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Esempi positivi che rendono la società migliore

Creato il 23 dicembre 2013 da Alessandro Zorco @alessandrozorco
 

Nell’Italietta delle lobby e dei prepotenti esistono fortunatamente esempi di persone che dicono no alla strafottenza e all’ingiustizia. Esempi di legalità e di coerenza che rendono la nostra società un po’ migliore. Se spesso per i cattivi maestri che approfittano della loro posizione per rubare la fiducia altrui è meglio anche evitare di fare i nomi, per questi esempi positivi è invece il caso di fare nome e anche cognome. Sono persone coraggiose e il loro destino, visto che la maggior parte delle volte la solidarietà è una parola vuota, è quello di essere lasciati soli dai colleghi omertosi e cacasotto che preferiscono non mettersi contro i poteri forti. Ecco invece, in perfetta sintonia con il clima natalizio che ci spinge ad essere positivi e propositivi,  alcuni esempi di persone veramente coraggiose.

Due esempi di coraggio

Esempi positivi
In Sardegna uno degli esempi più costruttivi, simbolo di una lotta impari tra Davide e Golia è rappresentato dalla funzionaria di uno dei gruppi del Consiglio regionale sardo Ornella Piredda, che ha dato il via alla mega inchiesta sugli abusi dei fondi dei gruppi consiliari. La Piredda, nel 2008 ha denunciato con due esposti depositati presso la Procura di Cagliari che i fondi pubblici destinati all’attività istituzionale dei gruppi consiliari erano utilizzati illecitamente. La prassi, a quanto pare, era abbondantemente nota, ma per quella sorta di omertà che regna nei palazzi del potere non era mai venuta a galla. Puntualmente, nessuno dei colleghi della Piredda ha mai sostenuto la presa di posizione della funzionaria che è rimasta sola ed ha abbondantemente scontato la sua scelta di giustizia. Questo – per inciso – accade nell’Italietta e nella Sardegna delle scorciatoie, dove il Consiglio regionale emana una legge che – in barba ai dettami della Costituzione – trasforma in  dipendenti pubblici senza un regolare concorso i dipendenti dei gruppi consiliari, cooptati dai vari partiti (su questa “leggina” dovrà decidere la Corte Costituzionale ma nel frattempo, riporta il quotidiano La Nuova Sardegna, “i neo-dipendenti regionali guadagnano da un minimo di 1922 euro a un massimo di 4669 euro al mese”). Un altro degli esempi positivi è quello di Antonio Zedda, il sindaco di Montresta che – unico caso in Sardegna – sta facendo le barricate contro l’utilizzo delle slot machine e dei videopoker nel suo comune. Zedda sta conducendo la sua battaglia da solo, nel silenzio dei suoi colleghi sindaci, cercando semplicemente di far rispettare rigorosamente i regolamenti di pubblica sicurezza che stabiliscono dei parametri per la sistemazione delle slot in modo da tutelare i suoi cittadini. Consapevole che il gioco d’azzardo colpisce e mette sul lastrico soprattutto le persone più deboli che spendono i  pochi soldi che hanno per cercare una fortuna che non arriverà mai. Tutto ciò accade mentre il Governo di questa Italietta connivente con le lobby economiche del gioco d’azzardo propone (fortunatamente per ora con esito negativo) una norma che vergognosamente taglia i viveri ai Comuni virtuosi che dichiarano guerra alle slot machine (si parla di un taglio complessivo di circa 80 milioni di euro, pari alla somma che lo Stato si attende di riscuotere dalle licenze per le macchinette di ultima generazione e che vorrebbe recuperare dai comuni obiettori di coscienza). Zedda non è solo perché pare che 50 Comuni del Veneto siano pronti a dare battaglia allo Stato biscazziere e tanti altri siano pronti a farlo in tutta Italia. Ma a quanto pare in Sardegna tutto tace. Tranne la voce coraggiosa del sindaco di Montresta.

Gli esempi senza nome

Poi ci sono tanti altri esempi. Tremila persone provenienti da tutta la Sardegna hanno partecipato alla Marcia della Pace che nei giorni scorsi per la ventisettesima volta si è svolta a Terralba, uno dei tanti paesi dell’isola colpiti dall’alluvione dello scorso 18 novembre. In tremila hanno marciato e alla fine hanno ascoltato e condiviso le parole di don Luigi Ciotti, il fondatore del Gruppo Abele e di Libera, in prima linea da anni contro la mafia e la corruzione.  «Dobbiamo avere il coraggio di cacciare chi ruba, chi è corrotto e chi vive nell’illegalità», ha detto don Ciotti auspicando che oltre alla politica (che ora deve fare la sua parte senza più sconti), ogni cittadino dia un contributo nella vita di tutti i giorni per costruire la pace. Perchè in ogni singolo anfratto della società c’è fame di esempi positivi e di trasparenza. E di persone capaci ancora di uscire fuori dal coro e indignarsi contro l’ingiustizia.


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