Come ho fatto finora a non recensire nessun film di Davd Lynch? Uno dei miei maestri ispiratori di sempre nonché idolo di una tormentata adolescenza? Eppure l'ho fatto, quindi urge rimediare. Perché davvero non sapete quanto abbia voluto dire il suo cinema per me. E ricordo ancora di quella volta in cui uscivo con una tizia e la convinsi a vedere con me un suo film... due gioni dopo andò a dire alle sue amiche che ero un malato di mente e che le cose che guardavo testimoniavano questa sua ipotesi. Ma nonostante questo tiro mancino, a Lynch non posso che volergli bene. E testimonierò questo amore recensendo questo film, che riuscii a reperire dopo anni di attesa, quando mia mamma finalmente fece la famigerata connessione a internet, connessione che cercò di togliere a tempo record quando scoprii che andavo a scaricare cose come questa.
Henry Spancer è un tipografo che vive in una realtà parallela decadente al massimo. Un giorno, dopo una cena dai genitori della sua ragazza a base di polli cotti che sanguinano e muovono le zampe, la madre della sua amata ha un attacco di cure e lo informa che la sua ragazza ha partorito uno strano feto con la testa di coniglio scuoiato. Henry si porta a casa figlio e fidanzata, ma la realtà (già assurda di suo) cominci a complicarsi sempre di più...
E' difficile parlare di un film come questo perché subito, data la sua estremità, si opta per due diverse correnti di pensiero. C'è chi lo definisce una cagata pazzesca, altri invece come un capolavoro. E indovinate un po? Esatto. Io me ne sto nel mezzo. Ma è un mezzo che tende verso il capolavoro, anche se il film non mi ha mai convinto più di tanto. Da qui a dire che sia una pellicola brutta op inutile il passo è lungo, ma Lynch o non Lynch qui non posso esimermi dal mancare di citare diversi difetti che ancora oggi mi fanno interrogare. Non ne discuto l'assoluta abilità stilistica e visiva, che nonostante un budget ai limiti dell'esiguo riesce a creare dei veri e propri capolavori di visionarietà. Anche la fotografia in bianco e nero fa aumentare di brutto l'ansia e la claustrofobia opprimente che si sente per tutta la (breve) durata, conferendogli quell'effetto retrò che male non fa di certo. Gli attori invece sono quello che sono, però bisogna contare che questo film è stato fatto in un particolare periodo della vita di Lynch, il quale durante quel periodo perse la casa e pur di terminare le riprese dormì sul set. Tutto questo film è iniziato in maniera quasi casuale, e visto che partiva come opera di pure underground degli attori capaci e competenti non erano un qualcosa di così facile da ottenere. Le riprese comunque fra alti e bassi durarono sei anni, e il fil venne distribuito nei cinema di mezzanotte, ottenendo con modesto ritardo molti riconoscimenti e proiettando Lynch come il nuovo maestro della cinematografia post industriale. Tutte cose che lasciano un buon curriculum a questa pellicola, ma che purtroppo non me la fanno amare [almeno, non fino in fondo]. I momenti onirici sono una costante dei film di Lynch, ma personalmente tutti quelli dei suoi film più conosciuti li ho sempre trovati coerenti in base a quello che l'autore voleva dire, di conseguenza legati a un canovaccio intellettuale favorito alla realizzazione di una certa tematica. Molti mi hanno contestato questo parere, però io rimango della mia idea. I deliri visivi ci stanno tutti, ma devono anche essere giustificati, come ogni cosa. Altrimenti se un film si basasse solo su quelli, sì che potremmo dire il classico e proverbiale "Avrei saputo farlo anch'io!" In quest Eraserhead infatti mancano le giustificazioni. E non che sia un male, perché tutto quello che c'è è un assoluto bel vedere, però a fine visione mi resta sempre quel vago senso di dubbio che mi porta a domandarmi se il buon Davidino abbia voluto illuminarmi con un messaggio che non ho colto oppure se tutto quello che ho visto altro non è che una sonora presa per il culo. Cose che per esempio non mi sono mai successe tutte le volte che ho visto Tetsuo, film a questo vagamente analogo per stile e quantitativo di budget, perché in tutta quella follia ho visto un qualcosa che ha saputo illuminarmi. In questo film ci sono momenti che sono un puro delirio (meta)cinematografico, situazioni ai limiti del grottesco e personaggi che fra disgusto e interesse mi sono decisamente impressi nella memoria, però tutto finiva quasi sempre lì. La ragazza canterina (canzone ripresa dai Pixies e dai Bauhaus) dalle ganasce deformi mi tormenterà più per le sue fattezze che per altro, e nel feto diabolico non ci ho visto la paura della paternità spacciata da Lynch, così come nella fabbrica per gommini per matite non ho saputo trovarci chissà quale bellezza intrinseca al di là dell'idea di partenza. Così come l'uomo al macchinario è come un soprammobile: bell'ornamento, ma alla fine dei conti se ne poteva fare a meno.
So che forse molti mi odieranno per i miei pareri, ma purtroppo il nostro paese è una democrazia. Detto questo sia chiaro che non intendo sdoganare o sminuire il film, che rimane ancora oggi una delle pellicola più meritevoli di sempre, però troppi quesiti rimangono senza risposta. Ma a Lych gli si vuol bene anche per questo.Voto: ★★★½