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Questo aumentava la mia confusione, io ho sempre scambiato Giosuè Carducci non con Giovanni Rana ma Pascoli. Eppure ci voleva poco a decidere di concentrarsi una volta per tutte e inventarsi una mnemotecnica per ricordare quale dei due fosse quello placido, gioviale e contemplativo, e quale altro fosse invece quello incazzoso dei genitori trucidati delle Cavalline Stornellate.
In più, a confondermi definitivamente, c'era Giovanni Rana invece di Giovanni Pascoli. Ti avverto, non ho la più pallida idea di dove io stia per andare a parare. Per rompere l'imbarazzo, a un certo punto decido di dire una carineria a ciascuno dei due. Mi giro verso Giovanni Rana e gli fò: “A Giovà, ma lo sai che a pensacce bene ciai avuto proprio na bella idea, o chi pe' tte? A fà er testimonial de te stesso ce risparmi, e impiù, bello pacioccone come sei, rassicuri la massaja. Prima pensavo Ma chi je lo fa fa, a Giovanni Rana, de mettese a imparà recitazione, dizione, cerone all'età sua; poi invece t'ò capito, e se tte devo dì la mia hai fatto proprio bene.”
Poi, rivolto a Giosuè Carducci. Certo non gli posso dire Ti confondo sempre con quell'altro, così antiteticamente diverso da te. Io Giosuè Carducci in fondo lo temo perché mi sa che al liceo un artificio mnemotecnico me l'ero inventato. Carducci cià le spine tipo cardo, è'n fijodenamignotta che se non stai attento puncica. Pascoli è quello fregnone, bovino come vuole il cognome.
Ma era proprio così? non è che alla fine di questo ragionamento dovevo aggiungere Però è l'esatto contrario?
Quindi spengo quello sguardo gigione con cui apostrofavo il peggior terrore di ricotte & spinaci, e mi faccio serio. “Giosuè, la tua prossimità m'induce ricordi. Io alla Maturità portavo Storia e Italiano, più per esclusione che per passione vera. Infatti le alternative erano Greco e Geografia Astronomica. Il mio Greco, a parte il V ginnasio in cui il rischio di ritrovarmelo a settembre m'aveva fatto prendere delle ripetizioni cazzutissime, se posso dire Cazzutissime di fronte a uno che” (qualunque dei due fosse) “occupava varie pagg. del libro di Letteratura Italiana, dicevo il mio Greco nei 3 anni di liceo si è estinto ad opera di 1 professore che non insegnava mai niente. Dire la mia Geografia Astronomica m'incriminerebbe di Appropriazione Indebita anche oggi, quando se non fosse per una lettura sistematica di Asimov in corso d'opera, potrei benissimo scambiarla per Geologia Gastronomica o Geometria Ansiolitica.”
“Quindi che dovevo fare, Giosuè? Calcola che per ragionamenti simili tutti portavano Storia e Italiano. La prima materia non potevano cambiartela, ma la seconda sì. E non mi garantiva certo l'aver scelto Storia per seconda, ovvero quella un pelino meno gettonata. Però era pur vero che non avevo manco idea dei votacci fetidi con cui mi avevano portato nelle altre due e in tutte le materie scientifiche in genere, e infatti poi spiritosamente mi sono iscritto a Ingegneria, mentre in Storia e Italiano avevo due stranissimi 7. Quindi non ti preoccupà per me Giosuè, e continua a starmi a sentire.”
“Del tempo che mi riservavo per iniziare a studiare per l'orale, alla fine occupo un ε piccolo a piacere mio. Bisogna ottimizzare, e la mia pigrizia spesso mi rende algoritmico. Dell'Italiano studierò le sole vite e critiche degli autori. Sul Paradiso ciò scritto a matita delle note tutte mie, piccolissime e nascostissime. Se mi chiedono le opere, io leggo e imbastisco, se so vita & critiche qualcosa me la invento.”
“Storia è già più un problema. Ciò l'alibi che alla II guerra mondiale si sa, i programmi in Italia quasi non arrivano mai. Poi ho gli appunti dEr Sorcio, dettati da lui medesimo tutto l'anno; già solo per il fatto di averli scritti io di mio pugno scatta tutta una serie di memorie visive.
Il tema faccio quello di attualità che non mi ferma nessuno, e alla versione di Latino me la gioco, se è vero che mia madre mi ha fatto arrivare al ginnasio che già sapevo declinazioni e coniugazioni, e al liceo quasi lo parlavo, con tutto che quel trojone della C. in I è riuscita non si sa come a darmelo a settembre.
“Insomma Giosuè, parto flemmaticamente a studiare dal Congresso di Vienna (1815, ma tu ricorderai meglio di me), e arrivato a metà mi rendo conto che mancano 3 gg. al mio orale. La mia lettera, di cui il mio cognome è l'unico esponente, è stata estratta per prima.
Cosa fare? Ho un'idea. Prendo i libri delle medie di mia madre, studio lì. Applicando in tal modo il paradosso di Zenone se ne va il I giorno & mezzo dei 3 residui, ma a me di quel secolo scarso su cui a ben vedere ero chiamato a deporre, mancavano ancora 2/3 buoni.”
“Giosuè, Giosuè. Mi vergogno a dirlo, ma considerando che dovevo lasciarmi lo spaziotempo di un vanissimo ripasso, all'epoca presi la decisione di prepararmi il resto sui riassunti di fine capitolo. Di un libro di III media. Non fare quella faccia Giosuè” (ma quale? non mi giravo mai a guardarlo in faccia, e io non sono uno di quei tipi come il Riccioletto che quando ti raccontano una cosa cercano di assicurarsi la tua preziosissima attenzione dandoti quegli odiosi colpetti sui fianchi. Perché non lo guardavo? Penso che fosse perché temevo di incappare nel fiero suo cipiglio, qualora spinosamente Carduccio, e ancor più di scorgere lo sguardo acquoso del ruminante al Pascolo – niente di peggio di raccontare un aneddoto che tanto ci appassiona a un interlocutore insulso.)
“Arriva il giorno.
La mia versione ha preso 7, ciò che mi sorprende è il tema: 5. La traccia che dovevo sviluppare chiedeva tipo se fosse possibile che l'uomo potesse un giorno diventare una macchina, e se il mio svolgimento traboccante di retorica adolescenziale meritava il 5 che ebbe, i ministeriali che proposero e lasciarono passare un argomento così cretino avrebbero dovuto essere valutati in codice binario, a 1 bit. Può una lucciola divenire lanterna? Può un dito finire arcùlo? La retorica adolescenziale è ben più di quel che mai meriterai, coglione.
Scusami il turpiloquio Giosuè, ammazza me piasce 1 sacco chiamarti Giosuè, me sembra la tronca di Giosuèppe, arf arf, Gioesù-Giosuepp&Morìa, ma un po' più di rispetto non guasta, ehm.
Io lo so che la Maturità ai tempi tuoi era una cosa seria e che non potevi prendere la patente fino a 21 anni, anche se però a te al cinema ti facevano fumare. Però, per uno ammesso a maggioranza come me, ovvero con delle insufficienze in varie materie (per lo più scientifiche), le prove orali sarebbero state determinanti – anche se alla fine mi salvarono coi loro 36 i raccomandati da bocciare, avanzandomi all'austero risultato di Quaranta Sessantesimi.”
“Insomma mi siedo. Inizio dalla Prima Materia: Italiano.
Senza falsa modestia, gioco in casa. È una lingua che volente o nolente mastico da 18 anni, ho letto un sacco di riduzioni dei Classici con Paperino o Topolino e anche tanti libri ma quelli temo non valgano come preparazione perché letti per diletto. Più che altro sono fiero del mio algoritmo. Chiedimi pure quello che vuoi, baffone di mezza età che mi interroghi: con un po' di Vite e un pizzico di Critiche, io ti reggo botta.”
“Parliamo delLa Pentecoste, di Alessandro Manzoni. Capito Giosuè? si era tradito! se non me ne avesse detto l'autore, forse non l'avrei neanche saputo trovare sul libro. Quello era senz'altro un bug del mio algoritmo, ma mi era andata bene e adesso è inutile star qui a piangere sul latte versatile, anche perché c'è ben altro.”
“Sì, allora, un attimo che la cerco. Nel frattempo mi dica pure cos'è la Pentecoste, nella tradizione cattolica.”
“Ahah Giosuè, penso io, ma questo è uno scherzo! Questi non sanno che io per 16 anni sono stato lo zimbello virtuoso di una freca di suore e catechisti, e che nell mio zelo spaccato ho letto la Bibbia varie volte, e che ho salito la Scala Santa sui miei stessi ginocchi e che in certi anni a Maggio, il famoso Mese della madonna, come da precetto andavo a messa pure di venerdì. Ora io perdio a questo lo scherzerò ben bene.”“Ma Giosuè, giunto a quel punto sopravviene in effetti una domanda. Cos'è la Pentecoste?
Cioè capisci Giosuè, cosa cazzoera Lapentecoste? Noto con paura crescente che al volo non mi viene, e ho paura di dedicare tutte le risorse al quesito perché so per esperienza che quando cerco di ricordarmi una cosa che lì per lì non mi viene, più mi ci sforzo più mi sfugge.
Ma questa è diversa, Giosuè. Io non è che non mi ricordo cosasiaLapentecoste, nella merdizione cattolica; io proprio temo di non averlo mai saputo. E questo non è giusto, Giosuè! per 16 anni ho servito quel buffone come un allocco, e quello nel frattempo mi preparava questo bel tranello, quel figlio ossimorico di Semprevergine Puttana.”
“In più, ho poche frazioni di secondo prima che la mia esitazione sia palese, e io malcominci la mia opera non vedendone più la sua metà manco col binocolo. Ho deciso: mi avvarrò dell'etimologia. Penta in greco non vuol dire cinque? Qualcosa c'entrerà. Chi cazzoerano in cinque? la Banda dei 5, di Elisabetta Viviani? i 5 sensi? i 5 continenti? I 5 peccati capitali, le 5 virtù teologali, i 5 comandamenti, i 5 apostoli, i 5 evangelisti? E invece mi vengono in mente solo magliette polo coi coccodrillini sopra.”
“Nessuno, Giosuè. Nessuno nella catechesi era mai in cinque. Tutti si riunivano o in di più, oppure giravano in di meno.
Perciò, per me è giuocoforza arrendermi.”
“Non lo so."
"Nello sguardo del Baffone si spegne la routine, mentre in lui si anima la Vera sorpresa.
Mi guarda, e quegli occhi stupiti sono l'ultima cosa che mi ricordo del mio mediocrissimo Orale della Maturità. E questo stato di ncoscienza non aiutò certo la mia performance.”
“Cioè hai capito Giosuè? io, così sempre cattolico, arf arf, fregato dalla Pentecoste? A Giosuè, ma alla fine tu lo sai checcazzo era la Pentecoste? Ma tu ce l'ahi mai avuto un baffone tutto tuo che a un certo punto ti ha detto È la calata dello Spirito Santo sugli Apostoli, dopo la Krocifissione del Kristo? Scommetto che tu lo sapevi, Giosuè! L'hai sempre saputo tu eh, li mortacci tui?”, e nel dirlo gli do una amichevole pacca sulla spalla, a dire la verità neanche troppo piano.
Non saprò mai, da un sorriso benevolo o uno sguardo corrucciato, quale dei due ei fosse.
Fatto sta che, o Giosuè Carducci o Giovanni Pascoli fece una cosa che mi stupì tantissimo.
Senza guardarmi, sputò in terra. Girandosi un poco verso di me, vicinissimo alla mia scarpa. Senza naturalmente che io potessi scorgerne l'ebete spressione o il fiero sguardo.
È inutile che vado a chic-boxing se poi non so soppesare la violenza. Come leggere l'accadimento? È un segno di fastidio per l'imposizione di un racconto noioso? ma chi t'ha imposto niente, coglione? O una maleducata provocazione nei miei confronti, a cui dovrei reagire?
O magari un gesto perfettamente normale, per un cittadino dei tempi in cui in ogni angolo fiorivano le sputacchiere. Ma a me lo sputo, tranne che di ragazza piacente e specie se di vecchio, mi fa schifo. E questo qui, chiunque sia, vecchio è vecchio, se sta su un'Antologia. “A Giova' (il Rana), ma hai visto sto stronzo ch'affatto? me stava a scatarrà sulla scarpa, me stava! Io je spacco er culo, nun me frega niente che ai tempi suoi la scuola era na cosa seria, e che lui alla Maturità portava tutte le materie, e lui qua e lui là: a stronzo! Le odi barbare, Le odi barbare, io nun ne odo proprio nessuna! Je spacco er culo, a lui e a te, st'altro cazzo de tortellone rancido, ma checciài da guardà eh, checciài? E invece st'artro, m'avesse mai guardato negli occhi na volta, sto mezzo uomo, te senti forte a campeggià sui libbri cogli amici tua, eh? vojo vedé che fai, qua in mezzo alla strada senza professori né bidelli. Perché sapete tutto voi, non è vero? sai tutto tu, eh? La Pentecoste. Na cosa che non solo nun serve a'n cazzo, ma ce scrive pure la poesia, ce scrive. E poi che fai? Sali in piedi sulla sedia, e a natale ja'a dici a ttu madre pe ddù mandarini? vojo vedé che te ce'nventi co dù mandarini, quando io co na Primacomunione scrausa ce svortavo armeno un Daitarntré. La Primacomunione! La cresima! queste sò feste, no tte. Altro che le Pentecosti tua! Perché strigni strigni, haivoja a pontificà, a spoetazzà; ma la vera Maturità dell'individuo non si misura dalla sua capacità di ripetere le cose altrui volute. Perché è così che si predispongono generazioni di somari veri, di quelli che tirano la soma senza mai protestare. È questo che vogliono da noi, che impariamo i loro catechismi, e allora e solo allora saremo noi maturi, e potremo guidare le loro macchine, e comprare le loro benzine, e giocare coi mandarini loro, ed è così che alfine l'Uomo si fa Macchina e ai temi di attualità piglia Cinque e insomma Giosuè, ecco che ti volevo dire – a maggior ragione se alla fine eri Giovanni Pascoli, è o non è buona quest'erba.
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