Il Bakufu dei Minamoto
Hojo Masako
Minamoto Yoritomo scelse come sede Kamakura, stabilendovi il bakufu, o “governo della tenda”. Non tentò di infiltrarsi a corte ma attese di consolidare il proprio potere. Ottenne diverse cariche, tra cui quelle dei sōtsuibushi (capo della polizia militare), sōshugo (capo dei governatori militari) e sōjitōb(capo degli intendenti terrieri militari). Nel 1192 ottenne la carica di shōgun (generalissimo), abbreviazione di sei i tai shōgun (gran generale che sottomette i barbari). Iniziano così le dinastie degli shōgun: il potere si sposta dalle mani dei Fujiwara a quelle degli shōgun; l’autorità effettiva, il governo del paese, viene separata da quella imperiale, anche se si intenderà sempre che lo shōgun governa per delega imperiale.
La possibilità per gli imperatori di esercitare il potere effettivo, attraverso la pratica dell’insei, o ritiro dell’imperatore, scompare con l’istituzione della shogunato.
Si verificò una spartizione dei poteri tra il bakufu e la corte, la cui importanza andava sempre più riducendosi poiché non disponeva di alcun potere militare. Il bakufu istituì i propri organi di governo nelle province, che progressivamente esautorarono quelli imperiali, anche se il dualismo resistette a lungo.
L’intenzione di Yoritomo di fondare un governo militare fu chiara dal principio, poiché non cercò di infiltrarsi a corte, ma si tenne lontano da quell’ambiente che giudicava corrotto ed effeminato.
Nella sua base nel Kantō riuscì ad operare un cambiamento rivoluzionario nella struttura di governo, fondando un’autocrazia militare in opposizione a quella imperiale, che in seguito si sarebbe dovuta accontentare del semplice ruolo di dispensatrice di cariche.
I tre ministeri principali erano il Samurai-dokoro (ufficio degli affari militari), il Monchujō (ufficio investigativo), e il Mandōkoro (ufficio dei documenti pubblici), i tre presidenti di questi ministeri, con sede a Kamakura, formava la commissione consultiva che discueva i problemi civili e militari alla presenza dello shōgun.
Yoritomo chiamò al suo servizio abili amministratori, provenienti dal governo della capitale e dall’emergente classe dei samurai.
Il legame di fedeltà tra shōgun e vassallo divenne il vero fondamento della società feudale.
Alla morte di Yoritomo, che si era liberato del fratello Yoshitsune e del cugino Yoshiaka, vedendoli come rivali, scoppiò una lotta per la successione, che si risolse a favore di Hōjō Masako, vedova di Yoritomo, con l’assassinio di Sunetomo, figlio di Yoritomo, si estingueva il ramo dei Minamoto e dal quel momento gli Hōjō restarono i dominatori del Giappone per circa cento anni.
La reggenza Hōjō
Ritratto dell'imperatore Go Toba, Fujiwara no Nubuzane, 1221
Durante la reggenza Hōjō si verificò il tentativo di rivolta da parte della nobiltà (disordini Shōkyū, 1221) capeggiata dall’imperatore in ritiro Go Toba, ma il governo riuscì a sedare i tumulti.
Fu promulgato uno dei primi codici dell’epoca feudale: il Jōei Shikimoku. Non aveva carattere di codice penale, ma era strutturato come una raccolta di casi giudiziari e sentenze emesse da bakufu. Date le mutate condizioni generali nell’organizzazione del governo centrale e delle province, il vecchio codice Taihō del 701 non risultava più attuale, quindi gli Hōjō sentirono la necessità di far redigere un nuovo corpo di leggi.
Nel 1225 un consiglio di Stato (Hyōjōshū) formalizzava la posizione dello shikken (reggente per lo shōgun) al vertice del potere esecutivo.
Lo shikken Hōjō Yasutoki riuscì a sviluppare un energico ed empirico sistema amministrativo nelle province, aumentò la stima e la fiducia dei vassalli e dei samurai nei confronti della famiglia Hōjō; si adoperò a migliorare le condizioni generali delle istituzioni senza muovere l’ago della bilancia a favore di nobili, civili o militari.
Il nuovo codice sanciva l’affermazione al potere dei feudatari e la diminuzione di quello imperiale (ad esempio, le terre non erano più proprietà imperiale ma dei feudatari; si stabiliva che nessuno potesse richiedere cariche all’imperatore senza il preventivo assenso dello shōgun).
La minaccia mongola
Il Giappone era stato in rapporto con altri paesi dell’Asia, ma in un rapporto strettamente economico e culturale. Il paese non era mai entrato a far parte dei grandi sviluppi della politica eurasiatica. Uno di questo sviluppi arrivò a coinvolgere direttamente il Giappone, l’espansione del popolo mongolo.
La prima spedizione contro il Giappone si ebbe nel 1274. Una flotta di novecento navi partì dalle coste coreane, occupò Tsushima e da qui attaccò l’isola di Kyushū. La resistenza giapponese sarebbe stata sopraffatta se un tifone non avesse disperso le navi mongole, costringendo gli avversari alla ritirata.
Una seconda spedizione fu organizzata nel 1281. I mongoli si avvalsero della collaborazione nautica e militare della Cina, che era stata conquistata. Anche questa volta un ruolo decisivo lo ebbe un tifone, che disperse l’esercito mongolo dopo cinquanta giorni di lotta.
Di fronte all’invasione da parte dello straniero i giapponesi, per secoli divisi in fazioni, ritrovarono lo spirito di solidarietà nazionale. Da questi episodi nacque anche il mito del “kamikaze” (“il vento divino”) e la credenza che il Giappone godesse della protezione divina.
La mancata invasione portò comunque conseguenze rilevanti. Le operazioni militari esaurirono le riserve finanziare del bakufu, pressato da coloro che pretendevano una ricompensa per l’apporto prestato durante la guerra (compresi i vari santuari e templi, che si conferivano il merito di aver ottenuto l’intervento divino, dando un contributo fondamentale alla buona riuscita del conflitto).
In passato c’era sempre stata una fazione vincente ed una sconfitta, così che i vincitori avevano sempre potuto giovarsi di un bottino in seguito alla vittoria. Questa volta invece, il nemico sconfitto non c’era più e non restava alcun bottino da dividere.
Nel 1294 il bakufu dichiarò di non essere disposto a concedere più nessuna ricompensa. Il malcontento iniziò a diffondersi ovunque e la fine del governo degli shikken era vicina.
Il samurai Takezaki Suenaga che fronteggia frecce e bombe mongole. Da Moko Shurai Ekotoba, XIII secolo