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“Ero incredibilmente un uomo libero!”

Creato il 25 aprile 2014 da Primula @primula_57

Resistenza

È un grido di duplice liberazione: dal nemico nazi-fascista e dalla condizione d’isolamento in cui l’adesione, comunque convinta, al movimento partigiano lo fa vivere.
Chi lo pronuncia è Guido, zio Guido.
Oggi, un brillante ottantottenne con mille occupazioni e interessi: il lavoro (ancora) nella sua piccola impresa, l’impegno sociale e nella comunità parrocchiale della sua città, la lettura.
Ieri, partigiano per scelta.
Lucidissimo, idee chiare, obiettivi ben definiti, oggi come ieri.

Fine maggio 1943.
In città è esposto un manifesto di chiamata alle armi per la classe 1926: destinazione Germania, lavori leggeri.

Guido è affranto. Non pensa solo a sé, ma ai suoi genitori che hanno già visto partire un figlio l’anno precedente, passare dall’Albania alla Libia, cadere prigioniero degli Inglesi a El Alamein. Da allora, più alcuna notizia fino al termine della guerra.

Guido sa che deve decidere e anche in fretta: il 3 giugno, giorno della consegna in caserma, è molto vicino.
Davanti a sé ha due prospettive: rispondere alla chiamata dei Tedeschi o aderire ai gruppi partigiani che si stanno formando nella zona della Pianura Padana.
In ogni caso il suo destino è di abbandonare tutto e tutti.

Prevale il desiderio di lotta e si arruola in una SAP (Squadre Azioni Partigiane).
Ora è Mauro, il suo nome di battaglia.

La vita di un partigiano è fatta di anonimato, fuga, imboscamento, solitudine ed è costellata di paradossi.

Mauro vive nascosto in casolari della Bassa Padana; nessuno sa esattamente dove si trovi a parte le “staffette” che lo mettono in comunicazione con gli altri appostamenti e lo istruiscono sulle missioni da compiere.

Non essendosi presentato in caserma alla data prevista, la Milizia inizia a cercarlo.
È un disertore, anzi un traditore. Primo controsenso.

La storia ci ha lasciato numerose testimonianze della violenza con cui i nazi-fascisti setacciavano le case, arrivando a incendiarle, e minacciavano i residenti accusati di favoreggiamento.
La famiglia di Mauro è risparmiata solo perché uno dei giovani militi è un ragazzo che frequentava abitualmente quella casa … prima …
Altro controsenso, assurdità della guerra che divide amicizie, contraddizione dell’ideologia che fa dimenticare i sentimenti trasformandoli in rabbia.

Mauro continua la sua vita da “sbandato”, isolato dai suoi affetti. Non riesce nemmeno a salutare per l’ultima volta il suo fratello maggiore morto durante il bombardamento del 10 luglio sulla città.
Il dolore immenso si trasforma in odio verso chiunque e qualunque cosa: i nemici Tedeschi ma anche la sua condizione di uomo paradossalmente braccato dalla sua stessa scelta per la libertà. Ulteriore controsenso.

La sua attività prosegue tra incarichi sempre pericolosi: dalle rapide operazioni per liberare compagni arrestati ma non ancora nelle mani del comando tedesco, agli agguati per disarmare militi, in alcuni casi anche suoi ex amici, al ruolo d’infiltrato.

Marzo 1944. Notte.
L’ “uomo talpa” presso il corpo di Polizia locale ha rischiato di essere scoperto; ha avuto solo il tempo di scappare dalla caserma e darsi alla macchia. È assolutamente necessario sostituirlo. Tra i componenti il gruppo SAP di cui fa parte Mauro nessuno osa offrirsi volontario. La paura è tanta, la consapevolezza di non essere in grado di reggere il gioco annichilisce la volontà di agire.
Il partigiano è anche questo: una sintesi di umana angoscia e sfrontatezza del combattente.
Ciascuno di voi scriva il proprio nome di battaglia su un pezzetto di carta, lo arrotoli e lo metta nel cappello; il sorteggiato andrà ad arruolarsi in Questura” ordina perentoriamente un comandante rovesciando il copricapo sul pavimento disconnesso. “Gli ordini sono ordini” il tono è serio e inflessibile “siamo anche noi militarizzati.”

La sorte bacia Mauro sulla fronte: è lui il prescelto.

Ultimo controsenso della sua esperienza da partigiano: il trauma iniziale si trasforma in un senso di liberazione. Ora può riappropriarsi del suo vero nome, riavere la sua identità, riabbracciare i suoi genitori, informarli della decisione di arruolarsi nella Polizia evitando tuttavia di svelarne il vero motivo, andare in bicicletta per le strade dalla Bassa senza il timore di subire attacchi.
In divisa, con il tesserino e la pistola di un normale poliziotto, ecco che Guido può esclamare e raccontare oggi “Ero incredibilmente un uomo libero!

Sì, incredibilmente, inverosimilmente, paradossalmente!
Libero nella tana del lupo, libero nel suo coraggioso doppio gioco, nel suo costante indagare e spiare per carpire notizie utili alla lotta partigiana, prigioniero di una libertà ancora da conquistare, alla cui costruzione Mauro/Guido sta contribuendo con un mandato ben preciso e una missione ad alto rischio.
Uno sbaglio, anche minimo, comporta la denuncia e la fucilazione.

Questi paradossi rendono grandi i partigiani, li trasformano quasi in figure mitiche: uomini, donne, ragazzi, soldati, sacerdoti, operai, lavoratori, contadini, socialisti, cattolici, comunisti, persone di diverse idee politiche o fede religiosa, di varie classi sociali decidono di impegnarsi in prima persona rischiando la propria vita.

Finalmente 25 aprile 1945. La Liberazione.
Momenti di confusione, sbandamento, sentimento generale di provvisorietà: Tedeschi che non si arrendono, non si rassegnano, e con mezzi e armi superiori si rivelano ancora pericolosi; fascisti italiani trucidati da partigiani italiani, reazione uguale e contraria a quanto subito durante il difficile periodo della Resistenza.

Lentamente si ricrea una condizione di tranquillità: arrivo degli Americani, ordinanza di smobilitazione generale dal comando di Liberazione, consegna delle armi alle caserme dei Carabinieri, subentrati ai militi fascisti.

Accanto a partigiani che si arruolano nei nuovi corpi militari o scelgono di continuare l’impegno nei partiti, altri ritornano alle loro case.
Come Guido, come molti che non hanno ceduto al fascino della carriera politica, cui dobbiamo dire “grazie” dal profondo del cuore, protagonisti di una spaventosa “avventura” (zio Guido la definisce così) che sono poi ritornati dietro le quinte, alle loro vite da ricostruire e che non si sono identificati nell’appartenenza a questo o a quel partito, ma nell’adesione a un ideale comune di libertà.

Zio Guido ce l’ha fatta, e non è il solo.
Dalla cascina chiamata “Quadri”, nella Bassa Padana, ultimo di cinque figli di un’umile famiglia contadina, alla vita benestante in importanti città italiane, ne ha percorsa di strada, ma non ha mai dimenticato le sue origini, di cui è estremamente orgoglioso, né il senso di giustizia e solidarietà, la fede e passione per una causa che lo spirito della Resistenza gli ha lasciato in eredità.

“Ero incredibilmente un uomo libero!”

Cascina “Quadri” – Pessina Cremonese, Cremona


Archiviato in:racconti di vita Tagged: 25 Aprile 1945, anti-fascismo, Liberazione, Milizie Fasciste, Partigiani, Resistenza, SAP (Squadre Azioni Partigiane)

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