Insomma, un articolatissimo “imaginarium” spazzato via in poco più di duecento pagine da Carola Susani e dal suo ultimo romanzo Eravamo bambini abbastanza (collana nichel di minimum fax). Qui il Raptor è un uomo come tanti. Magro, taciturno, sempre crucciato, pensieroso, in alcuni momenti misterioso e per questo attraente, almeno per i “suoi” bambini. Suoi, perché di sua proprietà. Rapiti, addestrati, picchiati e sfruttati dal Raptor per garantirsi un branco, da guidare e terrorizzare. Manuel, Alex, Dragan, Tania, Leonid, Filip, Catardzina e Ana, diversi per età, sesso, nazionalità, carattere, sensibilità, ma accomunati, tutti, da un attaccamento viscerale per il loro Raptor, da cui tenteranno anche di scappare nel corso della storia che Carola Susani ci presenta, ma mai con la reale volontà di farcela. Ed è qui uno dei punti chiave del romanzo, che assomiglia spesso a una complessa alchimia di brevi racconti che si sovrappongono e si fondono per portare il lettore nelle sue più profonde paure, nell’affrontare uno dei timori atavici di un genitore (il rapimento di un figlio), facendogli scoprire che non soltanto un bambino è in grado di sopravvivere anche da solo, ma che potrebbe adattarsi a tal punto al suo nuovo vissuto, da non desiderare più di tornare a casa, da non tentare di scappare in ogni momento, con ogni fibra del suo essere.
Domande, domande, domande. Ecco quello che ho trovato nel nuovo romanzo di Carola Susani. Taglienti, dirette, disarmanti, come quelle che solo un bambino osa porre, perché è convinto che l’interlocutore possa custodire in sé una risposta appena passabile, capace di metterlo al riparo dal fallimento, dalla mancata conferma delle aspettative che qualcuno ha riposto in lui, mentre ciò che conta spesso è solo condividere lo smarrimento e iniziare a sbagliare. «Sapevo che l’urina si sarebbe raffreddata, sapevo che Catardzina aveva fatto un guaio a farci salire tutti sullo stesso pullman, ai Lidi dovevamo andarci separati, a piedi: è vero, quel giorno sapevamo solo sbagliare, ma avevamo bisogno di stare insieme.»
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