Marzio Biancolino, editor dei IRM, ci racconta il suo ultimo libro SARAJEVO COME STAI? (edizioni Area 51 Publishing, € 5.06, disponibile sui maggiori book sellers on line)Forse le lettrici de I Romanzi Mondadori non lo sanno, ma il direttore editoriale della collana, Marzio Biancolino, è anche autore. Già, proprio lui, la persona su cui spesso cadono le nostre lamentele o i nostri evviva: per la scelta di un titolo, o di una serie o di un'autrice nuova di cui abbiamo sentito tanto parlare. Per una copertina che, tanto per cambiare, non ci convince. Dunque, dicevo che Biancolino è anche scrittore. Dopo aver pubblicato nel 2006 il romanzo I Ranuncoli di Kurosawa (disponibile sia in e-book che in formato cartaceo), di recente è uscito in e-book un suo diario di viaggio che non è certo la classica guida turistica, Sarajevo Come Stai?. Si tratta del racconto appassionato e appassionante di un viaggio in Bosnia, anzi di un ri-viaggio, del ritorno (nel 2010) dell'autore in quella terra martoriata alla ricerca di luoghi e persone rimasti nei suoi ricordi. Il libro è stato presentato il 31 maggio scorso a Milano, ad un affollato Museo WOW Spazio Fumetto. Abbiamo colto l'occasione per porre a Marzio alcune domande sul suo lavoro di scrittore, per una volta tralasciando di chiedere notizie su questa o quell'altra serie de IRM.Ecco di cosa parla il libro.“Marzio Biancolino immortala in un vivo reportage fotografico e lirico insieme il folle e salvifico viaggio umano dalla distruzione alla rinascita: questa è cura per la memoria, unica possibile speranza per il futuro.” (dalla Presentazione di Giuseppe Catozzella)
A Sarajevo eri stato altre due volte: la prima nell’87 come turista per caso, la seconda nel ’96, dopo la fine della guerra, in un viaggio al termine del volontariato svolto nei campi profughi in Slovenia. Perché, dopo questo tuo ultimo viaggio, hai deciso di condividere questa tua personale, intensa e mi pare anche sofferta esperienza di vita con il pubblico?A dire il vero, l’idea di questo libro è stata del mio editore e amico Massimo Mazzoni, rimasto impressionato dalla potenza evocatrice delle coppie di foto scattate a Sarajevo e a Mostar, con le medesime inquadrature, a distanza di quattordici anni. È stato lui a propormi di ricavarne un libro e io ho colto al volo l’opportunità. Credo poi che questa mia testimonianza abbia una certa incisività grazie alla sua doppia valenza, dovuta sia alle immagini sia al testo. Come preciso nell’introduzione, non si tratta di un’inchiesta giornalistica né di un’analisi sociopolitica, bensì di una sorta di diario di viaggio su parte del mio percorso in Bosnia del 1996. Il testo ha perciò una funzione contestualizzante delle varie fotografie (ognuna corredata anche di abbondante didascalia) e, pur non costituendo una metodica ricostruzione storiografica degli eventi bellici, ritengo fornisca svariati elementi per stimolare parecchie riflessioni. Il tutto è personalizzabile secondo la propria sensibilità, con l’auspicabile intento di fare tesoro delle passate esperienze affinché il futuro ci riservi meno dispiaceri possibile.
Biancolino, in Bosnia per un suo itinerario ideale che tocca Sarajevo, Mostar la città del ponte, il piccolo paese di Kotorsko, documenta con una serie di scatti fotografici la sospesa quotidianità del dopoguerra balcanico.
Quattordici anni dopo, nel luglio 2010, torna sulle proprie tracce per una missione ai limiti del possibile: catturare le mutazioni di quella realtà scattando le stesse fotografie, negli stessi luoghi, con la medesima angolazione. E le sorprese non mancano, così come gli ostacoli; ora è l’albero frondoso che copre la visuale, ora l’avveniristico palazzo sorto dalle macerie, con un effetto straniante, quasi magico. Tra immagini e parole si compie così un Grand Tour dei nostri tempi, un percorso di formazione civile in un paesaggio umano e urbano dove convivono il marchio a fuoco di un passato terribile ma non rimosso e i segni orgogliosamente esibiti del riscatto economico e culturale.
Un racconto appassionato e appassionante che è il diario intimo di un moderno scrittore di viaggio, affacciato su quel buco nero nella memoria collettiva della nostra epoca che è la guerra jugoslava.Allora, Marzio, Sarajevo come sta?Sarajevo, emblema non solo della situazione bosniaca ma anche della ex Jugoslavia, si trova a mio parere in una situazione di quiete apparente. Nel mio libro accenno a una similitudine medica: il tumore della guerra è stato rimosso, ma si è generata una proliferazione di metastasi più o meno grandi che ora si trovano sotto controllo "politicoterapico". E ogni metastasi fa riferimeto a una delle cosiddette “etnie” presenti sul territorio. Come se con un mazzo di carte, con le quali si era giocato più o meno serenamente fino a vent'anni fa, qualcuno avesse poi deciso che era venuto il momento di controllare quante ve n’erano di ogni seme e le abbia suddivise in quattro mazzetti distinti e separati: sloveni, serbi, croati e bosgnacchi (più corretta definizione che non “mussulmani”). Non si può più giocare allo stesso gioco di prima. Ovvero, tutto tranquillo se ognuno (leggasi “etnia”) se ne sta rintanato al suo posto.
Il tuo racconto è arricchito da molte immagini (circa 150), ri-scatti di luoghi già fotografati nell’immediato dopoguerra che testimoniano il percorso della Bosnia dalla distruzione alla ricostruzione. Che cosa hai provato nel realizzare queste nuove foto? Da un punto di vista tecnico è stato un lavoro talvolta massacrante, e neppure sapevo che ne sarebbe scaturito un libro! Nuova vegetazione o nuove costruzioni hanno spesso costituito un ostacolo insormontabile per replicare le vecchie inquadrature, oppure uno sforzo davvero notevole per ritrovarle, e il tempo a disposizione era veramente poco. Più di una volta si sono cinicamente alternati compiacimento e desolazione, soprattutto a Mostar, passando da luoghi in cui la rinascita è tangibile ad altri in cui il tempo pare essere rimasto sospeso sulle macerie e i ruderi di quattordici anni prima. Ma a colpirmi più di tutto (e qui entrano in gioco la personale sensibilità) sono state le persone. Chiunque incontrassi in quei luoghi, che ancora grondavano e grondano di così sinistre evocazioni, e che avesse più di quattrodici anni suscitava in me uno stupore come se mi fossi trovato di fronte a un miracolato. Soprattutto gli anziani… E così probabilmente era davvero!
A chi volesse visitare, magari quest’estate, non solo il mare della Croazia, ma anche l’interno della ex Jugoslavia, che consiglio (non prettamente turistico) daresti? Dal sud della Croazia marittima si può programmare un’escursione in giornata raggiungendo in un paio d’ore Mostar, che per certi versi ha un impatto ancora più forte che non Sarajevo. Ma già nella campagna bosniaca (e anche in certo entroterra croato) sono tuttora evidenti i segni della guerra: ruderi e macerie, case rattoppate o che a fatica vengono ristrutturate. Per non parlare poi dei diffusissimi quanto minuscoli cimiteri, sorti allora qua e là di fortuna e che spesso permangono laddove si era riuscito a dare sepoltura sotto lo spiovere delle granate.
Dopo “I ranunkoli di Kurosawa”, e “Sarajevo come stai?”, stai forse lavorando ad un altro libro, romanzo o saggio che sia?Da un paio di anni ho un romanzo che sta cercando collocazione, e ciò non mi non preserva dalle medesime frustrazioni di coloro che mi hanno sottoposto un lavoro e poi se lo sono visto rifiutare. Non godo di scorciatoie né di autostrade riservate, e posso garantirti che i tempi di attesa per una risposta sono di gran lunga superiori a quelli della nostra redazione. Si tratta comunque di un romanzo di sentimenti, centrato sul riavvicinamento di un padre al figlio adolescente dopo che sono svaniti alcuni fantasmi del passato. Una vicenda situata nella provincia lombarda, con corposi flash-back negli ambienti musicali della Milano degli anni Settanta.
Visto che hai da fare tutti i giorni con romance di varia temperatura (che continua a salire…), di scrivere una storia d’amore non ti è mai venuta voglia? O forse ormai il rigetto è completo? Devo confessarti che attualmente il tempo è così poco che mi meraviglio di come io sia riuscito, in questi ultimi anni, a farne saltar fuori abbastanza per questi due miei lavori. Ho comunque qualche progetto, ma stante quanto sopra, il sacrificio in termini di energie sarebbe tale che se prima non va in porto quanto già fatto, non penso proprio di mettermici.Ringraziamo moltissimo per averci concesso questa intervista e per averci rivelato un lato, a noi lettrici di romance, ancora oscuro. E molto bello.
Non solo editor: chi è Marzio Biancolino? Leggete e stupite... Operaio alimentare, chimico industriale, spia industriale, cameriere, vicecuoco, trascrittore di scommesse ippiche, satiro politico, satiro sportivo, correttore di bozze, autore musicale, redattore, scrittore, editor... Queste, salvo scherzi della memoria, le molteplici attività che nel corso della mia vita mi hanno dato da mangiare, consentendomi anche di mettere al mondo tre figli ripartiti fra due mogli. Forse già dalle pieghe di questo mio variegato percorso lavorativo, un tempo definibile originale e oggigiorno magari inevitabile, traspare lo “spirito libero” che sento aleggiare in me. Mortificato solo da qualche inestinguibile paranoia e incatenato da qualche insostituibile valore di cui invece vado fiero. Uno spirito che mi fa sentire figlio del mondo prima ancora che di un paese, figlio di un’idea prima che di un mestiere, figlio di una curiosità prima che di una consuetudine... ma pur sempre figlio, con tanto da dare e non meno da imparare.Marzio Biancolino è nato nel 1953 a Milano.
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