La storia di The New Noise è costellata di piccole scommesse, band o dischi in grado di attirare la nostra attenzione e in qualche modo impressionarci. Potremmo citare Kröwnn, Saturnine, Naga, The Haunting Green, Hyperwülff, solo a scomodare i primi che vengono in mente e senza voler far torto a nessuno. Oggi, la stessa voglia di condividere un’esperienza di ascolto e “raccomandare qualcuno” ai lettori, come si trattasse di amici con cui ci si scambiano dritte a fine serata, ha come oggetto gli Eremite e il loro All Things Merge Into One, in uscita per Taxi Driver Records. L’album ha come pregio più evidente quello di presentare all’ascoltatore uno spettro sonoro tanto ricco e sfaccettato quanto coeso e organico dal punto di vista delle sensazioni che scorrono come in un viaggio interiore, quasi un percorso iniziatico alla scoperta delle proprie corde più intime. Il merito di questo risultato va senza dubbio attribuito alla scrittura a quattro mani e alla capacità di incorporare linguaggi e strumenti differenti, come le toccanti parti di piano in “Tormento” e “So Distant”, brani che riescono a donare un sapore particolare all’insieme e per nulla avulsi dal resto. Si passa così da un’affinità elettiva con gli Emperor – e ancor più con l’Ihsahn solista – dell’iniziale “Awareness” a drappeggi doom dal grande impatto, ma anche attraverso abissi sludge e mai troppo invadenti espansioni “post”, il tutto elaborato con cura dei particolari e assoggettato a una visione d’insieme che impedisce ogni frattura nell’ascolto. Per quanto conta, tutto questo nulla potrebbe di fronte ad una mancanza di pathos e vis comunicativa, perché alla fine ciò che più conta in un disco è la capacità di emozionare e coinvolgere l’ascoltatore ed è proprio qui che gli Eremite si giocano la loro carta migliore, a dimostrare come All Things Merge Into One sia prima di tutto un lavoro sentito e sofferto in prima persona dai due musicisti. Del resto, quanto appena sostenuto è dimostrato bene proprio dalla volontà di inserire momenti di forte drammaticità e potere evocativo come lungo i dieci minuti di “The Past Became My Future”, uno dei picchi e perfetto esempio del nuovo corso condiviso e non più solitario degli Eremite. Nulla da eccepire: se la formazione saprà continuare lungo questa strada, noi saremo più che lieti di continuare a tesserne le lodi.
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