(In Italia: “Pesca alla Trota in America” con Isbn Edizioni, 2010).
“Pesca alla Trota in America” non è un libro di pesca, è una raccolta di racconti surreali a immagini forti, sorrisi amari. A me ricorda certi racconti di Bukowsky, ma più lucido, senza bottiglie rotte e con più birrette e meno whiskey…
Chi recensisce libri per mestiere dice: “(…)libro culto per l’America di quegli anni (fine anni ’60), vendendo milioni di copie e facendo di Brautigan un’icona della contro cultura. (…) E’ forse la memoria collettiva del sogno americano di fronte al suo tramonto, un lamento sulla perdita dell’innocenza con il sorriso sulle labbra“. A me sembra che il senso di tutto il libro sia un suggerimento di vita: non c’è niente per cui valga la pena affannarsi, è sempre meglio sorridere e andare a pescare!
Qui di seguito un racconto breve, un sogno che strappa un sorriso ai pescatori:
“Omaggio di una mezza domenica a un Leonardo da Vinci intero”.
In questa strana giornata d’inverno nella piovosa San Francisco, Leonardo da Vinci mi è apparso in visione. La mia donna è fuori a sgobbare, lavora anche la domenica, non ha neanche un giorno libero. E’ uscita di casa stamattina alle otto per andare al lavoro all’angolo tra Powell e California. Io me ne sono stato seduto qui come un rospo su un tronco a sognare Leonardo da Vinci.
Ho sognato che era un dipendente della South Bend – Attrezzature da pesca, ma, naturalmente, indossava abiti diversi, parlava con un accento diverso e aveva avuto un’infanzia diversa, magari una tipica infanzia americana in una città come Lordsburg, in New Mexico, o Winchester, in Virginia.
L’ho visto mentre inventava una nuova esca rotante per la pesca alla trota in America. L’ho visto prima lavorare d’immaginazione e poi col metallo, i colori e gli ami, provando prima una cosa e poi l’altra, prima aggiungendo un po’ di movimento, poi togliendolo e quindi tornando a mettercene dell’altro, ma stavolta diverso, finché alla fine l’esca era bella e inventata.
Allora aveva chiamato i superiori. Appena quelli vedevano l’esca, cadevano a terra svenuti. Solo, in piedi in mezzo a quei corpi stesi a terra, Leonardo teneva in mano l’esca e decideva di darle un nome. La chiamava “L’ultima cena”. Poi si dava da fare per rinvenire i suoi capi.
Nel giro di pochi mesi quell’esca per la pesca alla trota divenne la sensazione del Ventesimo secolo, sorpassando di gran lunga imprese superficiali come Hiroshima o il Mahatma Gandhi. In America si vendettero milioni di “Ultime Cene”. Perfino il Vaticano ne ordinò diecimila e lì non avevano neanche una trota.
La gente faceva a gara per fare pubblicità all’esca. trentaquattro ex presidenti degli Stati Uniti dissero tutti: <Con “L’ultima cena” ho battuto il mio record>.