Magazine Attualità

ESCLUSIVA: Renato Vallanzasca: revocato il permesso a lavorare fuori? Il perché, non è solo femmina.

Creato il 28 maggio 2011 da Yourpluscommunication

ESCLUSIVA: Renato Vallanzasca: revocato il permesso a lavorare fuori? Il perché, non è solo femmina.
Si. Lo apprendiamo da fonti certe. Fonti attendibili ed interne alle mura della casa circondariale dove, Renato Vallanzasca, il criminale più discusso di sempre, sta scontando la sua pena pari a quattro vite e duecentosessanta anni di carcere.

Le motivazioni di tale decisione lasciano poca scelta sulle piste da seguire. La traccia è solo una ed ha un nome e cognome: S.R.. Queste le iniziali della donna che pare essere la causa scatenante del “fermo” e che infastidisce l’umore e l’onore di guardie e ladri.

Il mistero attorno alla revoca del permesso lavorativo del bel Renè è, dunque, femmina ma, la direzione di Bollate raggiunta telefonicamente e per e-mail risponde: “Non siamo abilitati a darvi queste notizie. Nessuna smentita né conferma”. Impossibilitata a contattare il magistrato di sorveglianza, Notte Criminale, non trova affermazioni di alcun tipo neanche dall’avvocato del “Valla”. Eppure il permesso è stato revocato e, contemporaneamente, sono stati concessi due colloqui settimanali con la signora S.R.. Spifferi mescolati al silenzio, diventano imbarazzanti e da trattare con i guanti bianchi.

Renato, che aveva sollevato non poche discussioni sull’opinione pubblica quando dopo i “canonici” 10 anni previsti dal primo comma dell’articolo 21della legge Gozzini, da mesi si recava giornalmente a lavorare per rientrare ogni sera nella sua cella. La sede lavorativa, da tempo, non era più l’Ecolab. Aveva abbandonato la cooperativa per mettersi “in proprio”.
L’ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all’esterno (ci spiega l’ormai amico avvocato Arrighi interpellato per alcuni chiarimenti di “diritto” e di dovere), è disposta dalle direzioni solo quando ne è prevista la possibilità nel programma di trattamento e diviene esecutiva solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza ai sensi del quarto comma dell’articolo 21 della legge. La stessa direzione di Bollate che si astiene a rispondere.

Secondo la legge «L’ammissione al lavoro all’esterno per lo svolgimento di lavoro autonomo può essere disposta, ove sussistano le condizioni di cui al primo comma dell’articolo 21 della legge, solo se trattasi di attività regolarmente autorizzata dagli organi competenti ed il detenuto o l’internato dimostri di possedere le attitudini necessarie e si possa dedicare ad essa con impegno professionale. Il detenuto o l’internato è tenuto a versare alla direzione dell’istituto l’utile finanziario derivante dal lavoro autonomo svolto e su di esso vengono effettuati i prelievi ai sensi del primo comma dell’articolo 24 della legge.»

La possibilità di revoca del lavoro esterno, si combina invece con il disposto di un altro articolo -continua Arrighi- che fa capo ad un differente corpo normativo dell’Ordinamento La possibilità di revoca del lavoro esterno – continua Arrighi – si combina invece con il disposto dell’art. 48 di un altro corpo normativo, ossia il DPR 230 del 2000 intitolato “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario”.

In base a questo articolo – conclude Arrighi – il lavoro esterno può essere revocato (in prima istanza anche dal direttore del carcere con successiva approvazione del magistrato di sorveglianza) ogni volta che vengano violate le disposizioni e le prescrizioni imposte al detenuto dall’autorità giudiziaria per la concessione del lavoro all’esterno.

Quindi se hanno revocato il permesso, vuol dire che Vallanzasca ne ha combinata un’altra delle sue. Se così fosse, niente di cui stupirci dato il suo caratterino ma, se così non fosse? Magari sono state proprio le “sue” ad esagerare, oppure, l’ex capo della banda della mala milanese da bravo “gradasso” ha iniziato a dare seriamente fastidio agli uomini in divisa con stelle ed a quelli con strisce?

Il fatto è che le serrande dell’ufficio in una laterale di viale Certosa a Milano, restano chiuse. I dettagli e gli ultimi ritocchi per inaugurare l’apertura del nuovo centro che faceva sognare ancora Renato Vallanzasca, restano tali.

L’allontanamento dalla sua postazione lavorativa, risale a circa 15 giorni fa. Più o meno, quindi, alla data della sentenza della Cassazione. E’ l’11 maggio, infatti, quando Vallanzasca, dopo aver già ingoiato il secco “no” sulla richiesta di ammissione all’istituto della liberazione condizionale del 23 giugno e rimandato il suo appuntamento con la semilibertà l’11 marzo, si è visto tagliare le spese di vitto e di giustizia accordate per gli ultimi dieci anni di detenzione dal Tribunale di sorveglianza di Milano nel giugno 2010.

Ma la fuga della notizia avviene solo oggi. Perché aspettare tutto questo tempo? E cosa c’era scritto sulla lettera di motivazione firmata dalla signora S.R. per aver il permesso di poter parlare 2 volte a settimana per un’ora con Renato Vallanzasca? Mentre siamo impossibilitati a raggiungere il magistrato di sorveglianza, giustizia docet. Renato Vallanzasca è tornato al tram tram che ha scandito 38 anni della sua vita, quella perimetrata a Bollate, 24 ore su 24. Ma perché? Quali reati può aver commesso per una sanzione così determinata?

La vita pubblica di Vallanzasca si è sempre intrecciata a quella privata tra il nero e il rosa. Anche questo capitolo si tratteggia allo stesso modo. Il non voler sottostare alle regole, la passione viscerale per il gentil sesso anche questa volta ha preso il sopravvento sulla ragione e sulla sua possibilità di sognare oltre le sbarre. S.R è la nuova fiamma che si è incastrata tra le maglie di una legge rigida, giusta per un ergastolano, ma che a volte si contraddice con se stessa. Da quanto si viene a sapere, Vallanzasca ha fatto alcune infrazioni. E allora non è solo questa donna la causa del “blocco-lavori”.

Sembrerà ai più una leggerezza e sicuramente non sarà solo questo. Renato non è più uno “sbarbatello” e se all’età sommiamo il “giudizio” maturato (si presuppone) in quasi quarant’anni di galera, l’ego e l’eros avrebbero dovuto temprarsi. Questo è lo sdegno che si percepisce dalle parole che scavalcano le mura del penitenziario milanese. Parole che oggi dimenticano i passi avanti compiuti da Vallanzasca e con disprezzo fanno il contro-“pelo” all’uomo che negli anni ‘70 fu un personaggio di spicco della mala milanese.

Vallanzasca non “timbra il cartellino”. La notizia è di quelle che troverebbe, forse, spazio nei trafiletti dei quotidiani se il protagonista non avesse quel nome e quel cognome, non sarebbe degna di nota se non si parlasse del “bandito” per eccellenza, non invoglierebbe nessuno a leggerla se il film che parla della sua vita non fosse uscito in tutta Italia con un cast di prim’ordine.
Un tarlo però, a prescindere dai cuori, resta: davvero Vallanzasca vuole essere libero? Davvero vuole abbandonare le catene? Malgrado le sue richieste di libertà, sempre e comunque rigettate, sembra infatti che oltre al fascino da sessantenne sulla cresta dei ricordi, non perda nessuna occasione per combinarne di tutti i colori e restare chiuso in gabbia. Ma la vera prigione è: se stesso.

Marina Angelo e Alessandro Ambrosini


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :