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Eroidi (Ovidio)

Creato il 23 dicembre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

Non v'è dubbio che le Metamorfosi finiscano per oscurare, con la loro fama, le altre opere di Publio Ovidio Nasone (43 a.C. - 18 d.C.), eppure, nonostante il successo e la grandezza del poema epico, Ovidio è, essenzialmente, un autore elegiaco. L'elegia è un genere poetico di origine greca (VIII sec.) che, attraverso la lezione dei poeti ellenistici, giunge a Roma, dove, raccolta come eredità dai poeti augustei, diventa uno dei generi più ricercati dal circolo letterario formato da Cornelio Gallo, Albio Tibullo, Sesto Aurelio Properzio e Ovidio stesso. Essa si caratterizza per l'uso del distico elegiaco (cioè una coppia di versi formata da un esametro e un pentametro) e per la prevalenza di toni lamentosi, ma, a Roma, diventa il veicolo privilegiato della lirica erotica, inaugurando temi di largo successo quale il servitium amoris.

Eroidi (Ovidio)

Maestro d'arte erotica, come lui stesso si vuole presentare scrivendo i tre libri degli Amores, Ovidio non poteva che applicare questa sua inclinazione alla narrazione mitologica e alla redazione di componimenti elegiaci. Nacquero così le ventuno epistole raccolte sotto il titolo di Heroides ('Eroine').

Seebbene sia ancora poco chiaro se Ovidio abbia, con questa opera, creato un nuovo genere o, piuttosto, contribuito a rilanciarlo con una notevole rielaborazione[1] dei modelli precedenti, è evidente che, con le Eroidi, ci troviamo di fronte ad un'opera originale e di ampio respiro, parte di un progetto che non si può scindere né dalle Metamorfosi né dagli Amores, né dal poema didascalico dell' Ars Amatoria. Il tema della raccolta, infatti, è l'amore, visto in larga parte nell'aspetto del dolore dell'abbandono (lettere I-XVII) e, in minur misura, nella prospettiva del corteggiamento (lettere XVIII-XXI). Tale bipartizione corrisponde alla scelta della direzionalità delle lettere: il primo gruppo consta di testi redatti da eroine abbandonate e, quindi, prive di risposta, il secondo di due coppie di lettere di due amanti: Paride e Elena e Aconzio e Cidippe.
Come sottolinea Emanuela Salvadori nella sua introduzione all'edizione Garzanti[2], spesso le lettere in questione sono considerate monotone e ripetitive, una considerazione che può valere soprattutto per le diciassette lettere di lamento e maledizione delle donne nei confronti degli amanti traditori. Ma non va dimenticato che, nell'accingerci alla lettura delle Eroidi, non ci dedichiamo ad un intrattenimento romanzesco, quando ad un testo ricco di erudizione e di riferimenti letterari sia nei contenuti che nello stile.

Se, dunque, le Eroidi possono deludere chi si aspetti effusioni di romanticismo ed esplosioni di un pathos connotato secondo la psicologia delle diverse protagoniste, l'effetto sul lettore che sia consapevole di trovarsi di fronte ad un testo antico nato in un ambiente letterario dai gusti peculiari è decisamente l'opposto.
Nella descrizione di Medea abbandonata riecheggiano, insieme, i versi della tragedia euripidea e delle Argonautiche di Apollonio Rodio, ma anche della tradizione meno nota e oggi perduta dedicata alle vicende della maga della Colchide: allusioni precise negli episodi narrati, ma anche calchi linguistici e stilistici rendono le poche pagine della lettera di Medea molto più dense e ampie di quanto possano sembrare. Allo stesso modo, nella descrizione di Didone (unico personaggio della letteratura latina citato) in preda al delirio che la porterà al suicidio si avverte l'eco di numerosi passi del libri IV dell' Eneide.
In un susseguirsi di avventure mitiche, fra le figure di Penelope (la cui compostezza apre in maniera monumentale l'opera), Briseide, Fedra, Enone, Arianna, Elena stupisce l'irruzione di una figura storica, quella della poetessa Saffo, nel cui dolore molti poeti del passato, fra cui Leopardi, hanno ravvisato una comunanza di sentimenti e aspirazioni.

Consiglio questo libro a chi ha voglia di un'immersione nel mito e nei suoi risvolti più e meno noti, a chi ha voglia di mettere alla prova le proprie reminescenze letterarie o a chi, più semplicemente, vuole conoscere il lato più umano e passionale di tante vicende del panorama epico o tragico.

"Ma che giova a me che Ilio sia stata distrutta dalle vostre braccia e che sia nuda terra quello che prima era muro, se resto nella stessa condizione di quando Troia era ancora in piedi e se devo sentire la mancanza dello sposo, che è sempre assente? Distrutta per gli altri, per me sola resti ancora in piedi, Pergamo. [...] Tu, che pure sei vincitore, te ne stai lontano e non mi è dato sapere quale sia la causa del ritardo o in quale parte del mondo tu, crudele, te ne stia nascosto." (Ep. I, Penelope a Ulisse)

C.M.

NOTE:
[1] Il problema riguarda l'interpretazione del verbo 'novare' nell' Ars amatoria (III, 345-346) in cui il poeta fa riferimento alle Eroidi.
[2] Pag. xi.


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