Un noto mantra pensato per disincentivare il consumismo e allontanare il cliente snob verso quei posti dove puoi anche solo dare un’occhiata senza esser costretto a dire che non hai bisogno recita che anche se sei una modella e fai la commessa per il negozio di abbigliamento più figo del centro sei comunque una commessa che se avessi studiato faresti altro, poco diversa dalla cassiera che spara frequenze RFID sui tre per due dell’Esselunga e ti chiede se vuoi il sacchetto. Cose che si sentono in giro eh, mica le ho inventate io, e considerate che se uno come Pasolini fosse ancora qui con noi volterebbe le spalle a poliziotti e carabinieri e starebbe dalla parte di queste élite che ha fatto il giro a trecentosessanta, partendo cioè dalla borghesia per studiare al DAMS per poi non trovare giustamente nessun lavoro creativo per finire al Decathlon o, come le modelle di cui sopra, nel negozio figo del centro a sbagliare congiuntivi vendendo capi confezionati in Cina al 50% nel primo giorno di saldi. Ma il nuovo sottoproletariato di successo tra i ranghi della vendita al dettaglio è il commesso hipster e alternativo che ha di gran lunga surclassato l’addetto alla sicurezza africano. Il commesso hipster ha la barba folta ed è magrissimo e molto carino, con alcune varianti come i tatuaggi in faccia che sembra essersi addormentato su una pagina appena inchiostrata del corvo parlante della Settimana Enigmistica, anelli in ogni parte del corpo e pantaloni sotto al culo ma della marca di abbigliamento che vende. I commessi maschi con venature hipster sono più ricercati della controparte femminile che è sempre più relegata alla grande distribuzione di periferia per poi anelare a carriere lampo a XFactor. Quindi se avete questo tipo di velleità e rientrate nei parametri hipster che ho sommariamente descritto o comunque, come è vostro diritto, avete bisogno di lavorare ora sapete a chi rivolgervi.
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