Magazine Diario personale
Alcune volte mi sento una funambola perennemente in bilico. Sarà anche vero che l'amore di una mamma è infinito e infiniti sono i modi di manifestarlo. Eppure io mi sento sempre in difetto, verso l'unoo l'altro dei due nani. Quando ne addormento uno, perché lo cullo in braccio o gli accarezzo i capelli finché non cade fra le braccia di Morfeo, vuol dire che sto trascurando l'altro, che nel frattempo si sarà addormentato da solo, o con il papi. Ma senza la mamma.
È una sensazione difficile da capire per chi non la vive, lo so. E non è la stessa cosa per chi ha più di un figlio, di diversa età. Loro hanno avuto il loro periodo di coccole più o meno dedicato. I gemelli no. Devono condividere tutto, dal primo giorno. Anche in ospedale. Anche in pancia. Molti genitori si assegnano un gemello. Mi capita spesso di incontrare persone che dicono: il papi è stato furbo, lui si è subito preso il gemello che dorme. Nella crescita, queste simbiosi si definiscono e amplificano. Noi abbiamo voluto sin dall'inizio combattere contro questo rischio. Ma è dura, anzi durissima. I primi mesi alternavamo ogni notte il gemello di cui occuparci scambiandoci le culle. Adesso siamo meno fiscali ma dobbiamo stare con le antenne tese per cogliere al volo qualsiasi segnale di preferenza o di attaccamento esclusivo e a quel punto invertire subito la tendenza. Ci sono vari modi per creare legami più forti: sappiamo che possiamo giocare sull'ora della nanna, della pappa, del bagnetto e del cambio. Ma anche crearci momenti di gioco speciali dedicati sono a uno dei due, allontanando l'altro con una scusa. Anche uscire a fare una breve passeggiata tête-à-tête è un'idea. Però una parte della testa, anzi del cuore, resta sempre all'altro, lasciato a casa.
Non c'è soluzione, né scappatoia, qualsiasi cosa faccia mi sembra sempre poco, mi sembra non sia mai abbastanza. La tendenza a fare di più è infinita, così come la stanchezza che ne consegue. Se qualcuno mi chiedesse qual è l'aspetto più difficile nella gestione dei gemelli io non avrei dubbi, oggi, e risponderei che è questo: l'impossibilità di clonarsi. L'impossibilità di avere quattro braccia per tenere in braccio entrambi e abbracciarli quando sbattono la testa fra loro ed entrambi si fanno male (si, succede, e anche spesso, che rimbalzino testa contro testa!) e l'impossibilità di avere due bocche per baciarli entrambi nello stesso momento. Quando mi siedo accanto a loro, la sera dopo il lavoro, loro fanno a gare per buttarsi su di me e abbracciarmi ed è una cosa dolcissima e straziante al tempo stesso: a volte giocano, ma a volte sono davvero determinati a scavalcarsi o spingersi per vincere qualche centimetro in più di mamma.
È sera, mentre scrivo queste righe. Il papi lavora e i mostri dormono. Poco fa ho sentito Lorenzo, in camera con papi, che chiamava "mamma mamma mamma", fra le lacrime. Pochi minuti di pianto che mi sono sembrati ore. Io ero in salone, con Tommaso, che stava finendo il suo biberon di latte e si era già praticamente addormentato fra le mie braccia. Troppo spesso mi sento di non bastare. Eppure, non ho quasi più una vita all'infuori di loro e del lavoro. Davvero non so come potrei fare di più. Però ci provo sempre, e ci prova anche il papi, lo vedo. Con il risultato che la nostra carica di energia si è quasi esaurita.
E' sera e mi chiedo se stiamo facendo bene. Se siamo all'altezza del difficilissimo compito che ci è stato assegnato. Sono domande senza risposta, lo so.
Voi come fate? Siete riusciti a clonarvi? Avete trovato una qualche ricetta miracolosa? No perché io sono disposta a pagare anche salato chi vorrà darmi ripetizioni... ;)
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