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Equilibrio tra stoicismo ed Epicureismo: quando la filosofia insegna la quotidianità

Da Anna
Equilibrio tra stoicismo ed Epicureismo: quando la filosofia insegna la quotidianità


Per chi ancora pensa “ cosa serve la Filosofia nel 2014”?, la risposta la da il saggio di J. Evans dal titolo “Filosofia per la vita e altri momenti difficili”, edito da Mondadori; un testo scritto in modo semplice che mette in relazione le più recenti metodologie psicologiche con il pensiero dei grandi filosofi dell’antichità.E la cosa interessante è scoprire che già allora la filosofia non nacque come pura speculazione ma come processo di consapevolezza che potesse aiutare nella vita pratica.La riflessione filosofica aiuta ad esaminare le nostre vite, ad esporre quel sistema di valori, credenze e pensieri che guidano e limitano i nostri comportamenti e atteggiamenti. La filosofia infatti agisce nella dimensione dell’animo umano sollecitando domande e riflessioni che aprono orizzonti di senso: l’uomo che indaga se stesso, attivando la propria consapevolezza,  lavora per  cambiare le mappe cognitive e il modo di percepire gli eventi,  conoscendo ed elaborando il proprio disagio esistenziale.Il lavoro riflessivo che si dispiega in questo contesto consiste effettivamente nel portare la persona a contatto con la propria esperienza del mondo, con quel vissuto che, solitamente, nel suo scorrere, non si lascia osservare dall’alto, ma sfugge all’occhio che tenta di interrogarlo.La filosofia, infatti, indagando per principio l’animo umano e allenando l’uomo attraverso la sua pratica, crea le condizioni per un’apertura di senso alle domande e all’angoscia dell’esistenza senza però costringere questo processo, naturale e spontaneo, all’interno di un circuito predefinito e finalizzato: come la levatrice di Socrate, il consulente filosofico aiuta a chiarificare quali sono le strutture che disegnano il proprio mondo-della-vita e come esse si muovano, evidenziandone eventuali contraddizioni e ponendo in questione quei nodi irrisolti che giacciono come interrogativi non ascoltati.Nello specifico mi sono soffermata su due filoni filosofici che apparentemente sembrano agli antipodi: lo Stoicismo come arte di dominare le passioni attraverso la fortificazione e l’Epicureismo come arte di saper gustare il momento.Lo STOICISMO è una corrente filosofica e spirituale fondata intorno al 300 a.C. ad Atene da Zenone di Cizio, con un forte orientamento etico. Tale filosofia prende il suo nome dalla Stoà dove Zenone impartiva le sue lezioni. Gli stoici sostennero le virtù dell'autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, come mezzi per raggiungere l'integrità morale e intellettuale. Nell'ideale stoico è il dominio sulle passioni o apatìa che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza. Riuscire è un compito individuale, e scaturisce dalla capacità del saggio di disfarsi delle idee e dei condizionamenti che la società in cui vive gli ha impresso. Lo stoico tuttavia non disprezza la compagnia degli altri uomini e l'aiuto ai più bisognosi è una pratica raccomandata. Pensate per esempio, quanto sia importante nella vita di tutti i giorni, coltivare un atteggiamento stoico, alla guida dell’auto o mentre si fa la fila in banca, oppure nella gestione di qualche cliente o collega con problemi caratteriali.
L'
EPICUREISMO Prende il nome dal suo fondatore  Epicuro di Samo (342-270 a.C.). La scuola (o “giardino” poiché sorgeva in una casa circondata da un ampio parco), costituiva un associazione di amici che si impegnavano a condurre vita comunitaria. Per Epicuro la base del sapere è la sensazione  che porta alla conoscenza. Egli  poneva il fine dell’uomo nel conseguimento del piacere, inteso non come godimento sensuale, ma come equilibrio interiore, che il saggio raggiunge vivendo appartato, contentandosi di appagare i desiderî naturali e necessarî, e soprattutto liberandosi del superstizioso e vano timore della morte e degli dei.  Secondo l’etica epicurea, vi sono due specie di piacere: il piacere stabile, che consiste nella privazione del dolore ed il piacere in movimento, che consiste nella gioia. Epicuro distingue inoltre bisogni naturali e vani: dei bisogni naturali solo alcuni sono necessari (il mangiare), altri no (il mangiare troppo). L’epicureismo non vuole quindi l’abbandono al piacere, ma il calcolo e la misura dei piaceri, dovuto alla saggezza. In altre parole è un invito a contattare i bisogni reali e non indotti di cui l’essere umano sente la necessità per vivere appagato. Pensiamo alla critica che spesso facciamo alla nostra società dei consumi: come cambierebbe la nostra vita se fossimo davvero in contatto con i nostri veri bisogni? Che differenza c’è tra piaceri naturali e necessari, piaceri naturali ma non necessari piaceri non naturali e non necessari? Sono certa che un po’ più di consapevolezza potrebbe aiutare noi e la nostra società a ripristinare un certo  equilibrio. Queste sono soltanto due delle correnti analizzate in questo testo, a voi scoprire il resto e come il tutto può essere applicato alla vita pratica!


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