Magazine Diario personale

Episode 0

Da Danielebailo @DanieleBailo

Clic.. clac…clac.. cloc.

Silenzio.

Clic clic.. clac. Clic clic…

$(self.el).append(this.messages.login);

 

“Mhmmmm… aspetta però. Ridefiniamo un attimo la proprietà login.. “

var this.messages={
“login”:”Welcome to your new social life”,
“logout”:”See you in while.”
}

 

Maximus strizzò un poco gli occhi, fece uno sbadiglio e udì il segnale del tomato timer digitale: una applicazione leggera che girava sempre in background ed aveva lo scopo di avvertirlo che il suo modulo lavorativo di mezz’ora era finito. Poteva sgranchirsi, fare due passi, riposare gli occhi, magari incontrare un collega alle macchinette del caffè. Era una delle varie strategie che adottava per non farsi totalmente aspirare nell’estasi della programmazione: slot di mezz’ora con obiettivi ben definiti e misurabili, poi una pausa per tornare nel mondo materiale.

Questo sottoponeva il suo spirito ad una continua transizione tra il mondo dei bit, delle strutture dati, dell’ottimizzazione del codice, delle chiamate ricorsive a funzioni map-reduce da una parte e la vita d’ufficio, le telefonate, le richieste dei colleghi dall’altra.

“Yahhwn”, si lasciò sfuggire uno sbadiglio ad un volume che avrebbe potuto disturbare i suoi vicini di scrivania nell’open space dove lavorava. Il torpore del pranzo abbondante in mensa non gli permetteva di abbandonarsi completamente al piacere della manipolazione del codice, stavolta anche senza tomato timer.

Fece per alzarsi dalla sedia, ma volle dare un’ultimo sguardo all’oggetto appena creato. Già sapeva che nella sua testa le idee su come ampliare la struttura JSON  – ora solo abboazzata –  avrebbero continuato a roteare ancora un po’ quando sarebbe uscito dalla stanza per la pausa.

Facendo un piccolo sforzo di volontà che interrompeva definitivamente ogni speranza di prolungare il piacere programmatorio, si avviò nello stretto corridoio tra le scrivanie. A ben pensarci era una una struttura astratta anche quello. Non era un vero corridoio, ma uno spazio definito dalle scrivanie e dai pannelli in carton gesso che delimitavano lo spazio di ogni dipendente. Quello che ne rimaneva era un camminamento che portava verso un atrio con una finestra, una pianta grassa, una macchinetta del caffè.

Lo percorse ed arrivò alla porta.

Era una giornata di sole, oramai sole pomeridiano. Salutò la collega del piano di sopra, che sbattè le ciglia con un fare gallinaceo che sempre lo attraeva. Il suo bel viso, il corpo ben proporzionato, i capelli ricci finto disordinati e quel fare eccessivamente espansivo fermarono un poco il pensare di Maximus, ancora concentrato sul lavoro appena lasciato.

“Ciao Claudia, fai pausa anche tu?”

“Sì Maximus, oggi ci hanno bombardato di telefonate ed ho bisogno di fermarmi un attimo. I clienti della ClimaSer sono eccitatissimi per il nuovo sistema che state programmando. Dicono che gli serve subito, non possono aspettare! Non li ho mai sentiti così in apprensione, dovete aver creato qualcosa di veramente eccezionale…”

A Maximus questa ansia di avere il software finito non era mai andata giù. Non si aveva tempo per pensare, per rifinire il codice, ottimizzarlo… si rimaneva incastrati nei cicli di lavoro, nei test degli output, negli use case che poi non avevano mai nulla a che fare con la realtà. Ci si rigirava tra le carte e si produceva software di medio livello, invece di mettere le mani nel codice, entrare nel cuore della macchina, scoprirne i segreti e piegarla alla propria volontà.

“Davvero? Bhè allora vuol dire che siamo proprio forti!”

Claudia si lasciò andare ad una risata che partendo da toni medi aumentava verso quelli più acuti, seguendo le sincopi degli “hi hi”, mostrando quelle splendide fossette sulle guance, abbassando un poco il volto e guardandolo dal basso sbattendo un poco gli occhi, come a schermirsi da una proposta troppo personale che lei desiderava ma a cui non voleva acconsentire. Non subito perlomeno.

“Sai, prima di venire a lavorare qui non credevo che l’informatica potesse essere così coinvolgente, dovete essere veramente speciali voi, hi hi hi…“ ammiccò di nuovo.

“Perché ne dubitavi? Che siamo speciali, voglio dire… eh eh “ ed anche lui si lasciò andare ad una risata che suscitandogli un po’ di ilarità e leggerezza ricacciava definitivamente nell’oblio i pensieri in background circa l’oggetto JSON programmato poco prima.

Con Claudia era così. Un gioco delle parti. Lei faceva la gallinella, lui si esercitava a fare il galletto. E poi finiva lì. E tutti e due poi tornavano alle loro scrivanie soddisfatti. Un gioco. Solo un gioco che fino adesso avevano non solo gestito bene, ma che gli permetteva anche di vivere in maniera tutto sommato innocua quei strascichi di adolescenza poligama.

Maximus mise cinquanta centesimi nella macchinetta, deciso a spendere alcuni minuti di leggera serenità in compagnia di Claudia e di un caffè di bassa lega.

“Ma che dici scemotto. Qui lo sanno tutti che l’unica davvero speciale sono io. Per questo mi pagano diecimila euro al mese!” disse atteggiandosi a donna di gran classe, raddrizzando la schiena, facendo sporgere i seni e alzando il mento, consapevole che il suo stipendio di milletrecento euro era anche più basso di quello di Maximus. Ma resistette pochi secondi e si mise a ridere facendo crollare ogni apparenza aristocratica.

“Certo, chiaro. Non intendevo assolutamente offuscare la tua immagine luminosa, figuriamoci. Qui tutti parlano di te, sempre” rispose un poco sfidante Maximus, cercando mettere Claudia nella situazione di chiedergli cosa dicessero di lei. A quel punto avrebbe potuto fare il vero galletto, avere in mano la situazione e provare quel lieve piacere dato dal potere di giudizio su qualcuno per cui i pareri altrui sono importanti.

“Perché, cosa dicono?”. Che pollastra. Ci era cascata. Perfetto, Maximus ora aveva il controllo. Poteva sparare tutte le cartucce che aveva in canna.

“Bhè qui sotto girano molte voci…” disse con un sorriso di sufficienza.

“Maximus! ti stanno chiamando ininterrottamente al telefono da cinque minuti!” lo interruppe un collega affacciandosi dalla porta dell’open space.

Merda, proprio adesso dovevano venire a rompergli le palle!

“Credo sia il capo, il numero sul display mi pare il suo” aggiunse.

Non aveva nemmeno avuto il tempo di rilassarsi davvero, uff!

Ingurgitò il caffè tutto d’un sorso, salutò frettolosamente Claudia e si precipitò verso il desk.

Come vorresti che continuasse la storia di Maximus?


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