Escursioni. Termiche.

Creato il 13 ottobre 2012 da Unarosaverde

Rientro da Madrid, ancora calda di scampoli estivi, giovedi sera, con il solito volo come al solito in ritardo di Ryan Air- compagnia aerea per carri bestiame -, in una Orio bagnata di umidita’ e rarefatta di nebbiolina. Sono molto seccata per una discussione lavorativa in cui si e’ riproposta, per l’ennesima volta, la tecnica dello scaricabarile di colpe, di chi si cerca responsabilita’ senza essere capace di sostenerne il peso. Sono entusiasta per il progetto che sto seguendo di cui comincio ad intravedere la struttura che si costruisce, seppure ci sia tantissimo da fare. Sono stanchissima e assonnata: a casa arrivo verso le 23.00, disfo una borsa, ne finisco un’altra, mi lavo, faccio quattro chiacchiere con mio padre e spengo la luce a mezzanotte, nell’odore familiare delle mie mura.

La mattina di venerdi in ufficio e’ intensa di decisioni da prendere, riunioni di controllo, telefonate con risposte rimaste in sospeso mentre non c’ero. Tiro un sospiro verso l’una, quando scivolo in auto, guido verso la citta’, raccolgo la mia compagna di viaggio e punto verso un altro aereoporto, verso un altro viaggio.

La sera Bruxelles e’ fresca di autunno del nord, umida di pioggia, raccolta attorno alla Grand Place illuminata e affascinante. Il termometro segna 13 gradi: rabbrividisco e mi infilo sotto il piumone in albergo.

Oggi Bruges era malinconica sotto la pioggia che ha continuato imperterrita a lavarci. Chissa’ che meraviglia sotto il sole, se anche cosi’ ogni pochi passi ci fermiamo ad osservare le facciate delle case, gli scorci dei canali. Qui ogni due vetrine di negozi ce n’e’ una traboccante di cioccolato, di praline, di biscotti. Impossibile resistere, anche solo per ammirare forme e colori e annusare l’aria che tira. Le campane della torre nella piazza centrale suonano concerti che si odono per tutte le strade del centro. Qui ogni strada regala scorci che sembrano appena usciti da un quadro fiammingo e i colori degli alberi che si preparano all’inverno con un’ultima intensa fiammata. In un giardino nascosto dietro un portone la vite canadese si arrampica rossa fino alle finestrelle bianche, lambendo una lucerna di ferro mentre i petali delle rose gialle, ancora bellissime, si piegano sotto le gocce che cadono imperterrite e rendono lucenti le pietre delle strade e solleticano l’acqua che passa sotto i ponti, accarezzando antichi muri rivestiti di muschio. E mi inzuppo mentre passeggio col naso per aria, mentre fotografo qua e la’ senza riuscire a catturare l’anima di questo luogo.

Sono asciutta di nuovo, adesso, pulita e tranquilla. La pioggia ha lavato via i pensieri, lasciando riemergere la voglia di vedere il mondo che mi e’ stata insegnata fin da quando ero piccola: viaggiare per imparare, per capire, per imparare a vedere, lingue diverse per comunicare, col poco che so.

Esco di nuovo stasera. A Bruxelles non piove piu’: ci sono strade nuove da scoprire.


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