Epifani inciampa, barcolla e cade. Purtroppo non è una metafora e le iene del Pdl spolpano la carcassa.

Creato il 20 maggio 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Povero PD, che fine miserrima! È talmente messo male che ora anche il destino si fa cinico e baro e... ruzzola. Il PD rotola, rotola, come la trottola di Gianni Meccia. Travolto dalle sue stesse timidezze, dall'ansia di protagonismo dei suoi dirigenti, da quella pletora fantastica di ideologi che si ritrova, il PD sembra essere stato pizzicato dalla tarantola. Non a caso Massimo Bray è stato imposto da D'Alema come ministro della cultura. Forse stordito dal ruzzolone di cui è stato vittima ad Avellino, Guglielmo Epifani, ieri, ne ha dette e fatte più di Carlo in Francia. Se l'è presa con tutti (quelli di sinistra ovviamente, con gli altri è in corso la pacificazione e quindi, meglio non disturbare). Ha iniziato attaccando il sindacato, in particolare la Fiom che lo aveva accusato di aver disertato Piazza San Giovanni. Lui, il neo segretario traghettatore, la vede in un modo. Noi, dopo Brescia, la vediamo in maniera diametralmente opposta. Non diciamo che una delegazione ufficiale del PD alla manifestazione sul lavoro, avrebbe risollevato le sorti del partito, ma almeno avrebbe fatto capire ai militanti che un po' di anima di sinistra da quelle parti vive ancora. Invece l'Epifani barcollante, e cadente, non ha perso l'occasione per attaccare tutte le anime della sinistra accusandole addirittura di fellonia. Continua a difendere a spada tratta il LettaLetta I e, anche se Berlusconi si piglia tutti i meriti dei populismi e lascia al PD le colpe dei tagli e delle tasse, dice: “La nostra si chiama responsabilità”, a noi sembra un suicidio in piena regola, ma è solo una questione di prospettiva. Ma la perla vera, Epifani l'ha tirata fuori dall'ostrica quando ha parlato del rapporto con Sel e con Nichi Vendola. Ergendosi a paladino di tutti i cuor di leone italiani, Guglielmo, che non si chiama Riccardo, ha detto: “Non mi piace la sinistra che scappa”. E in questa frase sono condensati i motivi di tutte le sconfitte della sinistra negli ultimi venti anni. Il PD non è mai scappato, anzi. È rimasto ferocemente abbarbicato ai suoi scranni e alla sue piccole rendite di minoranza, con la caparbietà dei cafoni siloniani. Quando qualcuno gli faceva notare che non aveva proposto una legge sul conflitto d'interessi, sulla ineleggibilità di Berlusconi, contribuendo addirittura a meglio riformulare le leggi ad personam, la giustificazione ufficiale del PD è sempre stata quella della “pace sociale”. Secondo Luciano Violante (e non solo lui), una legge contro Silvio avrebbe imbarbarito il Paese e così, anno dopo anno, l'Italia e gli italiani sono stati fagocitati da quell'immenso tritacervelli che chiameremo, per brevità, berlusconismo. Dopo aver fatto scempio del patto con gli elettori, andando a governare con il nemico di sempre, Epifani ha dato dei vigliacchi a quelli di Sel e del M5S e li accusati, paro paro, di fuga precipitosa dalle responsabilità. Ora, chi abbia lapalissianamente tradito il patto con gli elettori, crediamo sia un fatto assodato, quello che sconvolge però, è che Epifani, appena eletto, abbia già dato ampia dimostrazione della temuta svolta “centrista” del Partito Democratico. Ma ieri è stata la giornata della summa delle correnti pidine. È tornato Vuolter con la solita palla della “sinistra che vorrei”. Ma che cazzo di sinistra vuoi, tu, che ti sei fatto mangiare da Berlusconi in un boccone? Tu che per una intera campagna elettorale hai fatto finta che Silvio non esistesse mentre ti centrava ogni giorno con colpi di bazooka chirurgici? E poi quell'altro, il sindaco di Firenze, che intervistato da Mario Calabresi al Salone del Libro, ha detto “Io non sono antiberlusconiano”, poi, rendendosi conto di averla detta grossa dal gelo che si era creato in platea, ha cercato di farfugliare una risposta che nessuno ha capito. Non ci credete? Andate sulla webtv della Stampa e riascoltatelo, roba da infuocare il sangue nelle vene. Matteo Renzi ha comunque annunciato che a ottobre non si presenterà candidato alla segreteria del PD. La ragione è semplice, a ottobre Matteo sarà a Palazzo Chigi.

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