Confesso che ogni romanzo che leggo dell’autore romagnolo Eraldo Baldini è al contempo una scoperta e una conferma. Scoperta perché, pur rimanendo fedele al genere noir, ogni racconto apre scenari inediti, introducendo personaggi sempre più caratterizzati e “vivi”, aggiungendo nuovi tasselli che rendono le trame sempre più complete e coinvolgenti. Conferma per le storie mai banali e studiate fin nei minimi particolari, che, disseminati qua e là tra le pagine, lentamente ma inevitabilmente, contribuiscono alla creazione del quadro finale. Nebbia e cenere (Einaudi, 2004) incarna pienamente il modus operandi di Baldini. Sorretto da un linguaggio scorrevole e di impatto, con il caratteristico stile asciutto ed incisivo che lo contraddistingue, gradualmente, e in modo quasi indolore, vediamo prendere vita davanti a noi un mondo che ci è subito familiare, in cui si muove “naturalmente” una pletora di personaggi assolutamente ordinari, quasi banali, che acquistano però spessore e carnalità pagina dopo pagina. Baldini ci racconta la vita quotidiana di un paesino, Lancimago, dove il sole, quando riesce a far capolino tra le nebbie, diventa una presenza quasi da festeggiare, che allontana per un attimo la tristezza che incombe tanto sul paesaggio quanto negli animi degli abitanti che vi risiedono. La storia ruota intorno a Bruno, romantico sognatore, con una laurea nel cassetto e l’aspirazione segreta di diventare scrittore, anche se ormai fa il conducente di scuolabus. La vita di Bruno scorre apparentemente felice, colmata com’è dalla presenza dei “suoi” bambini: Chiara, Marina, Francesco e Christian, che scarrozza sul suo scuolabus, tra litigi e scherzi quotidiani. Ma qualcosa gli brucia dentro l’animo e la mente: i ricordi del terribile incendio della casa dove perse la vita la sorella Anna e il pensiero di Serena, la sua ex, che un bel giorno lo ha mollato per rincorrere il successo e che lui non riesce a dimenticare.
Gradualmente il mondo spensierato e bucolico delle prime pagine inizia a squarciarsi, i vari personaggi, il cui ritratto psicologico è quanto mai approfondito, cessano di essere figurine di contorno, per diventare persone a tutto tondo, reali, piene di dubbi e paure, che si trasformeranno in attori di una tragedia annunciata. Baldini – senza nulla tacere o tralasciare – si sofferma a indagare il tema della reazione all’abbandono nelle relazioni amorose; Bruno viene psicanalizzato, praticamente vivisezionato, portando a galla tutti i pensieri e le emozioni più intime, andando a rovistare senza ritegno nella diacronia della relazione con Serena. I momenti belli, le incomprensioni, i silenzi, le strane reazioni divengono così tessere di un mosaico che lentamente si ricostruisce portando, al ritmo di una ballata malinconica, all’esplosione di una follia struggente e sconvolgente, che nel finale colpisce allo stomaco il lettore. Ogni pagina del romanzo è intensa e piena di vita, i sentimenti e le emozioni che squassano l’anima di Bruno sono gli stessi che chiunque sia stato innamorato, ha provato almeno una volta nella vita, e questo unisce ancor più il lettore ai protagonisti, rendendo la liaison davvero “pericolosa”. Ancora una volta Baldini colpisce duramente sforbiciando i buoni sentimenti e gli amori “da copertina” per lasciare solo il nero, l’oscuro, che si annidano potenzialmente in ognuno e che, talvolta, si sprigionano in tutta la loro virulenta forza distruttiva. Un romanzo da leggere tutto d’un fiato, che ti cattura dopo i primi due periodi e che ti tiene prigioniero fino alla fine conducendoti sull’orlo del baratro.