono stata in Burkina Faso per circa due mesi, per approfondire il tema oggetto della tesi analizzando un caso studio. L’occasione fortunata mi è stata fornita dal Dipartimento Interateneo Territorio dell’Università di Torino, grazie al quale sono potuta entrare in un progetto di ricerca dedicato all’analisi della cooperazione tra Aree Protette piemontesi e subsahariane e all’analisi delle diverse rappresentazioni e percezioni della natura. In particolare mi sono concentrata sul caso di un corridoio ecologico in fase di istituzione fra il Parco Nazionale Kaboré Tambi e il Ranch di Nazinga, nel sud del paese. Ho cercato, tramite interviste e ricerche, di raccogliere abbastanza informazioni in modo tale da poter delineare le caratteristiche dei diversi sguardi che contemporaneamente insistono sullo stesso territorio, sullo spazio del corridoio ecologico. Questo mi ha permesso di sperimentare sul campo l’effettiva presenza di numerosi paesaggi, percepiti in modo diverso a seconda dei punti di vista.
È stata un’esperienza significativa per me, sotto molti aspetti; ora sto aspettando di avere abbastanza fondi per poterci tornare e restituire così la tesi conclusa.
Il protocollo di Kyoto permette di realizzare emission credits in Paesi in Via di Sviluppo con progetti di tecnologie pulite a minor costo. Molti sono critici su questa compravendita, tu cosa ne pensi?
Rispondo come sopra: non credo sia facile esprimere un giudizio netto su meccanismi complessi e articolati come questi. Secondo me la creazione di questo tipo di meccanismi è stata sicuramente un’idea innovativa, che ha contribuito a diffondere all’interno dei principali settori produttivi una maggior consapevolezza delle conseguenze, le cosiddette “esternalità negative”, generate dall’emissione di gas climalteranti in atmosfera. Assegnare un valore economico ai beni ambientali, concetto che sta alla base di questi meccanismi, forse non è idealmente corretto, ma permette di dare un’idea della loro importanza, del valore dei servizi che quotidianamente la natura ci offre. L’importante, in questi meccanismi, credo sia la correttezza della loro applicazione, la quale deve mirare ad una netta riduzione senza prevedere troppe scorciatoie e garantendo sanzioni adeguate per i Paesi che non adempiono agli impegni. Inoltre bisogna ricordare che, trattandosi di atmosfera, qualunque fonte di inquinamento o riduzione nelle emissioni genera un effetto globale e non localizzato, per questo ha senso il sistema dello scambio dei crediti, il quale fissa un tetto massimo alle emissioni e permette poi alle imprese di trovare il metodo più economico per ridurle.
Come vedi il tuo futuro lavorativo? Cosa ti piacerebbe fare?
Vedo un futuro piuttosto incerto. Non solo per le circostanze esterne ma anche per la polivalenza degli studi seguiti. Attualmente mi piacerebbe approfondire la conoscenza del mondo delle aree protette, comincerò infatti con uno stage presso il Parco dei Colli di Bergamo. In futuro vorrei cercare di riavvicinarmi alla cooperazione internazionale di tipo ambientale, provando ad esportare l’esperienza piemontese dei “Parchi senza frontiere” anche in altre regioni d’Italia.
Bergamo o Torino?
Ber-rino!
Geografia o Scienze Umane dell’Ambiente?
Assolutamente geografia, sperando un giorno di non dover più rispondere alla domanda “che cos’è?”.
ps: chiedo scusa per il ritardo con cui ho risposto a questa intervista!