Pochi sanno cosa sia la Legge Mosca: grazie alla legge Mosca in 40 mila ricevono l’assegno senza aver versato contributi. La legge Mosca è diventata un bastimento sul quale sono saliti
quasi 40mila lavoratori – reali o presunti – di sindacati e partiti.politici. Pensioni facili, facilissime. Che hanno procurato alle casse dell’Inps un aggravio valutato in 10 miliardi dì euro.
Tra i beneficiari pare ci siano Cossutta, Del Turco, Marini, D’Antoni, Larizza, Occhetto, Napolitano.
Da Libero del 9 Agosto 2013 – A rappresentare l’impegno che la sinistra profonde per chi ha perduto il lavoro e non riesce a trovarne uno nuovo non c’è nulla di meglio dell’immagine che vedete qui a fianco. Il fotografo l’ha scattata mercoledì, mentre alla Camera era in corso l’esame del decreto legge su lavoro e Iva. Nell’istantanea si può scorgere Rosy Bindi mentre è impegnata in una partita di un popolare videogioco, A Montecitorio si decidevano i destini di coloro i quali cercano un posto e di quanti sono impegnati, nonostante la crisi, a garantirli ai propri dipendenti. E l’ex presidentessa del Pd, la pasionaria rossa cui è venuta l’orticaria al solo pensiero di un governo di unità nazionale nell’interesse dell’Italia, si divertiva on line. A qualcuno l’immagine della deputata democratica apparirà un dettaglio di poco conto, uno scatto divertente ma nulla di più. A noi invece pare la rappresentazione plastica di quel che sta succedendo. Mentre il Paese è allo stremo, la disoccupazione alle stelle e le aziende alle stalle, il Pd gioca sulla pelle degli italiani. Ai suoi organi dirigenti non interessano la crescita economica, il Pil, le tasse, la congiuntura, le difficoltà in cui incorrono quotidianamente le famiglie. A loro preme solo di poter continuare a occuparsi dei propri passatempi. Che quando non sono le gare di «Quattro immagini, una parola» della Bindi o quelle per eliminare un avversario politico di nome Berlusconi, consistono nelle competizioni interne, fra compagni della stessa parrocchia, ovviamente rossa. Perché, più che dalla crisi economica, il loro interesse è catturato dalla crisi del Pd. Ogni azione ha come obiettivo la conquista del partito per poi scalare la vetta più importante, quella del governo. Un fine per il quale si giustifica ogni mezzo: anche lo sgambetto alla stabilità nazionale. Epifani, pur di tenere il partito, è pronto a mollare il suo stesso compagno di schieramento, mandando a ramengo insieme con Enrico Letta anche il Paese. Berlusconi vada all’inferno è diventata la sua parola d’ordine, ma omette di dire che tra le fiamme finiranno anche gli italiani. Renzi non è da meno: come i ragazzini in preda a una tempesta ormonale non riesce a tenere a freno l’ambizione da statista e ogni giorno spara contro il presidente del Consiglio del suo stesso partito. Neanche Bersani ce la fa a stare calmo: nonostante la débâcle elettorale, invece di ritirarsi in esilio a Bettola a smacchiare le lucertole, smania per tornare. L’elenco dei partecipanti ai giochi olimpici del Pd potrebbe continuare, in quanto, nonostante siano stati rottamati, non c’è dirigente postcomunista che si sia davvero fatto da parte, accettando di ritirarsi a vita privata e godersi la pensione. Anzi, più hanno la pensione e più tendono a cumularla con altri incarichi e, ovviamente, con altri compensi. Il primo e più autorevole pensionato di lusso è lo stesso segretario del Pd, Guglielmo Epifani. Il numero uno del partito è un ex sindacalista che nelle fila della Cgil ha trascorso tutta la vita, ma quando è giunto il momento di cedere il testimone a Susanna Camusso per sopraggiunti limiti di mandato ha deciso di costruirsene una seconda da leader politico. Obiettivo ambizioso che non era riuscito a nessuno prima di lui, neppure a Luciano Lama, che fra i comunisti era, quanto a considerazione, appena sotto Berlinguer. A Epifani, il più debole dei segretari della Cgil (da socialista accettò di essere ostaggio dei compagni), al contrario il colpo è andato a segno. Così, oltre a moltiplicare gli incarichi, il segretario è riuscito a moltiplicare gli emolumenti, unendo alla pensione l’appannaggio da parlamentare. Non è tutto. Recentemente un suo compagno di sindacato, l’ex numero uno della Fiom, cioè un cigiellino duro e puro cresciuto con i picchettaggi alla Fiat, lo ha accusato di intascarsi un vitalizio da nababbo, uno di quegli assegni previdenziali che secondo il Pd andrebbero tosati per trovare i fondi da donare ai disoccupati. Secondo Gianni Rinaldini, Epifani incasserebbe una rendita mensile ben più alta di quella percepita dai suoi colleghi, vale a dire 3.400 euro netti, mille in più – tanto per fare un esempio – di quelli che si mette in tasca il suo predecessore nonché europarlamentare Sergio Cofferati. Perché?, si è chiesto il capo della componente arrabbiata della Cgil. A quanto pare la super pensione sarebbe frutto di una super furbata. Come la maggior parte dei sindacalisti, l’ex segretario ha goduto dei contributi figurativi, cioè di marchette che le confederazioni non pagano ma l’Inps registra come se lo fossero. In genere questi contributi sono al minimo e al momento di ritirarsi danno vita a una pensione per l’appunto minima. Tuttavia ai sindacati, grazie a un trucchetto introdotto nel 1996, cioè ai tempi della prima riforma previdenziale, fu consentito di versare un’integrazione, in modo che grazie al sistema retributivo la pensione venisse calcolata sugli ultimi anni di lavoro. Però, a quanto pare, nel caso di Epifani l’integrazione è stata robusta, al punto che nell’ultimo periodo il numero uno della Cgil ha potuto portare lo stipendio oltre i cinquemila euro lordi, giovandosi di un aumento di 800 euro. Così l’assegno pensionistico – a carico dell’Inps – sarebbe lievitato e Rinaldini ora ne chiede conto, definendo il comportamento del compagno segretario «eticamente e politicamente inaccettabile». Ma i cumuli non finiscono qui. Perché una volta dimessosi dalla guida del sindacato, Epifani si sarebbe fatto assegnare, come presidente dell’Associazione Bruno Trentin, 500 mila euro l’anno, una segretaria, una portavoce, due autisti e un’indennità di duemila euro netti. Soldi che sarebbero stati investititi nell’ultima campagna elettorale, auto di servizio compresa. Che dire? Non è una perfetta rappresentazione di che cosa intendano dentro il Pd quando parlano di difendere i pensionati e il loro potere d’acquisto? di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet
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